Nel libro scritto da Ives Naud e pubblicato in tre volumi, in varie lingue, fra il 1977 ed il 1978, dalle edizioni Ferni di Ginevra, col titolo: “Enigmi degli UFO e degli extraterrestri” (Titolo originale: ” Les Extra-terrestres et les O.V.N.I. dans l’histoire“) si affrontò nuovamente la questione dei Dropa.Essendo stata quest’opera pubblicata nel 1977, significa che le ricerche effettuate furono posteriori a “Carri degli Dei” (1968), ma anteriori a “Sungods in Exile” (1978) e di molto anteriori a “The Chinese Roswell” (1995), opera letteraria in cui l’autore Hausdorf citò per la prima volta il fantomatico prof. Tsum Um Nui, ingenerando così una serie di dubbi atroci in tutti i ricercatori. Ma ora, finalmente, c’è una novità vera poiché nel libro di Ives Naud, pubblicato nell’edizione italiana molti anni prima (1977) si narrano fatti chiarissimi, che stanno ad indicare la buona fede di Harwig Hausdorf.Ives Naud partì dall’intervista rilasciata dal professore sovietico Alexander Kazantsev, scrittore di fantascienza, al quale fece riferimento lo stesso von Däniken, dichiarando che la storia dei Dropa l’aveva attinta pressoché tutta qui ma che, poi, lo stesso Kazantsev rigettò sostenendo che era vero tutto il contrario. Comunque siano andate le cose, Ives Naud partì da qui. In quell’intervista Kazantsev raccontò della scoperta effettuata a Bayan Kara-Ula dall’archeologo “Tschi Pu-Tei” (più avanti definito “Chi Pu-Tei“): scheletri piccolissimi, accanto a crani enormi, all’interno di camere mortuarie. Già si sapeva che lì avevano vissuto due razze, i Dropa ed i Kham, piccolissime di statura: non erano superiori ai trenta cm! Di questa vicenda ne narrano anche alcuni racconti popolari cinesi: esseri di piccola statura, bruttissimi e con una grossa testa, discesero dal cielo in tempi antichissimi e si insediarono nella zona di Bayan Kara Ula.
Gli esperti furono comunque imbarazzati dalla grandezza dei crani, perciò si formulò l’ipotesi che potessero appartenere a scimmie. Proprio per questa evidentissima incongruenza, la vicenda iniziò a prendere una brutta china e venne relegata per un po’ di tempo, fino a quando non venne ripresa dal professor Tsum Um-nui (quello definito “Tsum Um Nui” da Hausdorf). Egli, prendendo in esami i dischi di pietra perfettamente circolari e con un buco al centro, rinvenuti accanti agli scheletri, si pose la famosa domanda: “Come avranno mai potuto realizzare tutto ciò delle scimmie?“.
Il professor Kazanstev continuò la sua storia sostenendo la tesi che il professor Tsum Um-nui si fosse impegnato per un ventennio nella decifrazione delle iscrizioni riportate sui dischi di pietra ed alla fine vi fosse riuscito, rendendo poi pubbliche le sue conclusioni già nel 1963. Le parti più importanti riguardarono la struttura materiale degli stessi dischi: essa era costituita da un’alta percentuale di metallo ed era stata esposta ad altissime radiazioni elettriche.
A questo punto Ives Naud passò ad esaminare l’indagine partita nel 1938, di cui riferiamo più avanti (MISTERIOSE SCOPERTE) e narrò il contenuto delle conclusioni a cui era giunto il suddetto professor Tsum Um-nui. Avvenne, secondo l’ipotesi della traduzione, che circa dodicimila anni fa una nave spaziale con extraterrestri a bordo rimanesse vittima di un UFO crash sul nostro pianeta, sulle montagne di Bayan Kara-Ula. Qui entrarono in contatto con gli abitanti di quei luoghi (Dropa e Kham) i quali, però ebbero paura poiché gli alieni erano bruttissimi, e ne uccisero alcuni. Successivamente, però, si arrivò ad una completa integrazione con quelli che si salvarono. A questo punto, dopo aver fatto tanta luce sulla vicenda, anche il ricercatore francese ci lasciò con un punto buio: “Come avrà mai potuto decifrare una lingua sconosciuta il professor Tsum Um-nui?“. Mistero!
1995: RIVISTA “FORTEAN TIMES”
Nel 1995 lo scrittore britannico David Gamon ammise pubblicamente, sulla rivista “Fortean Times“, di aver scritto “Sungods in Exile” sotto lo pseudonimo di David Agamon, insieme a Karyl Robin-Evans, utilizzando due fonti: un articolo di una rivista russa degli anni ’60 ed la novella francese del 1973, di Daniel Piret, denominata “I dischi di Biem-Kara“.
1998: “THE CHINESE ROSWELL”
Nonostante la rivelazione di David Gamon, nel 1998 uscì una nuova pubblicazione curata da Hartwig Hausdorf ed intitolata “The Chinese Roswell”, che venne a gettare luci ed ombre su una vicenda che già aveva iniziato ad autoscreditatasi per manifesta ammissione di qualcuno che poco prima aveva contribuito ad alimentarla. Egli parlò di un tal professor Tsum Um Nui, della Beijing Academy, che sarebbe riuscito a tradurre i simboli incisi su alcuni dischi di pietra. Tsum Um Nui non è un cognome cinese, bensì misto col giapponese e sarebbe scritto anche in maniera ortograficamente scorretta. Forse, anche qui, si sarebbe creato il rapporto “scrittura-fonazione”, che avrebbe originato un ibrido di entrambi i casi. Ovviamente non si inventò nulla di nuovo poiché la notizia era già vecchia di parecchi anni.
MISTERIOSE SCOPERTE
Nel 1938 era accaduto che una spedizione di archeologi cinesi, guidata dal prof. Chi Pu-Tei, dell’Università di Pechino, condusse l’esplorazione di alcune caverne, fra loro comunicanti, nell’area di Bayan Kara-Ula, nel Qinghai, facendo quattro scoperte importantissime: innanzitutto scheletri di piccoli esseri con un cranio piuttosto ampio, poi disegni graffiti di esseri antropomorfi indossanti sul capo una specie di casco rotondeggiante, quindi altri disegni graffiti rappresentanti il Sole, la Luna, la Terra ed alcune stelle raggruppate. Infine, ben settecentosedici dischi di pietra di circa 23 cm di diametro (Dropas’ Stones), forati al centro per circa 2 cm e spessi circa altrettanto. Erano tutti la fotocopia l’uno dell’altro: un bordo apparentemente dentellato e delle scanalature che si sviluppavano a spirale, dal centro verso l’esterno, per cui fu giocoforza dedurne che avrebbe potuto anche rassomigliare ai dischi dei grammofoni.
Da questo momento in poi la storia delle pietre iniziò ad avvolgersi nel mistero poiché esse, dopo essere state trasportate a Pechino, vennero certamente analizzate da diverse persone, ma nessuna sarebbe mai riuscita a carpirne anche solo minimamente i contenuti ed i significati che essi nascondevano.
Poi, grazie al professor Tsum Um Nui, che ne avrebbe compreso il codice usato, si sarebbe riusciti a dare una traduzione attendibile: un messaggio dalle stelle. Se tutto fosse vero, saremmo di fronte ad una prova inoppugnabile dell’esistenza di altri popoli delle stelle che, in epoche remotissime, avrebbero visitato il nostro pianeta.
GAME OVER?
La vicenda, giunta a questo punto, vide la discesa in campo (fonte Ives Naud, 1977) del Dipartimento di Preistoria dell’Accademia di Pechino, che avrebbe proibito la divulgazione della scoperta e si sarebbe addirittura rifiutato di pubblicarla. Le analisi sarebbe andate comunque avanti e si sarebbe scoperto che quei dischi erano probabilmente di origine artificiale, ovvero creati dall’uomo. Poi, in riferimento all’ipotesi “Dischi per grammofono”, dopo essere stati posti su di una piattaforma girevole, sembra avessero generato (Fatto ovviamente inevitabile! NdR) sonorità tali da far pensare ad un circuito elettrico.
Ora, che cosa è rimasto di vero in tale vicenda oltre ai quattro libri suddetti? Come in ogni triller che si rispetti, dei dischi originari di cui si parla (foto apertura articolo) non sembra rimasto più nulla, ma proprio nel “Museo Banpo” di Xiam, quello per intenderci dove nel 1974 si sarebbe recato l’ingegnere austriaco Ernst Wegerer ed avrebbe fotografato i dischi della foto allegata al presente articolo, oggi appunto non più rinvenibile, è ora esposto in bella mostra un disco di pietra assai simile a quelli afferibili al popolo Dropa. Ma quando, vent’anni dopo, vi si sarebbe recato anche il controverso Hausdorf già non vi era più nulla in quel museo. Perciò egli chiese spiegazioni al direttore, mostrandogli le foto eseguite nel 1974. Così seppe che il direttore del tempo sarebbe stato costretto a dimettersi mentre in un edificio attiguo al museo vi era ancora conservata una copia, ingrandita però rispetto all’oroginale, delle pietre Dropa. Tutto ciò sarebbe accaduto per ordini ben precisi calati dall’alto e a coloro che si fossero interessati alla vicenda vi era l’obbligo di rispondere che si era trattato di una colossale burla.
Di certo, comunque, delle antiche genti discendenti dei Dropa, quelle per intenderci che furono descritte nei vecchi racconto popolari cinesi come non più alti di trenta cm e nelle vecchie cronache con altezze degli adulti che variavano dai 63 cm ai 150 cm, oggigiorno non vi è più alcunché di rintracciabile.
Gli attuali Drokpa, che abitano da nomadi gli altopiani tibetani del Kham, sono l’esatto opposto: ovvero alti e longilinei.
E ora, per finire, la vera ciliegina amara per noi ufologi. La storia originale venne narrata dalla rivista tedesca “Das Vegetarische Universum“, che la pubblicò nel 1962 ma, essa risalirebbe ad un articolo scritto da V. Ritch e M. Chernenko, poi pubblicato sulla rivista “Новое Русское Слово” nel 1960 col titolo “Erano visitatori alieni sulla Terra?“. Purtroppo, nessuna delle persone menzionate nella vicenda sarebbe mai esistita, per cui la conclusione la tragga il lettore che, se avesse altro tempo per indagare, a questo l’indirizzo lo consiglierei di andare: https://badarchaeology.wordpress.com/2010/02/07/more-alien-nonsense-the-lolladoff-plate/.