Gemini 4: James McDivitt fotografò un UFO cilindrico

ABSTRACT – James Alton McDivitt, nato a Chicago (Illinois) il 10 giugno 1929, fu il primo astronauta statunitense ad avere un incontro ravvicinato con un oggetto metallico di forma cilindrica. Il fatto avvenne mentre si trovava a bordo della capsula Gemini 4, in qualità di comandante, affiancato dal pilota Edward Higgins White. Arruolatosi presso l’aeronautica militare americana nel 1951, divenne pilota di aerei da combattimento presso la Williams Air Force Base (Arizona) e nel corso della guerra di Corea partecipò a ben 145 missioni pilotando F-80 ed F-86. Fece ritorno in patria nel 1953 e nel 1957 iniziò gli studi accademici presso l’Università del Michigan che lo portarono, in soli due anni, ad ottenere il miglior risultato dell’anno nella tecnica di volo ed in quella spaziale. Così, fin dal 1959 divenne pilota per voli d’esercitazione presso la base aerea di Edwards in California.

IL PROGRAMMA “GEMINI”

Fu il secondo programma statunitense di volo umano nello spazio, condotto dal 1963 al 1966, con lo scopo di sviluppare le tecniche di base per i viaggi spaziali che avrebbero dovuto portare l’uomo sulla Luna.

Agli inizi il Programma “Gemini” venne chiamato solo “Mercury Mark II“, in quanto era stato ipotizzato come ordinario sviluppo del Programma Mercury, ma le capsule Gemini avevano decisamente qualcosa in più delle Mercury: innanzitutto potevano sia cambiare l’orbita a piacimento, potevano avvicinarsi ed agganciarsi ad altre navicelle ed erano tecnologicamente assai più avanzate poiché disponevano di un vero computer di bordo adibito alla gestione ed al controllo generale della missione.

Gli obiettivi principali del Programma Gemini furono: l’attività extraveicolare, le manovre orbitali, l’avvicinamento ad altri velivoli e l’attività di aggancio nello spazio. La missione Gemini 4 avrebbe dovuto durare più giorni e poiché l’attività extraveicolare avrebbe dovuto essere di circa mezz’ora, si sarebbe anche dovuta sviluppare un’apposita tuta spaziale. La missione venne interamente diretta ed osservata dal nuovo centro di controllo della NASA di Houston.

GLI ASTRONAUTI

Il 18 aprile 1962 la NASA immise ufficialmente in ruolo un secondo gruppo di astronauti composto da: N. Amstrong, F. Borman, C. Conrad, J. A. Lovell, J. McDivitt, E. See, T. Stafford, E. H. White e J. W. Young. A questi, il 5 giugno 1963 seguì un terzo gruppo, composto da: E. B. Aldrin. W. A. Anders, C. Basset, A. L. Bean, E. G. Cernan, R. B. Chaffee, M. Collins, W. Cunningham, D. Eisele, T. Freeman, R. Gordon, R. L. Schweickart, D. Scott e C. Williams.

Fin da subito era stato deciso che, a far data dal 1964, sarebbero state eseguite un totale di dodici missioni che avrebbero dovuto tutte concludersi con altrettanti ammaraggi. Il lancio di prova, denominato Gemini-Titan 1 (GT-1), fu effettuato l’8 aprile 1964 e si concluse nell’oceano Atlantico. Il 27 luglio 1964 la NASA annunciò ufficialmente l’equipaggio per la missione di Gemini 4: comandante James McDivitt e pilota Edward H. White. Come astronauti di riserva furono scelti Frank Borman e James A. Lovell.

LA MISSIONE

Il lancio avvenne il 3 giugno 1965 e fu trasmesso per la prima volta in diretta via satellite in tutta Europa. Una volta in orbita, McDivitt tentò di far avvicinare la capsula Gemini al secondo stadio del razzo vettore Titan, ma il tentativo non riuscì pienamente.

Inoltre, anche l’attività extraveicolare di White venne spostata di un’orbita rispetto al programma: quando White uscì dalla capsula rimase attaccato mediante una corda di sicurezza che aveva anche agganciate sia i tubi per l’ossigeno che per il collegamento via radio. White comunque poté muoversi liberamente mediante l’uso di una pistola dotata di retrorazzi. L’astronauta rimase per circa 23 minuti all’esterno della capsula senza compiere altre attività scientifiche.

Il volo si concluse nelle acque dell’oceano Atlantico, a sessantacinque chilometri di distanza dalla zona programmata, quattro giorni dopo e con ben sessantadue orbite attorno al nostro pianeta.

IL MISTERO IN VOLO

Ma che cosa accadde durante questa missione? Secondo alcune voci dell’ufologia americana, sembra che fosse stato McDivitt a dirlo in maniera ufficiale, proprio al termine della prima giornata di volo, mentre stava osservando lo spazio esterno attraverso un piccolo oblò, allorquando avvistò una “…cylindrical shape with a white pole sticking out of one corner of it …” ovvero una “… forma cilindrica con un protuberanza a forma di palo collocata su di un angolo di essa“. Egli riuscì ad eseguire ben due fotografie di quel misterioso oggetto mentre il suo collega se ne stava tranquillamente a dormire.

Nella realtà, stando almeno alle dichiarazioni esaminate dalla NASA all’inizio degli anni ’70, ma rilasciate da McDivitt già ad agosto del 1965, le cose andarono un po’ diversamente. Ve le raccontiamo, riportando le parole esatte del documento “non classificato” e come tale da considerare ufologicamente assai interessante.

 

L DIALOGO

Il dialogo ebbe inizio dalla base di Huston, dove stavano seguendo la missione, proprio mentre la Gemini stava sorvolndo le isole Hawaii: “(Huston) Roger. How are you doing up there? (McDivitt) Fine. I just saw something else up here with me but just as I was getting close enough to it to take a picture, the sun got in the way and I lost it… Stand by and let me see if I can find this thing again... (Huston) you still looking at that thing up there? (McDivitt) No, I’ve lost it. It had big arms sticking … it, it looked like. I only had it for just a minute. I got a couple of pictures with a movie camera and one with the Husselblad; but I was in free drift and before I could get the control back drifted and lost it. (Huston) Good show.”

Ovvero, da Huston chiesero che cosa stesse facendo e McDivitt rispose che aveva appena visto qualcosa nei pressi della navetta e proprio mentre si stava avvicinando all’oblò, per fare una foto, il sole si pose di fronte (a causa della manovra della navetta) ed egli perse la vista dell’oggetto.

Chiese così a Huston di rimanere lì in ascolto, in attesa di vedere se fosse riuscito a trovare nuovamente quella cosa. E da Huston chiesero se stesse ancora vedendo quella cosa, ma McDivitt rispose che l’aveva persa di vista.

Poi passò a descriverla e disse che, nonostante l’avesse osservata per un solo minuto circa, gli era parso che avesse grandi braccia incollate. Poi li tranquillizzò dicendo di essere riuscito a prendere un paio di immagini con la telecamera ed un’immagine con la Husselblad, ma poiché la navetta stava come andando alla deriva, quasi come se fosse senza controllo, egli decise riprendere il controllo della Gemini, ma così facendo perse di vista l’oggetto metallico. Da Huston, evidentemente non sorpresi dall’accaduto, dissero che si era trattato di uno spettacolo davvero bello.

FIGURACCIA DELLA NASA

Insomma, vi sarebbero foto davvero compromettenti, come la famosissima GT4-37149-039_G04-U, mostrante un qualcosa di incredibile e di non tollerabile per la NASA, che decise così di mettere in campo tutto la propria saccenza prima provando a ricorrere alla teoria del satellite Pegasus-B, purtroppo distante oltre mille miglia nel momento del contatto, poi appoggiandosi alla teoria del riflesso solare causato dalla rotazione improvvisa della capsula Gemini 4.

Tali due assurde dichiarazioni diedero il destro a McDivitt per sentirsi offeso rispetto alle proprie conoscenze di volo: un pilota militare con la sua esperienza mai e poi mai avrebbe potuto scambiare un oggetto metallico affusolato né con il razzo Titan e né con un misero riflesso solare, che è cosa ben diversa da un oggetto metallico.

Inoltre, ad ulteriore conferma della buona fede di McDivitt, il razzo Titan II non aveva alcuna protuberanza a forma di palo, con buona pace per il sempre più triste mondo degli scettici!

Stranissimo, comunque, il non aver formulato la suddetta ipotesi, forse la sola almeno un po’ probabile: ovvero la possibile presenza, dopo poco più di mezza giornata dal distacco, del razzo Titan II suddetto: infatti, in teoria, anche senza carburante, avrebbe forse potuto “viaggiare”, seppur assai distante, da quelle parti, ovviamente mantenendo un’orbita di caduta legata sia all’assenza di carburante che alla superiore legge di gravità.

Ma si sa! Per l’asfittico mondo cicapino noi ufologi dobbiamo necessariamente essere “ignoranti” rispetto alla scienza e capire ben poco di fisica ed astrofisica.

Ennesimi, penosi e tristi momenti del libero pensiero umano, a senso unico verso una critica demolitiva dell’ufologia, come pure è indimenticabile il fatto che la NASA abbia reso pubblico, solo ad ottobre del 2013, dopo quasi mezzo secolo, uno dei due scatti ufologici di McDivitt!

Chissà mai il perché di tanto mistero!

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