Viaggio nel Cosmo

viaggiare-nel-cosmoLa NASA non lo ha mai nascosto e questo, forse, è anche il comune umano sentire: poiché il destino del nostro pianeta è praticamente già segnato, a causa della morte certa del Sole fra alcuni miliardi di anni, l’obiettivo primario della nostra civiltà rimane quello della sopravvivenza alla fine della nostra stella. Ma per poter riuscire a lasciare la Terra ed affrontare un lungo viaggio, della durata anche di anni, che conduca all’esplorazione di altri pianeti collocati all’interno delle zone abitabili di quei miliardi di Soli che vi sono nella sola nostra galassia, ovvero la Via Lattea, un puntino infinitesimale in questo nostro immenso e sterminato cosmo, l‘impresa è da considerarsi davvero assai ardua.

Per realizzare il sogno di far viaggiare un equipaggio per anni nello spazio, con lo scopo di andare alla ricerca della vita nel Cosmo, l’uomo dovrebbe poter disporre di un livello così elevato di tecnologia che nemmeno fra cinquant’anni sarà possibile avere, e tutto ciò pur immaginando che lo sviluppo tecnologico possa prefigurarsi direttamente proporzionale alle scoperte che via via si faranno.

IL SISTEMA DI BASI SPAZIALI FISSE

Se l’uomo vorrà lasciare la Terra per cimentarsi, per il momento, nell’arditissima impresa tecnologica dell’esplorazione spaziale del nostro Sistema Solare, unico e solo obiettivo concesso dallo sviluppo attuale della nostra tecnologia, ma probabilmente anche di quella del prossimo secolo, dovrà poter disporre di tre elementi fondamentali: un sistema di basi spaziali, fisse e a distanza progressiva fra di loro, un sistema propulsivo adatto a percorrere gli spazi cosmici sia in tempi umani che generazionali, e un mezzo spaziale in grado di gestire l’intera impresa, ma con caratteristiche dalle quali non si può assolutamente prescindere, legate ai costi accettabili e sostenibili nel lungo periodo,  e ad una leggerezza complessiva dei materiali impiegati. La prima di tali basi fisse dovrà necessariamente essere quella in corso di collaudo da alcuni decenni e conosciuta da tutti col nome di “stazione spaziale orbitante“, la seconda dovrà essere costruita sulla Luna e la terza sarà obbligatoriamente quella di Marte.

LE STAZIONI SPAZIALI FISSE

La stazione spaziale è un particolare tipo di satellite artificiale che ha il duplice compito di assicurare un supporto a missioni su lunghe distanze e fungere da base per ogni tipo di attività umana nello spazio. Fino ad ora l’uomo ne ha sperimentate di quattro tipi: la Saljut, lo Skylab, la Mir e la ISS.

Dal 1971 al 1982 venne sviluppato dall’URSS il progetto “Saljut“, che vide molte vittime ed insegnò agli scienziati il gravissimo pericolo della morte da embolia causato dalla depressurizzazione della cabina.

Dal 1974 al 1979 gli USA attivarono il progetto Skylab, che li impegnò per la folle cifra di circa 2,5 miliardi di dollari, ma li arricchì di due importanti conosvenze: la comprensione dell’importanza dei pannelli protettivi della capsula, in funzione termica, e la dimostrazione della capacità di effettuare riparazioni nello spazio. Era infatti accaduto che durante il lancio si era staccata una copertura che, a sua volta, aveva distaccato un pannello solare e uno scudo protettivo da impatto meteorico e ciò fu causa di non pochi problemi di surriscaldamento della cabina e della sofisticata componestistica elettronica. I tre equipaggi che si alternarono per un totale di 171 giorni provvidero a risolvere tutti i problemi e riuscirono nell’impresa mai tentata prima di riparare nello spazio quel famoso laboratorio spaziale.

Dal 1986 al 2001 l’Unione Sovietica rese operativo il progetto MIR, ovvero la stazione spaziale orbitante che segnò una vera pietra miliare nella storia dell’astronautica in quanto venne dimostrata la possibilità concreta di costruire qualcosa nello spazio assemblandolo poco per volta. Oltre a tale clamoroso successo, per diversi anni anni la Mir divenne il solo avamposto umano nello spazio e ciò rese possibile effettuare moltissimi esperimenti e testare la reazione del corpo umano alla permanenza prolungata nello spazio per quasi un anno.  Inoltre, grazie ai lavori di assemblaggio e di manutenzione varia, nonché al trasporto degli astronauti sulla MIR attraverso le navette spaziali Soyuz che risultarono particolarmente adatte anche al trasporto sia di generi alimentari che di carburante, fu possibile preparare nel miglior modo il terreno più adatto alla successiva missione americana, conosciuta comne ISS o stazione spaziale internazionale.

Dal 1998, grazie agli insegnamenti appresi dal progetto MIR, l’uomo è stato in grado di realizzare e mettere in orbita il progetto spaziale ISS (International Space Station), che dovrebbe essere completato fra un anno esatto, ovvero nel 2017 e quindi proseguire fino al 2024, data programmata per la sua fine. Dai 2,5 miliardi di dollari del progetto Skylab con la la nostra civiltà ha impegnato 100 miliardi di dollari, spalmati su di un trentennio. Sicuramente sono stati soldi ben spesi poiché questo è il massimo tecnologico che l’uomo ha potuto mettere in campo per tentare l’impresa pressoché impossibile di lasciare la Terra e andare alla ricerca di almeno un altro pianeta abitabile. Qui si testa il futuro dell’uomo: dalle nuove tecnologie votate all’esplorazione dello spazio, al mantenimento in vita di un equipaggio, dalle esperienze operative nello spazio vuoto alle ricerche sulla microgravità, dalle osservazioni astronomiche agli esperimenti scientifici di ogni tipo, dalla verifica della funzionalità delle navette di salvataggio e dell’impianto di riciclaggio dell’anidride carbonica prodotta dagli astronauti alla verifica della stabilità dei software dei computer e dell’instabilità dei telescopi di bordo, causata dalla continua decelerazione della ISS.

SISTEMI E MEZZI PROPULSIVI

Per andare a visitare qualsiasi luogo noi necessitiamo di un mezzo mobile che ci conduca colà, dotato di un sistema propulsivo adeguato. Sulla Terra abbiamo tante possibilità di spostamento, ma nello spazio vuoto il problema è davvero enorme: dopo aver costruito una stazione spaziale orbitante, raggiungibile attraverso una navetta spaziale ordinaria, alimentata a kerosene o a ioni di Xeno, occorre pensare a qualcosa che consenta un allontanamento progressivo ed un rientro in tempi prefissati. Ciò conduce inevitabilmente a parlare della necessità di scoprire un nuovo sistema propulsivo, adatto a percorrere gli spazi cosmici in tempi umani o almeno generazionali. Vediamo che cosa c’è all’orizzonte.

La Deep Space 1, dotata di un sistema propulsivo di tipo ionico, fu un prototipo di una generazione di sonde prive di equipaggio, progettate per ampliare la conoscenza dello spazio esterno. Venne lanciata nel 1988, con lo scopo di testare il combustibile a ioni di Xeno, gas raro in atmosfera, ma prodotto industrialmente dal residuo dell’evaporazione dell’aria liquida, e fece rientro nel 2001. Purtroppo, il suo potere energetico reale si dimostrò assai modesto: con cento kg di Xeno si riuscì a raggiungere la velocità massima di 16.000 km orari, un valore che da solo non vuol dire nulla, ma se confrontato con altri velivoli spaziali ci aiuta a capirne la vera portata.

Passando un attimo ai velivoli militari con equipaggio a bordo, sappiamo che utilizzano combustibile aeronautico tipo kerosene per i loro motori a reazione. Con tale propellente l’aereo militare X-15A può agevolmente raggiungere per alcuni minuti la velocità di circa 7.200 km orari, mentre l’aereo sperimentale X-43A può raggiungere per alcuni secondi la velocità di poco superiore agli 11.000 km orari. Con l’X-37 e l’X-38 si sta faticosamente provando a raggiungere l’obiettivo di Mach 25, ovvero dei circa 30.000 km orari, ma per farlo si deve viaggiare a quote altissime, che richiedono l’utilizzo di resistenti materiali termici poiché il rientro in atmosfera diventa il vero problema. Provate poi a pensare a che tipo di scudo termico abbiano dovuto affidarsi la navetta dell’Apollo 10 al suo rientro in atmosfera all’incredibile velocità di 39.895 km orari e la navetta Space Shuttle, che poteva raggiungere la velocità di oltre 40.000 km orari!

Ritornando ai nostri satelliti senza equipaggio, l’uomo è stato in grado di farli viaggiare nello spazio vuoto, pressoché privo della resistenza delle molecole dell’aria, dagli 11.000 ai 64.000 km orari, come nel caso della sonda Stardust, che nel 2004 ha raggiunto la velocità di 46.440 km/h e del satellite Voyager, che si sta appunto spostando alla velocità di 64.000 km orari. E purtroppo, c’è anche un altro aspetto della velocità che riguarda la sommatoria tra quella massima raggiungibile e quella che si può anche raggiungere controvoglia, allorquando un velivolo viene catturato dalla forza di gravità di una stella; ad esempio, nel 1974 la sonda Helios, in orbita eliocentrica attorno al Sole, venne catturata dalla sua spaventosa forza di gravità durante la fase di perielio, quando si trovava a circa 43 milioni di km, raggiungendo l’incredibile velocità, ovviamente per pochissimi secondi prima di volatilizzarsi, di 252.280 km orari.

A questo punto sorge subito spontanea la domanda del dove potrà mai andare a quella velocità e quanta strada potrà mai percorrere in un anno quel determinato velivolo spaziale. I conti dicono questo: viaggiando alla velocità di 64.000 km/h in un giorno si percorrerà la distanza di 1.544.000 km (un milione e cinquecentoquarantaquattromila km), in un anno la distanza percorsa salirà a trecentosessantacinque volte tanto, ovvero 563 milioni di km (563.000.000 km), un valore che però per essere comprensibile dovrebbe venire arrotondato a 500.000.000 milioni di km. Infatti, moltiplicando tale valore per 30 volte, corrispondente a trent’anni, verranni percorsi 15 miliardi di km (15.000.000.000 km). Così, a prima vista, questo valore sembrerebbe altissimo. Ed in effetti lo è se paragonato alle distanze terrestri, ma se considerato dentro agli spazi cosmici infiniti è il nulla del nulla. Se pensiamo che un anno-luce corrisponde ad una distanza di 9.500 miliardi di chilometri, quanto potrà mai valere la distanza di soli 15 miliardi di chilometri percorsi da una nostra sonda dopo un viaggio trentennale? Nulla, appunto! E questo è ciò che la nostra scienza astronomica non spiega amai a nessuno utilizzando le parole della semplicità, ma ora qui avete tutto chiaro e semplice. Per raggiungere la distanza percorsa dalla luce in un anno mancherebbero all’appello la bellezza di altri 9.485 miliardi di km, appunto! Considerando che la stella più vicina alla nostra Terra è la Proxima Centauri, distante 4,22 anni-luce per ora l’uomo può solo continuare a studiare, e dovrà certamente farlo per tutto il prossimo secolo, e forse non basterà neppure quello per pensare di riuscire a costruire un mezzo spaziale che gli consenta di potersi fregiare del titolo di “viaggiatore dello spazio“!

Poveri noi! Questo è quanto è riuscita a produrre quella gaia scienza che non perde occasione per bastonare di continuo il povero ufologo di turno, pretendendo di essere la sola, vera e unica depositaria della conoscenza. Se questa gaia scienza è la scienza vera, è meglio lasciar perdere quell’altrettanto gaio mondo cicapino, primo detrattore ufficiale dell’ufologia, che si adorna il capo per perdere notti a leggere e comprende poveri e dimessi articoli ufologici, di nessuna portata e nessun valore scientifico, ma carichi comunque della radiosa bellezza del pensiero positivo, quel pensiero che solo noi possiamo avere poiché solo noi crediamo ciecamente che la cosa più normale che vi sia là fuori sia la vita, in tutte le sue forme e in tutte le sue manifestazioni.

centro-ufologico-ferrarese-cuf-artioli-fiorenzoSe desiderate frequentare il nostro centro ufologico, sappiate che ci troviamo in via Mantova 117, a Vigarano Pieve, nella palazzina di fianco alle vecchie scuole elementari, proprio di fronte alla chiesa, nel comune di Vigarano Mainarda, luogo dell’avvistamento della gigantesca astronave aliena, osservata da quattro persone nel 1986. La sede del CUF è aperta tutti i giorni, ma per i non iscritti la serata è il giovedì, dalle 21:30 alle 23.00 circa. Se qualcuno desiderasse iscriversi, sappia che l’iscrizione è gratuita e valida per sempre. Per informazioni di vario tipo o segnalazioni di presunta natura ufologica, potete telefonare in ogni momento al 333.595.484.6 e vi risponderò io, Fiorenzo Artioli, fondatore e coordinatore del Centro ufologico ferrarese.