Sviluppi della retroingegneria aliena: il Roswell File

sviluppi-retroingegneria-alienaDa quasi settant’anni, ovvero fin dal “Roswell UFO crash” del 1947, l’uomo ha la certezza che da qualche parte dell’Universo esiste vita intelligente, appartenente ad una civiltà assai più progredita della nostra. E pensare che tutto era accaduto in poco più di una settimana! In quella fascia temporale così ristretta, ovviamente rispetto alla ricerca ufologica, era nata ufficialmente la retroingeneria aliena come conseguenza diretta, appunto, dell’UFO crash avvenuto nei pressi del Ranch “Hub Corn“, una fattoria situata a circa settanta chilometri a nord di Roswell ed a sei-sette chilometri dal “Foster Ranch“, a sua volta situato a Corona, nella Contea di Lincoln. Fin da subito, sarebbe stato assai più corretto ricordare questo avvenimento come “UFO crash di Corona“, ma le dinamiche dei fatti e le gerarchie militari in atto in quel momento storico determinarono una diversa denominazione dell’incidente.

La misteriosa navetta aliena, proveniente da chissà quale luogo dell’Universo, dopo essere stata intercettata dai radar delle tre basi militari della zona e addirittura avvistata da diversi testimoni, impattò al suolo, a velocità sostenutissima, nei pressi del Forest Ranch per poi risollevarsi quasi immediatamente in volo, in un estremo tentativo dei piloti di fronteggiare la tragedia, ma quell’impossibile manovra lasciò sul terreno un’impressionante quantità di detriti. Subito dopo aver ripreso quota, giunta a circa settanta chilometri a nord di Roswell, presso il RanchHub Corn“, tornò nuovamente ad abbassarsi pericolosamente a livello del suolo ed anche qui, con una seconda miracolosa manovra, in un ultimissimo disperato tentativo di salvataggio, i piloti alieni riuscirono momentaneamente a superarsi, ma il loro destino era già segnato in quanto il primo impatto presso il Foster Ranch si era rivelato fin da subito devastante.

CRONACA DEI GIORNI DELL’INCUBO: 1 LUGLIO 1947

La vicenda ebbe inizio la mattina di martedì 1 luglio 1947, allorquando presso l’installazione militare collocata a Roswell, dove aveva sede il 509° Gruppo di cacciabombardieri, un radar aveva catturato le tracce del passaggio ad alta quota di velivoli sconosciuti, che stavano volando a velocità enormemente superiori a quelle dei caccia a reazione in dotazione alle forze americane. Gli stessi brutti segnali di penetrazione nello spazio aereo americano, da parte di velivoli sconosciuti, erano in possesso delle altre due strutture militari collocate a White Sands ed Alamogordo, per cui l’apparato militare era andato in pieno stato di allerta.

2 LUGLIO 1947

Il giorno successivo, mercoledì 2 luglio 1947, molti civili denunciarono per iscritto di aver osservato strani velivoli sopra la cittadina di Roswell. In contemporanea vi fu un aumento talmente importante dei “radar blips” da parte dei radar collocati nelle tre strutture militari suddette che, in pratica, per tutto il giorno vennero catturate le presenze elettroniche di misteriosissimi oggetti volanti.

4 LUGLIO 1947

La giornata di giovedì 3 luglio 1947 trascorse stranamente tranquilla, come la quiete prima della tempesta, ma il successivo venerdì 4 luglio 1947 divenne “il giorno dei giorni“. Quel giorno il Destino chiamò all’appello W. William “Mack” Brazel, un piccolo allevatore che aveva un gregge presso il “Foster Ranch“, nella Contea di Corona, distante circa centocinquanta chilometri da Roswell. Era da poco iniziata la notte e Brazel stava già riposando. Attorno alle 22:00 si era scatenato un forte temporale su tutta l’area e poco prima delle 23:30 gli sembrò di aver udito un fortissimo rumore, simile all’intenso fragore generato da un tuono.

Nel frattempo, nelle tre basi militari suddette nessuno dormivano sonni tranquilli poiché sugli schermi radar era ricomparso l’inquietante “radar blip” che segnalava la presenza di almeno un misterioso oggetto volante, come testimoniò l’operatore radar Steve Arnold, il quale dichiarò di aver visto “… the radar blip explode in a brilliant white florescence and evaporate right before his very eyes …”, ovvero un oggetto volante che fu intercettato dal radar sul quale stava operando e fu visto esplodere e sparire dallo schermo.

Quel qualcosa che cadde dal cielo stava viaggiava a velocità sostenutissima per cui non avrebbe mai potuto essere un pallone-sonda. Inoltre, Steve Arnod dichiarò ai suoi superiori non solo di aver visto “il radar blip sul suo schermo“, ma di averne osservato addirittura lo scoppio sotto forma di una “brillante florescenza bianca“. Dunque, una persona che non sapeva nulla degli UFO, per giunta militare incaricato della gestione di un radar, decisamente al di sopra di ogni sospetto, era il testimone più attendibile della vicenda ufologica più misteriosa che sia mai accaduta sulla Terra. E sempre quella notte si ebbero le famose testimonianze, scritte e congiunte, dei coniugi Milton, i quali ebbero a dichiarare di aver osservato un disco assai luminoso sfrecciare in direzione di Corona.

5 LUGLIO 1947

La notte del 4 luglio era appena trascorsa, ma i militari già sapevano tante cose riguardo a ciò che era realmente accaduto. Per William Mack Brazel quella mattina di sabato 5 luglio 1947 era ancora una giornata come tutte le altre: si era alzato molto presto, era salito sul suo cavallo e si era diretto in compagnia del figlio, Vernon, di otto anni, verso la fattoria “Foster Ranch“, dove doveva accudire il suo piccolo gregge. Giunto ad una distanza di circa sette-otto miglia dal suo ranch, osservò subito che c’era qualcosa di veramente anomalo: lungo una striscia di terreno di alcune centinaia di metri erano sparsi al suolo stranissimi rottami, apparentemente luccicanti e metallici, dai quali gli animali della zona se ne stavano a debita distanza. Su quel campo giunse quasi subito, ma dopo Brazel comunque, un camion stracolmo di soldati che provvidero immediatamente a recintare tutta l’area. Nel frattempo Brazel si era recato da George Wilcox, lo sceriffo della Contea di Chavez, per denunciare l’accaduto.

7 LUGLIO 1947: I MILITARI

La vicenda fu talmente veritiera che lo stesso Colonello William Blanchard, comandante della base militare di Roswell, la mattina del 7 luglio 1947, verso le 11:00, ordinò a Walter Haut, ufficiale addetto al servizio stampa, di redigere un comunicato per radio e giornali, poi diffuso nel primo pomeriggio dall’agenzia APW, che annunciava la cattura di un disco volante, nella località di Roswell, da parte delle forze armate americane. E questo particolare contribuì certamente a collegare la vicenda col luogo del crash che, come abbiamo visto, avvenne in realtà a Corona, ad una distanza di sei-sette chilometri dalla fattoria “Foster Ranch“, di proprietà di W. Brazel.

Si sa anche, sempre per certo, che il Sottotenente Robert Shirkey dichiarò di aver osservato la Polizia Militare nell’atto di trasportare fuori da un hangar un oggetto volante a forma discoidale e di caricarlo su di un aereo da trasporto C54. Egli aggiunse che accanto a lui, al momento delle operazioni di carico dell’UFO, vi era addirittura il comandante della base aerea di Roswell, che vide pertanto le stesse cose.

Ma lo stesso giorno, ovvero sempre il 7 luglio 1947, accadde l’incredibile. Il Generale Roger Ramey, comandante in capo dell’VIII Divisione Air Force, convocò una conferenza stampa a Fort Worth in cui annunciò ai giornalisti che l’oggetto precipitato a Corona era solo un pallone meteorologico o pallone sonda. Mostrò quindi i resti di quell’oggetto, sottolinenando il fatto che si trattava proprio di ciò che era realmente precipitato dal cielo. Fu l’inizio ufficiale del depistaggio o cover-up e la nuova ufologia iniziò subito con i fuochi artificiali. Il fotografo J. B. Johnson fece diversi scatti, che sono esattamente quelli che ora potete osservare facendo ricerca in internet.

Tutto sembrò filare liscio, almeno fino a quando il Colonello Thomas Dubose, presente a quella memorabile conferenza, in quanto responsabile dello staff di Ramey, una volta raggiunta l’età pensionabile, non dichiarasse pubblicamente che quella fu una vera e propria operazione di copertura (cover up). La vicenda Roswell, ovviamente, non è ancora finita nonostante la dichiarazione ufficiale dell’USAF, esplicitata durante una conferenza stampa tenutasi addirittura al Pentagono nel 1997, nella quale si illustrò al mondo, attraverso il “The Roswell Report“, che si trattava ormai di un “Case Closed“: nessunn UFO, nessun alieno, nessun rottame extraterrestre, ma solo un semplice crash test con l’utilizzo di manichini. Incredibile davvero la sfacciataggine con la quale cambiarono le carte in tavola dopo ben mezzo secolo! Ma non avevano forse sostenuto fino ad allora che a Roswell erano solo caduti palloni sonda o meteorologici di tipo “Mogul”, spesso riuniti fra di loro a grappolo?

ALLE ORIGINI DELLA RETROINGEGNERIA ALIENA

Il processo di retroingegneria o “ingegneria inversa“, in quanto in British-American viene definita col termine di “Reverse engineering“, consiste nell’analisi dettagliata del funzionamento, della progettazione e dello sviluppo di un oggetto terrestre, con lo scopo di produrre qualcosa di nuovo rispetto a quanto rinvenuto all’interno della navetta di Corona, ma che abbia un funzionamento del tutto analogo.

Questo, almeno nelle intenzioni iniziali, fu l’obiettivo del gruppo di lavoro segretissimo, organizzato dall’Intelligence USA e guidato dall’ammiraglio Roscoe Hillenkoetter, primo direttore della CIA proprio nel settembre del 1947 nonché, successivamente, membro del Consiglio di amministrazione del potentissimo NICAP (National Investigations Committee On Aerial Phenomenta), l’organizzazione civile americana con molti ufficiali di alto grado al suo interno, impegnata nella ricerca ufologica, ma con posizioni scettiche principalmente sul contattismo e sui rapimenti alieni e con la convinzione che il governo americano adottasse una forma di cover up sulla reale esistenza del fenomeno ufologico.

QUALE TIPO DI TECNOLOGIA ALIENA?

Poiché con il presente articolo intendo collocarmi nel filone degli “sviluppi tecnologici americani collegati principalmente all’UFO crash di Roswell“, dobbiamo subito chiederci quale tipo di tecnologia avrebbe mai potuto essere quella che viaggiava sulla navetta spaziale schiantatasi a Corona, nei pressi di Roswell, a mezzanotte circa del 4 luglio 1947.

I SETTE ALIENI

Sappiamo con certezza che all’interno del velivolo extraterrestre viaggiavano sette misteriosi esseri provenienti da un altro mondo, tenuti unicamente in vita dalla radiazione elettromagnetica. Incredibilmente, essi erano in totale sinergia col loro mezzo volante, sospinto solo da campi elettromagnetici generati da cariche elettriche, che governavano con la sola forza della volontà, proprio come facciamo noi umani allorquando desideriamo muovere un muscolo del nostro corpo.

LA NAVETTA BIOLOGICA

Come vi ho già spiegato nel precedente articolo, il tipo di energia che trasmetteva il moto all’astronave era la stessa che teneva in vita le Entità Biologiche Extraterrestri (EBE) che, a loro volta, erano perfettamente in grado di dominarla con la sola forza della volontà, dapprima veicolata verso le loro mani, poi trasferita direttamente ai comandi della navetta attraverso l’azione di posizionamento delle dita su di una tavoletta rettangolare, unico strumento di governo dell’UFO che, a quel punto, non assomigliava per nulla ai nostri mezzi spaziali, ma ad una vera e propria navetta biologica nella quale gli alieni ne erano parte integrante.

probabilmente, gli stati di moto del velivolo extraterrestre erano consentiti da un generatore di campi elettromagnetici, mentre il sistema elettrico generale veniva governato direttamente dalle onde cerebrali prodotte dagli alieni stessi e poi trasmesse alle dita delle mani utilizzando come “veicolo” il misterioso epidermide che ricopriva in maniera integrale ogni millimetro del loro corpo, sostanzialmente assimilabile alla pelle umana. Quindi, è probabile che gli alieni di Roswell si nutrissero solo di energia pura (non avevano né intestino né sistema di smaltimento corporale di liquidi e di solidi) e fossero essi stessi il sistema di controllo diretto dell’UFO in quanto erano parte integrante della navetta stessa, che veniva comandata grazie alle sole onde cerebrali.

LE QUATTRO FORZE DELLA NATURA

Il popolo al quale afferivano quei sette alieni caduti nei pressi di Roswell quasi settant’anni or sono conosceva ottimamente una delle quattro forze fondamentali, ovvero l’interazione elettromagnetica (Ricordo che le altre tre interazioni sono: la gravitazionale, la nucleare debole e la nucleare forte) ma, diversamente da noi, la dominavano con una facilità così disarmante da renderla del tutto duttile alla loro forza di volontà. E non è certamente cosa da poco dominare una delle quattro forze della Natura, una forza che non è riconducibile a nessuna altra ed è in grado, da sola, di descrivere i fenomeni fisici a tutte le scale di distanza e di energia! Allo stato attuale, l’uomo sa certamente molte cose di questa forza spaventosa chiamata “interazione elettromagnetica“, ma non sa ancora come dominarla!

CHE COSA SAPPIAMO DELL’INTERAZIONE ELETTROMAGNETICA?

Oggi, sappiamo davvero tante più cose rispetto a settant’anni fa, riguardo a questa forza spaventosa, ma ancora non sappiamo tutto di essa. Abbiamo capito che essa: è responsabile delle proprietà chimiche degli atomi e della struttura delle molecole, determina l’intensità ed il verso dell’interazione fra corpi, è il risultato dell’interazione locale fra i corpi carichi ed il campo elettromagnetico e, infine, il campo elettromagnetico può propagarsi come un’onda che dispone di un raggio di interazione pressoché infinito.

Per aiutarvi a comprendere meglio questo concetto, vi invito a riflettere su di un fatto che ci pare sostanzialmente normale, perché accade tutti i giorni, ma che tale proprio non è. Il mio esempio si riferisce alla luce emessa dalle fonti astrali più lontane dell’Universo: essa arriva quasi integra sulla Terra, dopo aver compiuto un incredibile viaggio della durata di diversi anni-luce, e subito dopo mantiene la forza sia per interagire con la nostra atmosfera, che con i nostri occhi e con l’obiettivo dei nostri telescopi! certamente è qualcosa di incredibile, ma è tutto così ripetitivo, giorno dopo giorno, che il nostro cervello colloca il fenomeno nella normalità degli eventi.

L’uomo sa, dunque, davvero tanto di questa forza chiamata semplicemente “interazione elettromagnetica“, ma sa anche, purtroppo per lui, la cosa più importante, ovvero che non riuscirà a dominarla per parecchie centinaia di anni ancora, almeno nel modo in cui furono in grado di fare quelle misteriose entità biologiche extraterretri schiantatesi sul nostro pianeta quasi settant’anni fa. Questa è, purtroppo per la “gioiosa scienza umana“, la dimostrazione più vera del fatto che la nostra tecnologia, e per conseguenza la nostra civiltà, sono molto più indietro rispetto alle migliaia e migliaia di altre cività sparse fra questo immenso e pressoché infinito Universo.

VITA SULL’UFO CADUTO A CORONA

A bordo di quella navetta spaziale, in cui si dominava con totale tranquillità l’interazione elettromagnetica, c’era tutto il necessario per consentire viaggi di durata pressoché illimitata, ovvero c’era energia elettrica ed elettromagnetica. A bordo, infatti, non furono rivenuti né forni né fornelli né cucine né frigoriferi e nemmeno scorte alimentari di alcun tipo. Niente di tutto ciò! Ma come facevano a rimanere in vita, dunque, i suoi occupanti, cioè quelli che oggi noi chiamiamo alieni? Essi non si alimentavano come siamo soliti fare noi umani, con cibo ed acqua, ma si nutrivano solo di energia, elettrica o elettromagnetica, prodotta direttamente dal sistema propulsivo che alimentava la navetta, appunto. E nutrendosi in tal modo il loro corpo non era dotato di un sistema digestivo simile al nostro, poiché non mangiando e non bevendo cose concrete non avevano nemmeno bisogno di evacuare alcunché di liquido o di solido. E poiché a bordo della navetta non venne rinvenuto né un lavabo né un bagno né una doccia, si è dedotto che non fossero né necessari né funzionali agli alieni. E forse per questo motivo che qualcuno cadde nell’errore di ritenere possibile che, più che alieni, ci si fosse trovati di fronte a dei veri e propri cloni o, comunque, a qualcosa di assai più simile a robot che ad esseri viventi come noi.

MISTERI DELLA NAVETTA

Su quella navetta mancava un evidente sistema propulsivo in quanto nessuno vide con chiarezza qualcosa che assomigliasse, anche vagamente, ad un motore, a dei razzi o a delle eliche. Per questo motivo tutti si chiesero come avrebbe mai potuto essere governata quella cosa. E fu così che la sola risposta ritenuta possibile, tenuto conto delle variabili in atto legate agli oggetti rinvenuti al suo interno, fu che l’UFO avrebbe potuto essere governato solo ed esclusivamente attraverso le onde cerebrali.

Ma anche ipotizzando tutto ciò come ammissibile, subito c’era un’altra domanda pronta, alla quale nessuno è ancora stato in grado di rispondere. Ci si chiede ancora come facevano quei piccoli esseri extraterrestri a non subire alcuna conseguenza fisica in seguito alle manovre che sfidavano la legge di gravitazione universale, una legge che è “assoluta” per noi umani e che tiene ancora incollati ai seggiolini i nostri migliori piloti militari allorquando si avventurano in virate estreme.

Anche qui solo ipotesi di fantasia, del tipo che a bordo vi fosse una forza in grado di deviare la “forza ge, al tempo stesso, capace di proteggere la navicella spaziale come avvolgendola in una sacca elettromagnetica. Normale, dunque, andare col pensiero all’ipotesi di alieni-robot o alieni-cloni anziché esseri viventi simili a noi!

Ricordo che, in base alle testimonianze scritte e giurate degli operatori addetti ai radar militari del tempo, quella stranissima macchina volante poteva fare cose impensabili: passare dalla velocità “zero” ad oltre settemila miglia orarie nell’arco di un battibaleno, con accelerazioni praticamente istantanee, facendo quindi ritenere possibile che fosse in grado di dominare agevolmente la forza di gravità, tuttora peso enorme per ogni velivolo terrestre. Tutto ciò venne ampiamente dimostrato, appunto, dalle rilevazioni eseguite attraverso i radar delle basi militari della zona, rilevazioni che furono trascritte dopo essere state viste direttamente sugli schermi dagli stessi operatori addetti al controllo.

Ancora adesso nessuno è in grado di spiegarvi come tutto ciò potesse accadere! La realtà è però dinnanzi agli occhi di tutti: i nostri aerei volano ancora con carburante a bordo, quindi attraverso qualcosa che deve essere caricato prima e che, comunque, nel produrre l’energia per far funzionare i motori, si consuma in maniera proporzionale, mentre sull’UFO non c’era nulla che facesse pensare, anche lontanamente, ad un deposito di carburante. Ora, per quel che se ne sa, le ipotesi sul funzionamento della navetta aliena sono state diverse, ma la più gettonata sembra essere proprio quella che vi ho appena illustrato e che afferisce alla propagazione di onde elettromagnetiche, unita al controllo dell’inversione dei poli magnetici, in sinergia con un immagazzinamento, a ciclo continuo ed infinito, di energia necessaria a produrre l’onda magnetica.

Che tristezza pensare che la nostra gaia scienza, mentre passa il proprio tempo a dileggiare l’ufologia e, contemporaneamente, ad investire tonnellate di dollari nella speranza (ma è ormai quasi certezza) di scoprire una Terra gemella, abbia una tecnologia ancora ferma alla preistoria del volo interspaziale! Poveri noi! E li paghiamo pure tutti i mesi!

RETROINGEGNERIA ALIENA: LA FIBRA OTTICA

Ma che cosa venne realmente rinvenuto a bordo di quella navetta spaziale o, almeno, che cosa ci hanno raccontato al riguardo? State un po’ a sentire! Attraverso i libri pubblicati ed il disclosure verbale di persone coinvolte a diversi livelli, sia nel campo militare che della ricerca scientifica, sappiamo che settant’anni fa gli UFO provenienti dallo spazio esterno avevano un sistema elettrico strutturato ed organizzato attraverso le fibre ottiche: filamenti di materiali vetrosi o polimerici, realizzati in modo da poter condurre al loro interno, a velocità incredibile, sia la luce che masse enormi di dati, sotto qualsiasi forma, per cui trovano un naturale impiego non solo nell’illuminotecnica, ma anche nella medicina e nelle più moderne telecomunicazioni

RETROINGEGNERIA ALIENA: LE SCHEDE ELETTRONICHE

A bordo dell’UFO c’erano poi quelle che oggi chiamiamo schede elettroniche, fra di loro impilate in numero impreciso, di forma rettangolare, di lunghezza non superiore ai cinque centimetri, con disegni in rilievo del tutto simili ai moderni circuiti stampati integrati. L’uomo impiega le schede, sotto forma di “circuito stampato“, in vari settori: dalI’elettronica in generale agli elaboratori elettronici di ogni tipo, ma esse sono le vere e proprie regine dell’odierna tecnologia della casa in quanto servono a far funzionare pressoché ogni apparecchio elettronico, dall’aspirapolvere al computer, dal telefonino al telecomando dell’auto al telefonino. Dominano praticamente tutto il mondo moderno.

RETROINGEGNERIA ALIENA: IL VISORE NOTTURNO

I primi a giungere sul luogo dell’UFO crash ebbero modo di notare che gli alieni indossavano qualcosa di simile ad occhialini scuri, di forma ellittica, che aderivano misteriosamente agli occhi. Da una successiva indagine, si ebbe modo di scoprire che essi erano costituiti da materiale così sottile da far pensare a qualcosa di simile alla pelle umana. Essi avevano la proprietà peculiare di assorbire tutta la luce presente in un determinato ambiente, intensificandola in modo tale da rendere visibile ciò che il buio impediva di vedere. Coloro che in quei giorni provarono ad indossarli dichiararono che era possibile, in presenza di buio assoluto, osservare distintamente i contorni degli oggetti e degli individui, che apparivano di tonalità dall’arancio al verde. Oggigiorno non c’è esercito al mondo che non utilizzi il visore notturno o intensificatore di luce, per le proprie forze armate di èlite o di gruppi speciali di assalto, poiché la peculiarità principale di questo preziosissimo strumento, costruito per la visione notturna, è quella di amplificare la poca luce presente e di rilevare la radiazione infrarossa.

RETROINGEGNERIA ALIENA: LA LEGA A MEMORIA DI FORMA

Su quella navetta c’era poi uno strano tessuto scuro, di tonalità grigio-argentea, assimilabile ad un foglio metallico sottilissimo, che risultava impossibile da sottoporre a curvature o piegature permanenti, a strappi, a tagli o ad allungamenti: la sua peculiarità era quella di ritornare immediatamente alla forma originaria. Oggigiorno abbiamo sviluppato le leghe a memoria di formaShape Memory Alloys, che trovano applicazione principalmente nelle attrezzature che necessitano di materiali compositi, ovvero quei materiali che sono il futuro della tecnologia, in quanto mantengono la forma inalterata anche se sottoposte ad azione di riscaldamento. Erano già studiate fin dal 1932, in modo particolare l’oro ed il cadmio, ma dopo il 1947 furono studiate dapprima le caratteristiche del nichel-titanio, del rame, dell’alluminio, quindi di tutte le altre leghe.

RETROINGEGNERIA ALIENA: IL LASER

I primi inquirenti rinvennero pure una qualcosa che assomigliava ad una torcia, ma le sue caratteristiche lasciarono tutti perplessi: non aveva pile batteria, era piccolissima, si accendeva con facilità, ma non si poteva vedere in maniera distinta il raggio di energia luminosa che ne fuoriusciva, tuttavia puntandola contro qualcosa se ne ammirava un misterioso punto rosso e quando il raggio invisibile passava attraverso del fumo lo si poteva notare con facilità. Ma c’era qualcosa che colpì tutti fin da subito: allorquando il raggio colpiva un oggetto, questo si surriscaldava quasi subito con estrema facilità ed arrivava facilmente a produrre fumo, indicando così il pericolo imminente di accensione.

Oggigiorno abbiamo il puntatore laser, ovvero un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente che può essere concentrato anche su aree molto piccole, dell’ordine del micrometro, impossibili con radiazioni non coerenti. Essendo l’emissione di tipo unidirezionale e coerente, comporta la possibilità di raggiungere densità di potenza elevatissime. Ciò determina proprietà dalla caratteristiche uniche: il taglio di precisione, l’incisione alla profondità desiderata e la saldatura di quasi ogni tipo di materiale. Inoltre, i fattori della “monocromaticità e della coerenza” fanno sì che col laser sia possibile sia misurare distanze lontanissime che velocità infinitamente piccole e, infine, trasportare informazioni non solo dentro la fibra ottica, ma anche nello spazio più profondo del nostro infinito Universo.

RETROINGEGNERIA ALIENA: LE FASCE A SENSORI

Tra le cose che ci hanno raccontato di aver rinvenuto nella navetta spaziale, c’era anche una strana fascia occipitale, assai simile ad una normale fascia per capelli da donna, ma perfettamente aderente agli enormi crani di quei piccoli alieni, che aveva in entrambi i suoi lati, interno ed esterno, dei sensori apparentemente elettrici, ma nessuno notò alcun tipo di batteria o di pila elettrica. Gli inquirenti si domandarono subito il perché venisse indossata quella fascia da tutti i membri dell’equipaggio, ma si fecero solo delle ipotesi che, inevitabilmente, condussero alla modalità di funzionamento della navetta spaziale. Per questo motivo si credette che la fascia occipitale avesse il compito, da un lato di captare le onde cerebrali e dall’altro di trasportare le informazioni dal cervello direttamente ai generatori di energia e agli apparecchi deputati ai comandi.

Al giorno d’oggi non si conoscono ancora applicazioni legate a tale oggetto, e dovremo stare in attesa ancora un po’ di tempo della “sconvolgente scoperta della NASA” o di qualche altro ente ad essa legato, che ci informi dell’ennesima incredibile scoperta. Tuttavia, se considerassimo le applicazioni nel campo della realtà aumentata, rimarremmo sbalorditi. Qui il re assoluto, ovviamente in campo militare, è il modernissimo casco dei piloti militari, dal proibitivo costo di quattrocentomilaeuro ciascuno, come lo Striker II, capace di interagire in un modo inedito con il pilota che lo indossa.

E se la realtà aumentata fosse invece lo sviluppo della fascia occipitale aliena, oggi possiamo già vederne pienamente gli effetti. Col un semplice telefonino smartphone o con un normale computer non solo è possibile trovare ogni genere di informazione, ma con Google Street View è addirittura possibile visionare un qualsiasi luogo della Terra in modalità 3D, sia com’è in quel momento che come era cinque anni prima, mentre con Pokémon Go è possibile interagire con gruppi infiniti di persone per giocare insieme, in ogni angolo del mondo, alla realtà aumentata, appunto, capace di rendere assolutamente credibile tutto ciò che è impossibile che accada!

RETROINGEGNERIA ALIENA: GLI UOMINI CHE INIZIARONO A SCRIVERE IL FUTURO

Normale chiedersi, a questo punto, se tanto ha dato tanto, che cosa abbiano mai potuto combinare alla NASA rispetto al volo militare ed alle stesse tecnologie di volo. Vediamo quel che si sa, senza addentrarci troppo in voli pindarici e conclusioni sballate poiché, in questo campo, dove anche l’ultimo razzo dedicato ad una semplice missione spaziale si è disintegrato al momento del lancio e dove l’ultima sonda terrestre (Schiapparelli), indirizzata su Marte, si è letteralmente schiantata al suolo mentre stava compiendo un semplicissimo ammartaggio, tutto è ancora possibile ma, di certo, la scienza è ancora troppo “gaia” per dare certezze.

Gli anni successivi all’UFO crash di Roswell furono subito tumultuosi: nell’estate del 1950 scoppiò la guerra di Corea, nel 1953 scoppiò la rivoluzione a Cuba, nel 1956 la Russia inviò i suoi carri armati in Ungheria e nel 1957 iniziò la corsa allo spazio, con il lancio degli Sputnik russi, che determinò un coinvolgimento fortissimo della tecnologia militare, dove lo scienziato aereospaziale divenne non solo il punto di riferimento della “scienza del domani”, ma anche colui che avrebbe potuto far prevalere una nazione sull’altra.

I nomi che iniziarono a circolare fin da subito furono quelli di: Wernher von Braun, ideatore e realizzatore delle V-2 tedesche, nonché progettista del razzo Saturn che portò la missione Apollo sulla Luna, di Hermann Oberth, uno dei padri veri della moderna astronautica, dei razzi spaziali e dei veicoli destinati all’esplorazione della Luna e di John von Nuemann, famoso non solo come matematico, ma anche padre dei computer.

RETROINGEGNERIA ALIENA: ANCORA IN ATTESA DI UNA NAVICELLA TERRESTRE?

La tecnologia all’interno dell’UFO caduto a Roswell aveva lasciato tutti a bocca aperta per cui si cercò fin da subito di produrre qualcosa di simile. Innanzitutto, il pensiero corse direttamente alla tecnologia propulsiva della navetta: nessun motore, nessuna apparente fonte di energia, nessuna elica, nessun razzo e nessun tipo di carburante simile ai carburanti terrestri. Poi si inziò a riflettere sul tipo di metallo di rivestimento della struttura esterna inferiore della navetta aliena, poiché risultò costituito da rame ed argento di purezza assoluta. E poiché il rame è l’argento figurano al primo posto fra i metalli che possiedono ottime capacità di conducibilità elettrica, si ritenne possibile credere che l’intera struttura veicolare aliena fosse, in realtà, assimilabile ad un gigantesco circuito elettrico.

Certamente si fecero tentativi per costruire una macchina simile, ma rimaneva pur sempre l’insuperabile ostacolo della “tipo di carburante” che avrebbe dovuto fornire il moto. Infine, tra i grandi problemi che dovettero affrontare i primi ingegneri aereospaziali, vi fu quello del sistema di controllo della navigazione, in quanto la tecnologia aliena non prevedeva la classica cloche, non presentava né leve né pedali né pulsanti, ma solo una semplicissima tavoletta rettangolare deputata al posizionamento orizzontale delle mani. Se anche qualcuno fosse riuscito a ricostruire quella specie di mezzaluna metallica, come avrebbe poi fatto a pilotarla in mancanza del carbutrante adatto e di un normale sistema di navigazione?

Ed anche supponendo che un giorno lontanissimo la tecnologia terrestre riuscisse, in un qualche modo, a risolvere tutti quegl’insormontabili problemi, come si sarebbe potuta superare la legge fisica dettata dalla “forza g“, riferita principalmente al fattore di carico lungo l’asse verticale di un velivolo? Infatti, questa unità di misura delle accelerazioni a cui un pilota di aereo o un astronauta sono soggetti, viene sempre moltiplicata per l’accelerazione di gravità terrestre (simbolo g), per cui ogni pilota sa benissimo che allorquando si agginge a compiere una manovra ai limiti fisici del velivolo e del proprio corpo, pone se stesso di fronte al rischio più grande in cui possa incorrere un essere umano, ovvero la propria morte. Così, l’ennesima domanda ancora senza risposta rimase la seguente: “Come facevano i piloti alieni a difendere se stessi dalla terribili accelerazioni, da zero ad oltre settemila miglia orari nel volgere di qualche secondo?“.

L’UFFICIO TECNOLOGIE STRANIERE

All’Ufficio Tecnologie Straniere USA del tempo non parve vero, comunque, essere entrati in possesso di qualcosa che avrebbe potuto cambiare per sempre la storia del Mondo solo che al competente Dipartimento Ricerca e Sviluppo dell’Esercito fossero riusciti a comprendere i princìpi di due o tre cosine che stavano a bordo della navetta extraterrestre: il tipo di energia necessaria ad imprimere i vari stati di moto all’UFO, l’assenza di ogni tipo di motore, di ogni scorta di carburante, di lampadine per l’illuminazione interna “a giorno”, di scorte alimentari, di impianto di riscaldamento e di raffreddamento, di macchine in grado di dominare la forza terribile della gravità durante le incredibili evoluzioni a 90 e 180 gradi a cui venivano regolarmente sottoposte le navette aliene intercettate per diversi giorni dai radar militari della zona circostante e, infine, l’assenza dei fori di esplusione dall’intestino alieno. Furono così creati dal nulla: il Roswell File, il Cover-Up, il Majestic Twelve e letteralmente gettati alle ortiche tutti i progetti tedeschi collegati al progetto dell’ala volante. C’era un mondo tecnologicamente avanzatissimo che stava prendendo forma, ovviamente pensato in una lunga prospettiva temporale: era il Programma SDI (Iniziativa di Difesa Strategica), meglio noto come “Guerre stellari“, che aveva lo scopo di riuscire ad abbattere ogni satellite nemico, ogni velivolo alieno e neutralizzare ogni missile a testata nucleare.

Nel prossimo articolo vi parlerò delle scoperte conseguenti le indagini sui materiali e sulle tecnologie contenute in quella meravigliosa macchina volante caduta nei pressi di Corona quasi settant’anni fa, che hanno regalato all’uomo praticamente tutta la tecnologia che oggi conosce.

centro-ufologico-ferrarese-cuf-artioli-fiorenzoPer segnalazioni di presunta natura ufologica, telefona in ogni momento al 333.595.484.6 e ti risponderò io, Fiorenzo Artioli, fondatore del Centro ufologico ferrarese, oppure utilizza la pagina dei contatti ed il relativo modulo. La nostra sede si trova a Vigarano Pieve, in via Mantova n° 117, una frazione del Comune di Vigarano Mainarda, luogo dell’avvistamento della gigantesca astronave aliena che venne osservata da quattro persone la sera del 27 settembre 1986. Se desideri farci visita, prima telefona oppure invia un sms, così da accertarti che quella sera ci sia qualcuno.

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Se desideri utilizzare il presente articolo per fini commerciali, sappi che ti servirà la mia autorizzazione scritta, ma se desideri solo inserirlo nel tuo blog devi citare questa fonte (http://centroufologicoferrarese.altervista.org/) così da dare a Cesare ciò che è di Cesare, ovvero le idee che sono state qui espresse.