Roswell 1947: le EBE o Entità Biologiche Extraterrestri

entità-biologiche-aliene-roswell-1947Era da poco iniziata la sera di venerdì 4 luglio 1947, ma quel giorno non era stato per tutti un giorno di ordinaria festa dell’Indipendenza. Mentre tutta l’America stava impazzendo con le parate, i concerti, i barbecue ed i fuochi artificiali poiché quello era il giorno dell’Indipendence Day, dedicato alla commemorazione per l’adozione, da parte delle trecici colonie ribelli, della Dichiarazione d’Indipendenza dal Regno di Gran Bretagna, qui a Roswell nessuno dei vertici delle tre basi militari della zona stava ufficialmente festeggiando. Qui non c’era nulla da festeggiare poiché erano tutti in allarme rosso. Un allarme che si imputò erroneamente alla minaccia nucleare russa e nessuno riuscì ad immaginare che, in realtà, quello era il primo giorno dell’inizio di una nuova era per l’umanità, poiché di lì a poco le massime autorità statunitensi avrebbero saputo che all’interno del misterioso oggetto volante arrivato dal cielo c’era la prova che l’uomo non era solo in questo meraviglioso ed infinito universo. All’interno di quello stranissimo velivolo giunto da cielo vi erano le EBE o Entità Biologiche Extraterrestri, con tutto il loro immenso carico tecnologico.

L’INIZIO DELLA NUOVA ERA DELL’UMANITÀ

Era dal 25 febbraio 1942 che i vertici militari non conosceva un livello simile di allarme, ovvero dalla notte in cui le sirene della Los Angeles Air Force Base (LAAFB) di Santa Monica, in California, avevano iniziato a rieccheggiare all’impazzata perché tutti pensavano che fossero arrivati sull’America i giapponesi col loro carico di morte. La minaccia era davvero reale in quanto, circa un anno prima (7 dicembre 1941), essi avevano seminato la morte a Pearl Harbor. Durante la notte del 24 febbraio, attorno alle 02:00, i radar avevano intercettato un oggetto volante di proporzioni enormi, praticamente immobile solo alcune centinaia di metri al di sopra degli studi della Metro Goldwin Mayer, nell’area di Culver City. Quella fu la notte della famosa Battaglia di Los Angeles contro un UFO vero e proprio. Per circa venti minuti tutti gli abitanti della zona poterono osservare in diretta qualcosa che nessuno avrebbe mai neanche potuto immaginare: oltre millequattrocento scariche di artiglieria di ogni tipo finirono inutilmente contro quella massa informe, illuminata a giorno da decine e decine di riflettori ma di come iniziò veramente e si concluse questa vicenda ve ne parleremo in un articolo dedicato, per cui ora ritorniamo al nostro primo appuntamento ufologico: quello di Roswell.

QUEI MISTERIOSI RADAR BLIPS

Tutti erano al massimo grado di allerta e le tracce luminose sugli schermi iniziarono improvvisamente ed inaspettatamente a cambiare: da semplici radar blips, tutti uguali fra loro nella forma, si trasformarono in radar blips palpitanti, quasi pulsanti. Quelle misteriose tracce elettroniche aumentavano incredibilmente la loro velocità, spostandosi a piacimento a mille, duemila e perfino tremila miglia orarie, ma potevano anche arrestarsi all’improvviso, rimanendosene immobile. In ogni caso, comunque, dimostravano di possedere una velocità enormemente superiore a quella di ogni velivolo militare del tempo, la cui massima velocità veniva quantificata in circa settecentocinquanta km/h. Era qualcosa di inconcepibile per tutti.

L’INIZIO DEL DRAMMA

E venne così il momento esatto dell’inizio della nuova era per l’umanità. Il primo ad accorgersenre concretamente fu Steve Arnold, un normale operatore alla torre di controllo del Roswell Army Air Field. I suoi occhi rimasere esterrefatti nel notare che una di quelle luci che stavano tenendo sotto controllo da giorni lui e tutti i suoi colleghi delle tra basi militari dell’area sembrò comportarsi in maniera anomala dalle precedenti modalità di passaggio, che erano simili per tutte le luci. Infatti, dopo essere entrata ed uscita più volte dallo schermo del suo radar, la luce entrò quell’ultima volta dal quadrante inferiore sinistro, trasmettendogli alcune impressioni indimenticabili: prima che fosse come svanita, poi che fosse esplosa in un bagliore bianco e fluorescente, infine che fosse davvero svanita del tutto in una zona a nord-ovest di Roswell. Ecco le sue parole ufficiali, sulla base della testimonianza scritta che ebbe a rilasciare nel corso dell’inchiesta condotta dall’esercito americano: “… the radar blip exploded in a brilliant white florescence and evaporated right before his very eyes …”.

L’INIZIO DELLA MENZOGNA

Ora, se quelle strane tracce radar avevano iniziato ad apparire, già dal giorno 1 luglio, sugli schermi dei radar delle basi militari di Roswell, White Sands e Alamogordo, e se quel misterioso oggetto volante venne intercettato più e più volte da radar militari, assieme a decine di altri oggetti simili, e fu tenuto sotto controllo per giorni interi, e ne fu testata più volte la sua incredibile velocità di spostamento e fu visto esplodere e sparire dagli schermi, avrebbe mai potuto essere un pallone-sonda?

La menzogna è sotto gli occhi di tutti. Ognuno mentì spudoratamente sapendo di mentire, ma ogni soldato seppe tutelare egregiamente il segreto militare a lui affidato. Come dare loro torto? Come non lodarli? Seppero compiere egregiamente quel compito che è affidato ad ogni militare e che si chiama semplicemente “dovere“. Quelli furono tutti ottimi soldati. Veri soldati americani ed ogni americano dovrà essere orgoglioso di loro. Per sempre! L’ufologia capisce e comprende tale posizione, e non la condannerà mai, nemmeno quando qualcuno ci mostrerà le prove concrete dei nostri fratelli superiori giunti sul nostro pianeta.

ALL’INIZIO DELLA NOTTE

Laggiù, dunque, le ore della notte correvano incontro alla mattina del 5 luglio ed ogni militare di alto livello era certo che fosse accaduto qualcosa di veramente anomalo. Occorreva fare presto. Molto presto! Bisognava raggiungere più in fretta possibile quella zona a nord-ovest della cittadina di Roswell, verso Corona. Nessuno aveva una zona certa del punto di impatto. Tutto era presunto ed altrettanto presunto era il crash di un qualcosa certamente caduto dal cielo.

Pur tuttavia alcuni particolari tecnici erano noti: secondo quanto tracciato dal radar in servizio presso la Roswell Army Air Field, lo scoppio seguito in diretta da Steve Arnold sarebbe avvenuto qualche secondo prima della mezzanotte del 4 luglio 1947, per cui se ne dedusse che il crash fosse avvenuto all’incirca attorno alla mezzanotte. Alcuni residenti del luogo, alcuni archeologi e alcuni allevatori testimoniarono di aver visto, nonostante la notte temporalesca, una luce luminosissima, quasi abbagliante, cadere in direzione di Corona.

Infatti, proprio appena dopo la mezzanotte, lo sceriffo George Wilcox, in servizio presso la Contea di Chavez, ricevette le prime telefonate riguardanti un qualcosa caduto dal cielo, per cui provvide subito ad allertare i vigili del fuoco. Grazie anche alla testimonianza del Colonello Philip Corso, responsabile diretto di tutto questo caso ufologico, si ebbe la conferma che anche alcuni campeggiatori, impegnati nella ricerca di reperti archeologici dei nativi indiani, avevano notato la stessa luce nell’atto di cadere al suolo: la cosa li aveva emotivamente colpiti, poiché quella luce fu accompagnata da un lungo sibilo e terminò esattamente nel momento dell’impatto al suolo, rilasciando per l’etere un pauroso boato. Furono loro stessi a giungere per primi sul luogo dell’impatto, certamente assai prima del famoso William “Mach” Brazel. Infatti, non appena intercettata la posizione, avvisarono lo sceriffo suddetto via radio: l’UFO crash era accaduto a circa 55 chilometri da Roswell, in direzione Nord-Est, verso Corona.

La macchina militare era in movimento e le prime squadre di recupero erano già partite. L’operazione venne governata direttamente dal Colonello William Hugh Blanchard, noto anche con i nomignoli di “Butch” per gli amici ordinari e “Bull” per i colleghi di pari livello. Come abbiamo appena visto, a quel punto dell’operazione c’erano già diverse persone che sapevano dell’incidente: gli operatori ai radar, alcuni allevatori, ed un piccolo gruppo di campeggiatori-archeologi che, di fatto, aveva provveduto a dare l’allarme civile, in quanto quello militare era già in atto dal primo luglio ed era “allarme rosso”.

I PRIMI TESTIMONI DI VISTA

Tutti correvano in una sola direzione quella notte, ma nessuno sapeva degli altri: i campeggiatori-archeologi erano già sul luogo, William “Mach” Brazel giunse di lì a poco, tra l’01:45 e le 02:00, col figlio Vernon, poi arrivarono subito dopo, insieme, il Maggiore Jesse Marcel, il capitano Sheridan Cavitt e l’operatore radar Steve Arnold; quindi, dopo le 04:00 giunsero cinque squadre militari: gli addetti al controllo della radioattività, gli addetti al recupero fisico di tutto, gli addetti al presidio ed alla messa in sicurezza dell’area e gli addetti alla bonifica del terreno, in quanto tutto doveva scomparire molto in fretta e gli addetti al pronto soccorso. Infine, alle prime luci dell’alba, giunsero lo sceriffo Wilcox ed i pompieri del luogo.

L’UFO

Tutto era strano laggiù: il deserto, il temporale appena terminato, la notte stellata, l’immenso cielo notturno e quello strano oggetto volante caduto dal cielo, in un estremo tentativo di atterraggio di fortuna. I primi testimoni videro l’UFO inclinato di 45 gradi, con la coda per aria e ad ali verticali divergenti, incastrato col muso in una cresta sporgente di un leggero declivio collinare. Aveva una forma insolita per i velivoli di quei tempi, simile ad una goccia rovesciata, col guscio a deltoide ed ogni prominenza arrotondata. Tutti furono concordi nell’affermare che dalla superficie esterna si sprigionava ancora un intenso calore nonostante il tempo trascorso. Chi ebbe modo di osservarlo primariamente da dietro, lo scafo dava l’impressione di essere ancora integro ma, in realtà, presentava un lungo squarcio lineare su una parte della fiancata.

GLI ALIENI

Tutti si avvicinarono con circospezione e notarono che al suolo, in prossimità dello squarcio dell’UFO, giacevano due sagome scure di individui alti da un metro e venti ed un metro e quaranta. Nelle vicinanze, ma leggermente distaccato dai primi due, ve n’era un terzo che diede a tutti l’impressione di essere deceduto. E ancora un po’ più distante, ne individuarono un quarto quasi appoggiato ad una protuberanza del terreno, ma comunque anch’esso morto. Poi i riflettori inquadrarono meglio la scena e tutti videro un quinto corpo morto proprio sotto il lungo squarcio dell’UFO. Erano esseri simili a noi terrestri, in quanto presentavano una forma antropomorfa, ma tutti si chiesero se fossero davvero umani, visti i tratti caratteristici delle loro teste e dei loro visi.

Mentre tutti osservavano in un silenzio surreale, un urlò squarciò la notte, avvisando che ce n’era ancora uno vivo: era il sesto alieno. Tutti si accavallarono in men che non si dica attorno a quella piccola creatura ormai morente: emise un disperato gemito con tutta la forza che aveva in gola, ma non furono le orecchie ad udire quel grido di morte, bensì il cervello delle persone. Aveva qualcosa di simile alle convulsioni e dava come l’impressione di cercare l’ossigeno vitale ovunque.

Nessuno più parlava. Nessuno più respirava. Tutti erano partecipi dell’immensa sofferenza che stava provando. Quell’essere non aveva nulla di umano! La sua testa, come quella di tutti i suoi sfortunati compagni, era enorme e sproporzionata e concentrava il viso in una piccolissima area. Gli occhi erano aperti, scuri, distanziati ed leggermente inclinati esternamente verso il basso. Il naso e le orecchie e la bocca erano simili a piccolissime fessurazioni. La sua pelle era tendente ad una tonalità compresa fra il grigio ed il marron, ed era del tutto priva di peluria. Quell’alieno era ancora vivo quando lo portarono via!

E mentre tutti lo osservavano impotenti ed impietriti, un nuovo urlo ruppe il silenzio del deserto: ce n’era addirittura un settimo che stava tentando di darsi alla fuga: si era miracolosamente salvato dal terribile impatto col terreno. Venne inseguito da diversi militari e tutta la zona fu illuminata a giorno. La tensione era alle stelle ed ogni militare di guardia era ovviamente armato. Così, alcuni secondi dopo quell’urlo, rieccheggiò un rumore di morte proveniente da qualche fucile. L’alieno ferito tentò invano di correre in avanti, arrampicandosi ovunque, ma il suo tempo era già finito.

Tutti quei corpi furono caricati dapprima su semplici barelle, poi furono sistemati sui pianali di un camion e trasportati momentaneamente alla vicina base militare del 509° di Roswell. I rottami seguirono una diversa via: spediti dapprima a Fort Bliss, in Texas, in seguito furono come divisi e mentre una parte finì nella base aerea di Wright-Patterson, in Ohio, il resto venne trasportato a Fort Riley, in Kansas.

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