Nella sua opera intitolata “Prodigiorum liber”, Julius Obsequens descrisse eventi anomali, da lui definiti “prodigia“, accaduti a Roma e nei suoi vasti domini. Praticamente non fece altro che rileggersi l’enorme opera di Tito Livio (Ab urbe condita), raccogliendo in un unico testo quanto era già stato narrato. Di tale opera di Ossequente ci è giunta quella parte che va dall’anno 190 a.C. al 12 a.C., in cui sono narrati in preciso ordine cronologico gli eventi verosimilmente accaduti durante i vari consolati. Quest’opera, stampata per la prima volta nel 1508 a Venezia, dall’editore Aldo Manunzio, proveniva da una precedente edizione che era stata ricavata da un manoscritto a sua volta rinvenuto in Francia e ricopiato da Giovanni Giocondo da Verona, detto anche “Giovanni Monsignori” o “Giovanni Ognibene” o “Fra Giovanni da Verona”. Egli, nel 1495 si recò in Francia al seguito del re Carlo VIII, come architetto di corte e qui ebbe modo di esplorare antiche biblioteche monastiche, scoprendo così codici manoscitti importantissimi, che poi copiò accuratamente.
Nel “Prodigiorum liber” sono elencati avvenimenti insoliti e fatti ritenuti prodigiosi avvenuti oltre duemila anni fa, quando la scienza non esisteva ed al suo posto vi erano fenomeni certamente strani, definiti col termine di “prodigi” ed attribuibili alle divinità. La stragrande maggioranza della fenomenologia descritta in queste antiche cronache oggi avrebbe una facile spiegazione (esplosioni di supernove, bolidi, meteoriti, terremoti, oggetti che ricadono dopo essere stati sollevati e trasportati lontani da trombe d’aria, due o tre soli, due o tre lune, cerchi solari e lunari, raggi di luce), ma qualcosa ha comunque resistito anche alla scienza, almeno per come è stato osservato e quindi descritto per i posteri, come, ad esempio, le strane palle luminose plananti dolcemente dal cielo o gli oggetti volanti infuocati nell’atto di una battaglia aerea o i soli notturni o, addirittura, il cielo cosparso da armi volanti.
LIBER PRODIGIORUM
CAPITOLI 1-16, 190 a.C. – 156 a.C.
188 a.C. – “Luce inter horam tertiam et quartam tenebrae ortae. In Aventino lapidum pluviae novendiali expiatae“. TRADUZIONE: Tra la terza e la quarta ora del giorno calarono le tenebre. Furono espiate delle piogge di pietre sull’Aventino con un rito sacro della durata di nove giorni.
186 a.C. – “Sacrum novendiale factum quod in Piceno lapidibus pluit ignesque caelestes multifariam orti levi afflatu complurium vestimenta adusserunt“. TRADUZIONE: “Furono osservati nove giorni di preghiera poiché nel Piceno erano piovute pietre e in molti luoghi fuochi celesti con un leggero soffio avevano bruciato gli abiti di più persone”.
183 a.C. – “In area Vulcani per biduum, in area Concordiae totidem diebus sanguinem pluit“. TRADUZIONE: “Per due giorni nell’area di Vulcano piovve sangue e, in altri due giorni, nell’area della Concordia”.
167 a.C. – “Romae aliquot loca sacra profanaque de caelo tacta. Anagniae terra pluit. Lanuvi fax ardens in caelo visa. Calatiae in agro publico per triduum et duas noctes sanguis manavit“. TRADUZIONE: “A Roma alcuni luoghi sacri e profani furono colpiti da fulmini. Ad Anagni piovve terra. A Lanuvio fu vista nel cielo una fiaccola ardente. A Calazia in un campo pubblico per tre giorni e tre notti sgorgò sangue“.
166 a. C. – “In Campania multis locis terra pluit. In Praenestin o cruenti ceciderunt imbres. Veienti lana ex arboribus nata. In colle Quirinali sanguis terra manavit. Lanuvii fax in caelo nocte conspecta“. TRADUZIONE: “In molte località della Campania piovve terra. Nel territorio di Preneste piovve sangue. A Veio spuntò lana dagli alberi. Sul colle Quirinale sgorgò sangue dalla terra. A Lanuvio nella notte fu vista una fiaccola nel cielo“.
163 a.C. – “Capuae nocte sol visus. Formiis duo soles interdiu visi. Caelum arsit. Gabiis lacte pluit. Fulmine pleraque decussa in Palatio. In Cephallenia tuba in caelo cantare visa. Terra pluit. Nocte species solis Pisauri adfulsit“. TRADUZIONE: “A Capua fu visto il sole di notte. A Formia durante il giorno furono visti due soli. Il cielo bruciò. A Gabi piovve latte. A Cefalonia si vide una tromba che suonava in cielo. Piovve terra. Durante la notte a Pesaro brillò una specie di sole“.
154 a.C. – “Compsae arma in caelo volare visa”. TRADUZIONE: “A Compsa furono viste volare in cielo armi“.
147 a.C. – “Caere sanguinis rivi terra fluxerunt et nocte caelum ac terra ardere visum. Lanuvii inter horam tertiam et quintam duo discolores circuli solem cinxerunt rubente alter, alter candida linea. Stella arsit per dies triginta duos“. TRADUZIONE: “A Cere sgorgarono fiumiciattoli di sangue e nella notte furono visti ardere cielo e terra. A Lanuvio tra la terza e la quinta ora due cerchi di diverso colore circondarono il sole, uno rosso, l’altro bianco. Una stella brillò per trentadue giorni”.
134 a.C. – “In Amiterno sol noctu visus, eiusque lux aliquamdiu fuit visa“. TRADUZIONE: “Ad Amiterno durante la notte si vide il sole; la sua luce fu vista per parecchio tempo”.
122 a.C. – “In Gallia tres soles et tres lunae visae“. TRADUZIONE: “In Gallia furono visti tre soli e tre lune“.