UFO inganni: sonde, aerostati e dirigibili

Ala40Per meglio comprendere il “fenomeno UFO” non è certo sufficiente sapere che qualcuno, in un dato anno di un’epoca remota e in un dato luogo della Terra, abbia dichiarato di aver visto delle cose strane, che si libravano nell’aria imitando il volo degli uccelli o rimanevano perfettamente sospese nel vuoto o procedevano a velocità folli o si cimentavano in incredibili manovre al di sopra delle acque di fiumi, di laghi e di mari, nell’intento di entravi o di uscirvi.
Quegli strani velivoli spaziali osservati rassomigliavano perlopiù a luci, sfere, dischi e sigari ma mostravano spesso anche altre forme geometriche, difficilmente definibili tanta era la complessità delle geometrie scelte per costruirle. Si presentavano sia in tonalità monocromatiche che policromatiche, mostravano variazioni di intensità luminosa, si espandevano e si contraevano sia nel silenzio più assoluto che con rumori simili a sibili, seguivano moti rettilinei o vorticose manovre zigzaganti, lasciandosi dietro fuoco, fiamme, fumo, scie di calore o cadute di sostanze filamentose.
L’apprendere di un avvistamento di uno strano oggetto volante è assai importante per poter ricostruire la storia di un avvenimento di presunta natura “extraterrestre” ma è anche altrettanto importante sapere quante e quali cose potevano volare in un dato periodo, lassù fra le nuvole o entrare ed uscire dalle acque.
In questo articolo affrontiamo il tema degli aerostati, dei palloni sonda e dei dirigibili poiché essi sono stati creati dall’uomo e ci volano sopra la testa da oltre due secoli. Chissà quante volte si è gridato alla meraviglia al passaggio di oggetti volanti di cui non si conosceva né l’esistenza né la natura. E chissà quante volte ancora, al giorno d’oggi, qualcuno griderà all’UFO mentre, in realtà, sta passando un modello di dirigibile russo di cui pochissimi conoscono l’esistenza, come i russi “Ala 40” e “Ala 600”: quest’ultimo, tra l’altro, costruito a fotocopia esatta di un enorme disco volante di 200 metri di diametro!

Gli aerostati

Francesco-Lana-de-Terzi- nave-volanteDetti anche “palloni aerostatici“, volano dal 1783 e sono costituiti da una grande sacca (seta o gomma o materiale non poroso) che si può riempire di aria calda o di idrogeno, un gas leggerissimo, pesante quasi 15 volte meno dell’aria ma infiammabile, o di elio, un gas pesante il doppio rispetto all’idrogeno e quindi con una spinta ascensionale inferiore ma anche con una non indifferente qualità: l’assoluta incombustibilità.

La storia degli aerostati, almeno quella teorica, ha inizio in Lombardia, nel 1670, allorquando il gesuita bresciano Francesco Lana de’ Terzi fa stampare il libro intitolato “Prodomo”, contenente un capitolo intitolato “Saggio di alcune invenzioni nuove premesso all’arte maestra” nel quale è riportata la descrizione di una nave volante, un vascello più leggero dell’aria da lui immaginato nel 1663 sviluppando un’idea suggerita dagli esperimenti di Otto von Guerike con gli emisferi di Magdeburgo.
Il progetto del Terzi prevedeva di “fabricare una nave, che camini sostenata sopra l’aria a remi, & a veli”, cioè un mezzo volante che avrebbe dovuto essere sollevato per mezzo di quattro sfere di rame, dalle quali si sarebbe preventivamente dovuto estrarre tutta l’aria. La chiglia avrebbe dovuto essere appesa a quattro sfere di rame, del diametro di circa sette metri e mezzo, mentre all’unico albero maestro avrebbe dovuto essere attaccata una vela. Per il gesuita-inventore se nelle sfere fosse stato fatto il vuoto esse avrebbero dovuto diventare assai più leggere dell’aria e offrire la spinta ascensionale necessaria al sollevamento del mezzo con tutti i suoi passeggeri. Ovviamente, si trattò di un progetto irrealizzabile per due motivi: innanzitutto perché la pressione dell’aria avrebbe provocato l’implosione delle sfere e poi perché per avere sfere abbastanza resistenti avrebbero dovuto avere un peso superiore alla spinta fornita.

La storia degli aerostati ha inizio nella Francia del 1783, ad Annonay e porta la firma dei fratelli Montgolfier: Joseph-Michel (1740-1810) e Jacques-Etienne (1745-1799), facoltosi fabbricanti di carta. Essi, il 5 giugno 1783, utilizzando il Principio di Archimede (“Un corpo immerso in un fluido subisce una spinta verso l’alto pari al peso del fluido spostato dal corpo stesso” ovvero può salire verso l’alto fino a quando il suo peso è uguale al peso dell’aria spostata) fecero salire verso il cielo un pallone riempito di aria calda.
Lo stesso anno si ebbero altri due esperimenti felicemente riusciti: nel primo, utilizzando come forza ascensionale l’idrogeno, Jacques A. C. Charles fece compiere ad un aerostato un volo di quasi 45 chilometri; nel secondo Jean F. P. de Rozier riuscì a far volare alcune persone al di sopra di Parigi, a bordo di un pallone prima frenato al suolo da una lunga corda e poi lasciato libero dopo averlo ben zavorrato. Nel 1784 i successi degli aerostati si spostarono in Gran Bretagna. Nel 1785 vi fu la prima traversata della Manica (Blanchard-Jeffries) mentre la prima ascensione ufficiale negli USA si ebbe solo il 9 gennaio 1793, a Filadelfia.
Dunque, non era ancora giunto l’anno 1800 che da quasi vent’anni qualcuno volava fra le nuvole e ben pochi erano a conoscenza della notizia. Negli anni successivi gli aerostati vennero impiegati principalmente per compiere osservazioni dagli eserciti in lotta fra di loro ma anche per compiere vere e proprie gare di distanza e di durata in volo e quindi si sviluppò in tutto il mondo la conoscenza del loro operare… fra le nuvole.
Dal punto di vista degli avvistamenti di presunta natura ufologica può risultare assai interessante il sapere che nel 1931 lo svizzero Auguste Piccard effettuò un’ascensione fino alla stratosfera utilizzando una “cabina di metallo sferica“, appesa ad un pallone riempito di idrogeno, che la trasportò fino all’incredibile altezza di oltre 15.000 metri. Sapendo che ad una quota di 10.000 metri un aereo si mostra grande come circa mezzo centimetro quadrato, quale sarà mai stato l’effetto di coloro che hanno visto i bagliori di una sfera metallica che volava così in alto?
Nel 1957 David Simons, un medico militare dell’USAF, si spinse fino alla quota di 30 km, rimanendo in volo per quasi una giornata e mezza durante la quale compì un tragitto di ben 650 km. Anche in questo caso che cosa sarà mai avvenuto tra i probabili spettatori completamente all’oscuro dell’esperimento? A quelle altitudini ciò che si può vedere è solamente la capocchia di uno spillo… ben che vada.

I palloni sonda

Palloni sondaQuesto particolare tipo di aerostati trova impiego nelle rilevazioni meteorologiche. Si utilizzano palloni in gomma, in neoprene, in plastica oppure in materiali difficilmente estensibili per i quali è prevista una pressurizzazione del gas interno, tale per cui essi possano lavorare tranquillamente contando sul fatto che la pressione interna non può variare in funzione della variabile “calore del Sole”. Essi hanno vari compiti ma i principali rimangono quelli riferiti ai rilevamenti dei venti, delle temperature e delle diverse pressioni atmosferiche. Si ha notizia del raggiungimento della quota di 50 km, avvenuta nel 1972 a Chico, in California.

I primi dirigibili

hindenburgzAgli albori della loro storia, il dirigibile venivano comunemente definito col termine di “aeronave“. I primi dirigibili erano costituiti da una struttura coperta da un involucro che conteneva del gas necessario al sostentamento, era dotato di un dispositivo di propulsione e di vari dispositivi per regolare la spinta aerostatica. Questo aeromobile ebbe un grande sviluppo ma con fortune assai alterne. Sostanzialmente sono state costruite tre tipologie di dirigibili: rigidi, semirigidi e flosci.

I dirigibili flosci furono quelli che aprirono la strada a questo tipo di velivolo: ancora una volta la Francia arrivò prima e nel 1852 Henri Giffard costruì riuscì a far volare sopra Parigi un sigaro lungo 44 metri, sospinto da un motore a vapore che azionava un’elica che spingeva il dirigibile alla velocità di circa 10 km/h; naturalmente, essendo nella fase sperimentale, ancora non si erano affrontate le questioni del vento e del controllo totale del mezzo. Per avere un dirigibile in grado di decollare, partire e far ritorno al punto esatto da cui era partito si è dovuto attendere ben 32 anni: nel 1884 il dirigibile “La France”, di Charles Renard e Arthur Krebs raggiunse lo scopo adottando un motore elettrico al posto di quello a vapore. Questo tipo di velivolo dalla struttura floscia, avendo la capacità di rimanere in volo per parecchio tempo e, addirittura, fermo su di un dato obiettivo per tempi assai lunghi, si rivelò particolarmente utile per scopi militari in quanto consentiva di svolgere servizi di pattugliamento delle coste sia per scortare i convogli sia per individuare i pericoli creati dalle mine galleggianti e dai sommergibili nemici.

I dirigibili semirigidi furono, forse, i più sfortunati della serie e, in modo particolare, lo furono per noi italiani. All’inizio del secolo scorso, l’ing. Gaetano Arturo Crocco costruì il primo dirigibile italiano semirigido e lo collaudò nel 1908. La Francia era però la regina indiscussa e alla vigilia della I guerra mondiale disponeva di una vera e propria flotta di dirigibili semirigidi. In Italia, alcuni anni dopo venne progettato e costruito il dirigibile semirigido “Norge” dall’ing. aeronautico Umberto Nobile: il 12 maggio 1926 questo aeromobile, dopo essere stato trasportato nelle Isole Spitsbergen (Norvegia), sorvolò il Polo Nord e andò ad atterrare a Teller, in Alaska, dove poi venne demolito. Due anni dopo Nobile progettò e costruì il dirigibile semirigido “Italia”, a fotocopia del Norge, con l’intento di esplorare il Polo Nord: vi giunse il 24 maggio ma il giorno seguente, all’inizio del viaggio di ritorno scoppiò una terribile bufera che causo la morte di ben 8 persone. Questo tipo di dirigibili non riuscì ad avere sbocchi commerciali poiché i motori di allora non erano adeguati al tipo di struttura.

Furono dunque i dirigibili rigidi quelli che ebbero il maggior successo. Il conte Ferdinand von Zeppelin (1838-1917), ingegnere tedesco e inventore, il 2 luglio 1900, nella località tedesca di Friedrichshafen (Lago di Costanza), riuscì a compiere il passaggio definitivo dal semirigido al rigido e costruì il primo esemplare che divenne un autentico modello da imitare negli anni a venire. Nonostante fosse una rielaborazione di un progetto semirigido esso divenne innovativo perché era praticamente un dirigibile nel dirigibile: una struttura metallica conteneva al suo interno una serie di compartimenti riempiti di idrogeno e, a sua volta, era contenuta in un rivestimento di tessuto. Questo primo modello “Zeppelin”, costruito in realtà già nel 1895, aveva una larghezza massima di 12 m ed era lungo 128 metri; era azionato da due motori a doppia elica, con timoni direzionali a poppa e a prua, poteva trasportare 5 persone e viaggiare ad una quota di 400 metri.

Dal punto di vista degli avvistamenti di natura ufologica, avvenuti nel passato, la “forma a dirigibile“, rappresenta qualcosa di qualitativamente superiore alla “cabina di metallo sferica” dell’aerostato. Anche se il dirigibile vola ad una quota enormemente più bassa, chissà quante persone ignare avrà tratto in inganno!

Nel 1910 iniziò un loro uso commerciale e nel 1918 si contarono ben 67 Zeppelin che, però, andarono quasi tutti distrutti durante il conflitto. Dai cieli dell’Europa centrale i dirigibili rigidi iniziarono ad essere visti anche in quelli dell’Europa del Nord allorquando la Gran Bretagna (“R 34” e “East Fortune”) ne iniziò la produzione in serie nel 1919. Tuttavia, già nel 1923 questi velivoli iniziarono ad essere costruiti anche negli Stati Uniti e potevano contenere fino a 30 passeggeri mentre la lunghezza rimaneva costantemente attorno ai 200 metri. Purtroppo, nonostante fossero già allora riempiti di elio, un gas non infiammabile, questi velivoli avevano un grandissimo nemico nel maltempo il quale produsse danni e tragedie enormi.

Infine si giunse al 6 maggio 1937 che segnò praticamente la fine dei dirigibili rigidi in seguito alla tragedia del più grande dirigibile mai costruito: l’Hindenburg andò a fuoco a Lakehurst, nel New Jersey, a causa di una scarica elettrostatica che incendiò la copertura. Nell’immane rogo che lo distrusse perirono ben 36 persone delle oltre 90 che stava trasportando. Furono però i progressi in campo aeronautico, collegati ai paralleli progressi dell’avionica, a decretare il sorpasso definitivo dell’aereo sull’aerostato e sul dirigibile.

I moderni dirigibili

I moderni dirigibili sfruttano tutte le nuove conoscenze, utilizzano materiali compositi e fanno grande uso dell’avionica. Essi, però, stanno abbandonando le forme classiche e per noi ufologi sono un vero guaio. Oltre la Cortina di Ferro fanno volare già da diversi anni il mitico “Ala 40” (Vedi foto all’inizio dell’articolo) che è un vero e proprio disco volante. E da qualche anno vola anche il prototipo del fratello maggiore del “40”, ovvero “Ala 600”: un disco volante di 200 metri di diametro per 80 di altezza che però non è ancora riuscito a superare il problema dei problemi dei dirigibili: le condizioni meteorologiche le quali possono trasformare queste immense superfici in autentiche vele alla deriva. Inoltre, il gas adoperato per tenerli in quota (elio) impedisce di dare spinta ascensionale continuativa e l’altezza di 6.000 metri è praticamente la massima raggiungibile. A tal proposito, e prettamente a fini di segnalazioni di presunta natura ufologica, si tenga presente che gli aerei di linea volano fra gli 8.000 ed i 13.500 metri di quota.