Capelli d’angelo: nuovi studi

voghiera-21ottobre2010-capellidangeloIn conseguenza dell’ennesima caduta di filamenti dal cielo, avvenuta il 21 ottobre 2010 a Vigarano Mainarda (FE), un piccolo comune di circa settemilacinquecento abitanti, direttamente confinante con una delle più importanti basi dell’Aeronautica Militare Italiana, situata a Poggio Renatico, sede sia del Comando Operativo Forze Aeree (COFA) e del Combined Air Operations Center 5 (CAOC 5) della Nato, abbiamo deciso di fare un po’ di chiarezza, attraverso gli studi fatti da varie persone, sia sulla composizione di questa sostanza che ci cade sovente sulle teste, sia sulle possibili spiegazioni che fino ad ora si sono postulate.

Che cos’è il COFA?

Innanzitutto cerchiamo di capire che cosa vuol dire trovarsi confinanti con un’area militare di questo tipo. In origine, il COFA aveva sede presso l’aeroporto di Vicenza, dove era stato costituito il primo gennaio 1998 con il compito di pianificare e coordinare le operazioni aeree militari, svolgendo così un ruolo chiave di vero e proprio “potere aereo”. Si deve altresì sapere che la struttura organizzativa della nostra Aeronautica è costituita di tre livelli (centrale, intermedio e periferico) e di quattro comandi di vertice, conosciuti anche come “Alti comandi”, ovvero: Comando squadra aerea, Comando logistico, Comando scuole e, infine, il suddetto Comando operativo forze aeree, tutti direttamente dipendenti dal Capo di stato Maggiore dell’Aeronautica.

In quest’ottica, il COFA ha davvero un ruolo importante nella gestione di ogni tipo di manovre aeree e se un UFO dovesse passare sugli italici cieli e venisse intercettato da un radar di una qualsiasi struttura di controllo del traffico civile o militare oppure direttamente da un velivolo militare, quaggiù lo saprebbero immediatamente.

Attraverso questo COFA dunque, comandato ovviamente da un vero e proprio generale di squadra aerea, il Comandante generale delle nostre forze aeree dirige ogni genere di operazioni nel modo che ritiene più opportuno ma, chiaramente, nel rispetto del mandato che gli viene assegnato per conseguire gli obiettivi legati alle esercitazioni e alle operazioni reali, comprese quelle di ricerca, di soccorso e di trasporto aereo.
Inoltre, il COFA di Poggio Renatico è ritenuto “unico punto nodale” in grado di quantificare la reale capacità operativa della nostra aeronautica; ciò significa che quaggiù vi è la vera e propria “sede d’esame” di ogni missione aerea in quanto viene verificata la reale capacità di condurre, sostenere e concludere al meglio un’ipotetica missione-X assegnata. Insomma, tutto quanto attiene le ordinarie e le straordinarie manovre aeree delle nostre forze militari passa da qui, fra Poggio Renatico e Vigarano Mainarda.

Che cos’è il CAOC 5?

Se si tiene poi presente la reale portata della sigla CAOC 5, che apre occhi ed orecchie anche su scenari europei, in quanto il suddetto organismo altri non è che “il centro di comando e controllo di tutte le operazioni aeree NATO per l’Italia, la Slovenia e l’Ungheria”, c’è di che stare davvero freschi nel caso dovesse scoppiare una guerra: saremmo al posto numero uno tra gli obiettivi da eliminare con una testata atomica, che non è proprio il massimo della felicità. Credo che, dalle nostre parti, pochissime persone abbiano compreso appieno cosa significhi avere una base di questo tipo a casa nostra! I politici ci parlano di popolazione che aumenta a vista d’occhio, di militari stranieri che arrivano da varie parti, di mercati edilizi che si aprono per dare una risposta all’immigrazione militare, mostrandosi il lato spendibile della questione e non preoccupandosi della polveriera che abbiamo dietro casa.

Tanti filamenti bianchi dal cielo

E quaggiù, a Vigarano Mainarda, dove vantiamo anche un piccolo credito annuale, in euro, nei confronti dell’Aeronautica militare italiana, per la concessione in uso di alcuni terreni posti sull’area di confine con Poggio Renatico, in questi ultimi anni è caduta davvero tanta sostanza filamentosa che noi ufologi amiamo chiamare con tanti nomi, i più noti dei quali sono “Bambagia silicea“, “Capelli d’angelo“, “Cheveux d’ange“, “Fils de la Vierge“, “Fibralvinas” e perfino “Baba satanica” a testimonianza che praticamente non esiste zona della Terra dove non siano caduti.
Filamenti_05_novembre_2008_BondenoL’abbiamo raccolta, fotografata e filmata. Noi ufologi l’abbiamo anche analizzata scientificamente, grazie al dott. Giorgio Pattera, che non è solo il coordinatore dell’Emilia per il Centro ufologico nazionale ma è anche il responsabile delle analisi per la Commissione scientifica nazionale del Cun. Egli, in seguito alle cadute di filamenti avvenute in varie zone d’Italia tra il 5 e l’8 novembre 2008, ha compiuto analisi complete sui vari campioni di filamenti che gli sono pervenuti ed ha poi reso pubblici i risultati attraverso conferenze ed articoli specifici. Dopo aver messo in evidenza che cosa era contenuto all’interno dei campioni esaminati si è anche spinto oltre ed ha postulato alcune ipotesi sulla possibile origine di tale misteriosa sostanza.

Le analisi del CUN

(Estratto e sintesi della relazione ufficiale) – … I “polimeri di ricaduta” esaminati non sono sicuramente la produzione delle ghiandole sericigene dei cosiddetti “ragni d’alta quota”… non sono assimilabili ai filamenti di “bambagia silicea” caduti in concomitanza col passaggio a bassa quota di O.V.N.I., su Oloron nel 1952 e su Firenze nel 1954. In quest’ultimo caso, grazie all’intraprendente solerzia di uno studente, allora laureando in Ingegneria, si è potuta eseguire l’analisi chimica dei filamenti presso l’Istituto di Chimica analitica dell’Università di Firenze. Il referto analitico conclude lapidariamente: “Sostanza a struttura macromolecolare, contenente boro, silicio, calcio e magnesio. In linea puramente ipotetica, potrebbe trattarsi di vetro borosilicico. Firmato: il Direttore, Prof. G. Canneri”.

Le ipotesi

Dopo aver eseguito diverse analisi (prove di combustione, misurazione pH, prove di solubilità, saggi coi reattivi di Loewe e Schweitzer etc.), tali filamenti parrebbero presentare alcuni comportamenti simili alla seta. In relazione a quanto scoperto sono state dunque formulate le tre ipotesi di seguito descritte.
Ipotesi 1 – I filamenti analizzati sarebbero da collegarsi … al sorvolo delle località interessate per opera di oggetti volanti non identificati, così come riferito da numerosi testimoni; si tratta di una situazione simile a quelle suddette con la differenza consistente nel tipo di sostanza caduta al suolo: borosilicato contro polimeri organici.
Ipotesi 2 I filamenti analizzati sarebbero un sottoprodotto di modificazioni climatiche, al fine di prevenire la formazione di eventi atmosferici turbolenti come, ad esempio: gli uragani, le precipitazioni intense e le trombe d’aria … Tale presunto progetto di modificazioni climatiche verrebbe messo in atto mediante il rilascio in atmosfera, per mezzo di aeromobili …, di particolari elementi (bario, ioduro d’argento etc.) in grado di influire sul clima, impedendo o favorendo la formazione di nubi e le relative piogge.
Ipotesi 3 – I filamenti analizzati sarebbero il risultato di un processo di polimerizzazione di sostanze organiche (bio-polimeri di sintesi), realizzato artificialmente ed impiegato come supporto di altri componenti, allo scopo di diffondere nell’atmosfera un aerosol, atto a potenziare ed estendere, nello spazio e nel tempo, la riflessione delle onde elettromagnetiche (radar, comunicazioni radio, trasmissioni satellitari), per scopi militari .

L’ipotesi più plausibile secondo Pattera

La terza ipotesi sarebbe quella più plausibile, dato che una delle proprietà della seta è quella di fissare con facilità sali di alluminio, ferro e stagno, con formazione di sali basici insolubili. Ovvero, tali polimeri bio-sintetici fungerebbero da adiuvanti nella nebulizzazione aerea di composti metallici non meglio rilevabili, comportandosi come i sistemi di diffusione dei semi da parte del vento, usati da alcune essenze vegetali (tarassaco, tiglio etc.).

Altre riflessioni del dott. Pattera

Purtroppo, essendo tali filamenti di origine “non naturale”, i saggi scientifici convenzionali possono non essere adeguati ma questa è una ulteriore prova dell’eccentricità del fenomeno. I biopolimeri sono un metodo piuttosto efficace nell’interfacciare componenti artificiali con substrati o targets naturali (viventi). Questo potrebbe essere uno dei motivi per cui tali polimeri assomigliano alla seta, un materiale biocompatibile ed impiegato non solo per il vestiario ma anche in altri ambiti, come quello biotecnologico, ad esempio.

Le analisi del CICAP del Piemonte

(Estratto e sintesi della relazione ufficiale) – Le altre analisi ufficiali conosciute sono state eseguite da Davide Vione, dottorando presso il Dipartimento di Chimica Analitica dell’Università di Torino, su presunto materiale alieno caduto a Vercelli nel 1999 e nel 2000 nella stessa località e ad Alessandria. Il materiale gli è stato consegnato da Matteo Leone, socio del CISU, corredato dal rapporto relativo al rinvenimento della sostanza, affinché eseguisse analisi volte a chiarire, per quanto possibile, la natura del campione. Il futuro dott. Vione è stato anche l’autore de “La ricerca della vita extraterrestre”, per i tipi de “la Voce Scettica, luglio 2000.
Per Vione, col termine “Capelli d’angelo” si indicano quei filamenti bianchi che sono stati osservati cadere al suolo durante alcuni avvistamenti di Ufo. Tra le ipotesi sulla loro origine vi sono le seguenti:
A) si tratta di fili di ragnatela prodotti da ragni migratori come, ad esempio, quelli della famiglia “Linyphilidae”;
B) si tratta di lana di pioppo;
C) si tratta di rayon, una fibra tessile artificiale prodotta dagli scarichi di industrie ed emessa in atmosfera in maniera accidentale come, ad esempio, in seguito ad uno scoppio.

Metodologia di analisi

La metodologia adottata prevede una serie di test di dissoluzione con diversi reattivi, allo scopo di identificare la natura del campione per confronto del suo comportamento con quello, noto, di altri materiali. Tale procedura permette di verificare le ipotesi preliminari che sono state formulate. Qui di seguito è riportata la procedura dettagliata per la preparazione di uno dei reattivi, specifico per la seta, in quanto tale preparazione richiede particolare attenzione. Ho ritenuto opportuno inserirla in quanto tale test, eseguibile anche sul campo, permette velocemente di verificare la prima ipotesi. Si tratta della preparazione del reattivo di Loewe, che è appunto un test di dissoluzione specifico per la seta. Data una sostanza incognita, se essa è insolubile nel reattivo di Loewe si può concludere che non si tratta di seta; nel caso, invece, che la sostanza sia solubile, vi sono buone probabilità che si tratti di seta, ma è consigliabile fare altre prove di controllo.
La tela di ragno, molto simile alla seta, è solubile nel reattivo di Loewe. Va notato che le ragnatele che si possono trovare in casa sono generalmente ricoperte da uno strato di polvere, tanto che di solito appaiono nerastre (la tela di ragno pulita è bianca). Il reattivo di Loewe scioglie la ragnatela ma non lo sporco che la ricopre, per cui non ci si può aspettare la dissoluzione completa di un campione sporco. Le stesse considerazione vanno fatte per i campioni di capelli d’angelo, assicurandosi che non sia presente materiale estraneo.

Conclusioni di Davide Vione

Relativamente al campione esaminato, si può dunque concludere che non si tratta di tela di ragno, non si tratta di cellulosa o di materiali simili alla cellulosa (il che esclude la possibilità che si tratti di lana di pioppo o di rayon). Che dire, dunque, a questo punto viste le analisi effettuate da tre istituti diversi e in tempi diversi? Come s’è visto, nel 1954 ha iniziato l’Istituto di Chimica analitica dell’Università di Firenze, a quel tempo diretto dal Prof. G. Canneri il quale ebbe a dichiarare che si trattava di “Sostanza a struttura macromolecolare, contenente boro, silicio, calcio e magnesio. In linea puramente ipotetica, potrebbe trattarsi di vetro borosilicico“.

La vicenda è poi proseguita nel 2000 con le analisi condotte da Davide Vione, dottorando presso il Dipartimento di Chimica Analitica dell’Università di Torino, su incarico di un socio del CISU, sui filamenti caduti dal cielo in quell’anno e nell’anno precedente; esse hanno ufficializzato che “non si tratta di tela di ragno, non si tratta di cellulosa o di materiali simili alla cellulosa (il che esclude la possibilità che si tratti di lana di pioppo o di rayon)”.

Infine, si è giunti alle analisi del 2008, condotte dal dott. Giorgio Pattera, biologo, per conto del CUN. Le scoperte sui numerosi campioni raccolti in quell’anno in tantissime località italiane lo hanno portato a dichiarare che cosa non sono quelle sostanze filamentose bianche che cadono dal cielo e si è così saputo che:
a) si tratta di “polimeri di ricaduta”, una sostanza “non attribuibile alla produzione delle ghiandole sericigene dei cosiddetti ragni d’alta quota”, proprio come era stato ipotizzato dalle precedenti analisi di Davide Vione;
b) non si tratta nemmeno di “bambagia silicea”, la cui struttura molecolare non è assimilabile ai filamenti di questi polimeri di ricaduta.

Le varie ipotesi

A questo punto, poiché le analisi aveva permesso di comprendere che non si trattava né di bambagia silicea né della ragnatela prodotta dalle filiere dei ragni, cioè da quei particolari apparati situati alle estremità del loro addome, in grado di secernere il caratteristico filo, il dott. Pattera, sulla base di diversi esami come, ad esempio, le prove di combustione, la misurazione del pH, le prove di solubilità, i diversi saggi coi reattivi di Loewe e Schweitzer, ha ritenuto corretto formulare semplicemente alcune ipotesi, e prendere posizione in maniera più marcata su una di esse, partendo dal presupposto che tali filamenti presentavano alcuni comportamenti assai simili a quelli della seta. Vediamole brevemente.

01- Ipotesi ufologica
La sostanza potrebbe essere collegata al passaggio di oggetti volanti non identificati ma viene rilevato che mentre nel 1954 eravamo di fronte a vetro borosilicico ora, nel 2008, si aveva tra le mani del polimero organico, ovvero sostanze davvero diverse fra loro per cui, a nostro avviso (CUN Ferrara), tale ipotesi ne uscirebbe enormemente sminuita. A tal proposito, escludiamo a priori le assurde conclusioni di chi vorrebbe che a Firenze, nel 1954, non fossero transitati Ufo, con buona pace delle decine di migliaia di toscani che a quel tempo li osservarono bene col binocolo, descrivendoli di forme e di colori vari e diversissimi fra di loro, ma solo aerei, probabilmente militari, che avrebbero scaricato al suolo il famoso “chaff”, ovvero una fibra di vetro ed alluminio utile per ingannare presunti radar militari fiorentini localizzati chissà dove e chissà mai perché.

02- Ipotesi artificiale
La sostanza potrebbe essere un sottoprodotto collegato ad un possibile progetto di modificazioni climatiche, indotte da qualche nazione al fine di prevenire la formazione di eventi atmosferici turbolenti (uragani, precipitazioni intense, trombe d’aria, ecc.) e messo in atto per mezzo di aeromobili militari mediante il rilascio in atmosfera di elementi come bario e ioduro d’argento, in grado di influire sul clima, impedendo o favorendo appunto la formazione di nubi e delle relative piogge.

03- Ipotesi militare
La sostanza potrebbe essere il risultato di un processo di polimerizzazione di sostanze organiche (bio-polimeri di sintesi), realizzato artificialmente ed impiegato come supporto di altri componenti, allo scopo di diffondere nell’atmosfera un aerosol, atto a potenziare ed estendere, nello spazio e nel tempo, la riflessione delle onde elettromagnetiche (radar, comunicazioni radio, trasmissioni satellitari), per scopi militari. Ora, poiché una proprietà della seta è quella di fissare con facilità sali di alluminio, ferro e stagno, con formazione di sali basici insolubili, secondo il dott. Giorgio Pattera quest’ultima ipotesi sarebbe quella più plausibile, dato che tali bio-polimeri di sintesi fungerebbero da adiuvanti nella nebulizzazione aerea di composti metallici non meglio rilevabili.

Secondo noi

Chiariamo subito che qui a Ferrara, nonostante gli oltre trenta iscritti del Centro ufologico ferrarese e le decine e decine di simpatizzanti che ci seguono con interesse e passione, sia in rete che durante le nostre conferenze, siamo davvero in pochi a lavorare veramente a tempo pieno nel campo ufologico. E nonostante le nostre specifiche esperienze non abbiamo titoli per esprimerci riguardo a questi misteriosi filamenti bianchi che scendono con regolarità impressionante dal cielo.

Chiarito ciò, osserviamo che le indagini hanno ampiamente dimostrato una cosa: nella stragrande maggioranza dei casi, la sostanza caduta dal cielo non ha nulla a che vedere con i ragni, ovvero con i filamenti prodotti dalle loro ghiandole sericigene o ghiandole filatrici e utilizzati per realizzare la ragnatela, con buona e definitiva pace per i sempre più rari cicapini d’Italia, quasi tutti aderenti al CISU.

Queste ghiandole si trovano sull’addome degli animaletti, in numero da due a quattro, e si chiamano filiere. In ogni filiera vi sono ghiandole simili a tubicini, le ghiandole sericigene o filatrici, appunto, che producono il sottilissimo e resistente filamento di seta liquida il quale, a contatto dell’aria, si solidifica immediatamente ma mantiene un elevatissimo grado di elasticità.
All’inizio, tale filamento risulta composto da una proteina simile a quella della seta prodotta anche da altri insetti ma, una volta venutosi a solidificare per l’azione di contatto con l’aria, cambia la propria struttura interna e diventa simile ad altri materiali biologici come cellulosa e collagene.

Infine, ci preme sottolineare che i ragni producono i loro filamenti di seta, oltreché per la costruzione della famosa ragnatela, anche per: afferrare le prede, costruirsi la tana, difendere le uova dai nemici e per costruire vere e proprie corde alla maniera di Tarzan, così da muoversi liberamente negli ambienti loro assegnati dalla Natura.

Ed è proprio nell’ottica di questo ultimo punto che desideriamo osservare come già Charles Darwin (1809-1882) abbia scritto nel suo diario di viaggio quinquennale, a borgo del brigantino Beagle, della regia marina militare inglese, il resoconto intitolato “The Voyage of the Beagle“, questa importantissima osservazione: ” … in the morning, the air was full of patches of the flocculent web … The ship was sixty miles distant from the land … Vast numbers of a small spiderwere attached to the web. There must have been, I should suppose, some thousands on the ship … The little aeronaut as soon as it arrived on the board was very active …”.

Ovvero, egli osservò che nel mattino l’aria era piena di ragnatele a fiocchi; la nave si trovava a sessanta miglia dalla costa ed un gran numero di piccoli ragni se ne stavano attaccati alla tela (per cui) egli suppose che ce ne dovevano essere a migliaia sulla nave (e così osservò che) non appena arrivato a bordo, il piccolo aeronauta era molto attivo.

Dunque, come si vede, dal passato arriva una conferma dell’esistenza dei “ragni volanti. Essi, dopo aver prodotto un lungo filamento vi si attaccano ed attendono che il vento li sollevi e li trasporti dove Madre Natura ha per loro deciso. L’avventuroso viaggio in atmosfera, ad altezze anche notevolissime, avviene utilizzando o la tecnica del ballooning o quella del kite flying: con la prima si fanno trasportare dal vento similmente a palloni aerostatici mentre con la seconda si librano nel vento come fanno gli aquiloni.

La presenza di questi “ragni volanti” è stata recentemente confermata da David Attenborough il quale, come si può vedere nel documentario “The Living Planet“, Episode 7, “The Sky Above“, a bordo di una mongolfiera sale fino a 6500 di quota e va a catturare di questi ragnetti mentre sono ancora attaccati ai loro bianchi filamenti setosi.

Noi però, qui nel Ferrarese, di quei piccoli aeronauti non abbiamo trovata traccia alcuna pur avendo raccolto davvero tanta bianchi filamenti, sia nel momento in cui stavano cadendo dal cielo sia già caduti a terra: il 30 novembre 2003 a Voghiera, tra il 5 e l’8 novembre 2008 a Vigarano e Bondeno e il 21 ottobre 2010 a Vigarano Mainarda. Ma se tra quei fiocchi biancastri non c’era alcuna traccia di vita visiva non intendiamo sostenere che i ragnetti d’alta quota non esistano bensì che essi non erano presenti nei campioni che noi abbiamo raccolto a terra, sulle siepi, sulle recinzioni, sui fili della pubblica illuminazione, sui tetti delle case, sui rami degli alberi e direttamente in aria, mentre se ne stavano ancora in fase di caduta libera, quindi privi di qualsiasi tipo di contaminazione.

Osserviamo, infine, come sia l’ipotesi artificiale delle presunte modificazioni climatiche che l’ipotesi militare del potenziamento della riflessione delle onde elettromagnetiche fossero del tutto avulse al tempo delle cadute di filamenti biancastri sul territorio francese di Oloron-Saint-Marie, tra il 17 ed il 27 ottobre 1952 e su Firenze il 27 ottobre 1954.

Ricordiamo che ad Oloron almeno un testimone ha riferito ufficialmente di aver visto un cilindro volante, color grigiastro, con del fumo ad un’estremità che, dopo essersi inclinato leggermente su di un lato, avrebbe lasciato cadere filamenti lanosi ed appiccicosi che si dissolvevano quasi subito dopo aver toccato il suolo mentre alcune oggetti vagamente sferoidali avrebbero assistito passivamente al fenomeno.
A Firenze, invece, i testimoni furono migliaia di fiorentini e pistoiesi, ovvero l’intero pubblico dell’incontro di calcio fra la Fiorentina e la Pistoiese che, del tutto incredulo, alle 15:27 precise notò la presenza di numerosi oggetti volanti ad alta quota, nell’atto di sorvolare lo stadio, come ha ricordato a più riprese l’allora giornalista radiofonico e testimone di vista Giorgio Batini, quando fu successivamente intervistato una volta divenuto capocronista de “La Nazione”.
Stando anche alla radiocronaca in diretta di quell’avvenimento sportivo, uno di essi si fermò proprio sulla verticale dello stadio e l’arbitro fu per questo costretto addirittura ad interrompere la partita. Poi, la formazione proseguì il volo e si spostò in direzione di Fiesole ma subito dopo fece ritorno sullo stadio lasciando cadere sopra la città un copiosissima pioggia di filamenti bianchi, del tutto simili a quelli presentati in questa notizia e, a quel tempo, definiti come “Bambagia silicea”.
Riguardo a questo ultimo avvistamento fiorentino è interessante sapere che molti spettatori erano dotati di binocolo e macchina fotografica, che vennero usati a profusione e così quegli oggetti volanti che, ad occhio nudo, apparivano simili a puntini luminosissimi, furono in realtà descritti con dovizia di particolari e risultarono così di forme assai diverse fra loro, le principali delle quali furono: a goccia, a cappello cinese, a cilindro e ad ali di gabbiano. Essi, già da oltre un’ora scorazzavano in lungo ed in largo sui cieli toscani e le primissime testimonianze li avevano dati addirittura sulla verticale del Duomo già alle 14:20, certamente altissimi ma quasi fermi in quella posizione, nella piena visibilità degli stupefatti fiorentini, per un oltre un buon quarto d’ora.