La conquista dei cieli

eole_2Se vogliamo comprendere sempre meglio il fenomeno ufologico è necessario conoscere almeno le tappe più significative compiute dall’uomo nel lungo viaggio che lo ha condotto alla conquista dei cieli grazie allo sviluppo di macchine in grado di farlo volare. Sapere quando e come l’uomo sia riuscito a dominare la tecnologia in grado di portarlo fra i cieli, diviene di importanza sostanziale ai fini della valutazione che se ne può dare di un presunto avvistamento ufologico segnalato in una di tanti anni fa. Ed è pure sostanziale il sapere quali erano le forme, la potenza, la velocità e la quota raggiungibili da un dato aereo in una certa data.
A tal proposito, attraverso il precedente articolo, si conoscono già la data di inizio degli studi, delle sperimentazioni e delle costruzioni di palloni aerostatici e dirigibili: è il 1783. Quei mezzi erano concettualmente orientati verso una struttura in grado di incamerare una grande quantità di aria calda o di idrogeno o di elio, e dominarono incontrastati per oltre 100 anni i cieli di tutto il mondo ma incontrarono una serie di limiti insuperabili per le tecnologie del tempo, legate all’elevato rischio di infiammabilità, ai problemi di peso, di dimensioni e di manovrabilità e, non ultima, la limitata possibilità di sfruttamento economico-commerciale.

Tali problemi non sono del tutto scomparsi al giorno d’oggi e comunque ce n’è uno che appare insuperabile anche per l’avanzatissima tecnologia del nuovo millennio: l’impotenza totale di fronte agli eventi atmosferici.
Per tutte queste ragioni vi fu e vi è ancora una fase di stanca degli studi, della ricerca e degli investimenti su queste enormi macchine volanti, a tutto vantaggio dell’aeroplano propriamente detto e dell’avionica, ovvero quella parte di apparecchiature elettroniche che vengono installate a bordo degli aeromobili di ogni tipo: display elettronico, sensori all’infrarosso, tecnologia laser e a fibre ottiche, sensori inerziali e schermi radar.

Già verso gli ultimi anni del 18° secolo iniziarono importanti studi sulle possibilità di veder concretamente realizzato il mito di Dedalo: il sogno di riuscire a far volare un uomo imitando il volo degli uccelli. I primi successi si ebbero però solo quando si comprese che per raggiungere l’obiettivo suddetto si sarebbe dovuto studiare in maniera approfondita sia le “proprietà delle superfici portanti” che il fenomeno legato alla “resistenza creata dall’aria”. Naturalmente, ci furono anche coloro che, imperterriti, continuavano a credere che per alzarsi in volo potesse essere sufficiente la sola forza muscolare: la tragedia di Vincent De Grof del 1874 non fermò gli esperimenti di decine di novelli Dedalo. I progressi più importanti si ebbero però solo quando si comprese che un velivolo avrebbe dovuto avere una struttura di base costituita da: fusoliera, ali, impennaggi, strumenti di controllo e propulsore in grado di vincere la resistenza aerodinamica.
Le prime macchine volanti erano sostanzialmente costituite da fragilissime strutture di legno, legate o incernierate fra loro e rivestite semplicemente di tela ed erano sospinte da propulsori di vario tipo che andavano dalla forza umana al volo planato, dall’aria compressa al motore a vapore o a combustione.

Se non fu un problema da poco l’individuare il modello più adatto di ali e di fusoliera, fu certamente un problema enorme quello di adattare ad una fusoliera leggerissima un motore in grado di offrire la spinta per vincere la resistenza aerodinamica: a quei tempi pionieristici si producevano propulsori in grado di offrire l’energia necessaria ma, purtroppo, avevano un peso enorme.

Primi esperimenti utilizzando modellini

Nel 1843 vennero compiuti studi assai interessanti da G. Cayley, che riuscì perfino a costruire un modello di un velivolo simile, come principio, all’attuale elicottero ed un altro impostato con vere e proprie ali.
Nel 1848, studiando come mezzo di propulsione l’aria compressa, V. Tatin riuscì a far volare a bassa quota e per alcune decine di metri, un modello di un velivolo spinto da due eliche. Nel 1877 il nostro Enrico Forlanini costruì un piccolissimo modellino di un velivolo assai simile, nel principio, all’elicottero ma molto diverso nella forma: azionato da un propulsore a motore, quel modellino si alzò in volo. Nel 1891 si continuava ancora a studiare l’applicazione dell’aria compressa e L. Hargrave fece arrivare alla quota di 95 m un modello avente ali rigide. Nel 1896 si pensò alla propulsione a vapore e S. Langley produsse un modello dotato di ali sovrapposte che riuscì a raggiungere una distanza di oltre un chilometro rimanendo in volo per circa un minuto e mezzo. Sempre nel 1896 vi fu la tragedia di O. Lilienthal, mentre sperimentava il volo planato di un aliante. Un mezzo simile condusse alla morte, nel 1899, anche P. Pilcher.

Primi esperimenti utilizzando modelli reali

Il 9 ottobre 1890 C. Ader riuscì a far volare ad Armainvilliers il famosissimo EOLE, un velivolo dotato di propulsore a vapore che, di fatto, diede il via ufficiale ai voli con mezzi più pesanti dell’aria riuscendo a staccarsi da terra per brevissimi istanti. Fu però il 1903 l’anno della svolta in quanto avvennero tre esperimenti fondamentali che diedero ufficialmente inizio alla conquista dei cieli. L’americano S. Langley sperimentò un motore a combustione interna sul famoso AERODROME ma, purtroppo, la sperimentazione finì in tragedia.

Sempre nell’anno 1903 il tedesco K. Jatho sperimentò la propulsione a motore su di un aereo vero ma senza riuscirne a controllarne del tutto il volo: il vero problema, una volta lassù, divenne infatti quello degli impennaggi e degli strumenti in grado di controllare il volo.

Finalmente, il 17 dicembre 1903, nelle vicinanze di Kitty Hawk, una località del North Carolina, i fratelli Wilburn e Orville Wright riuscirono a far volare il FLAYER, un aereo spinto da un propulsore a motore: esso, al secondo tentativo, rimase in aria per quasi un minuto, raggiunse la distanza di oltre 250 metri e compì anche diverse manovre di controllo direzionale.

Il 12 novembre 1906 venne compiuto un altro passo importante verso la conquista dei cieli A. S. Dumont fece volare il 14-BIS (vedi foto), un aereo biplano che rassomigliava ad un grande aquilone ed era sospinto da un motore ad elica: riuscì a percorrere una distanza di 220 metri in poco più di 22 secondi, compiendo così un enorme progresso sul fronte della velocità rispetto al tentativo dei Wright. Il 4 luglio 1908 vi fu un ulteriore progresso sulla distanza e sulla tecnologia: G. H. Curtiss, già protagonista di spericolati tentativi, percorse oltre 1,5 km in 1 minuto e 42 secondi circa utilizzando… un idrovolante che era perfettamente in grado di decollare dall’acqua e di ammararvi.

Progressi sulle distanze

Un ulteriore importantissimo progresso sulla distanza venne conseguito il 25 luglio 1909 allorquando L. Blériot attraversò il Canale della Manica, volando per circa 37 km in soli 35 minuti e mezzo. Il 23 settembre 1910 vi fu la tragedia di G. Chavez il quale riuscì ad attraversare le Alpi ma non riuscì ad atterrare e si schiantò nelle vicinanze di Domodossola. Il 17 settembre 1911 il mondo assistette ad un nuovo incredibile progresso aeronautico: l’americano C. Rodgers, compiendo diverse tappe, volò da Brooklyn (New York) a Long Bach (California), dove giunse ottantaquattro giorni dopo, cioè il 10 dicembre: il suo tempo effettivo di volo fu di 3 giorni e 10 ore circa.

Verso le Guerre Mondiali

I progressi più importanti, per quei tempi lontanissimi, furono però compiuti nel periodo della Prima Guerra Mondiale in quanto le esigenze non erano più soltanto quelle della distanza e della velocità ma quelle della manovrabilità e dell’operatività. Vennero costruiti e sperimentati migliaia di aerei che utilizzavano diversi tipi di propulsori e, in modo particolare, i motori rotativi e i motori radiali, questi ultimi anche raffreddati ad acqua. Nel 1918, al termine del conflitto, quasi tutti gli aerei militari (nella foto, il Caproni CA 161) erano in grado di raggiungere la quota di 6.000 metri ed una velocità di circa 200 km orari.

A tal proposito mi piace ricordare che mio nonno paterno, Artioli Amedeo (27.02.1895 – 9.12.1970), ebbe l’altissimo onore di entrare nella squadriglia di Francesca Baracca, ingaggiando alcuni duelli aerei con gli allora nemici tedeschi, senza però mai riuscire ad abbatterne qualcuno e, purtroppo, venendo a sua volta abbattuto per ben due volte, sempre con ferite importanti di mitragliatrice alle gambe che non misero però mai in serio pericolo la sua vita in quanto, ogni volta, riuscì ad atterrare senza danni ulteriori.

Al termine della guerra si assistette ad un certo rallentamento della produzione aerea: molti ex piloti iniziarono ad acquistare i velivoli militari impiegati durante il conflitto e li riconvertirono in attività commerciali di vario tipo: trasporto passeggeri, scuole di volo, pubblicità ed esibizioni di volo acrobatico. A partire dal 1919 si assiste così alla nascita dei primi servizi di trasporto passeggeri e agli sviluppi pubblicitari legati alle traversate oceaniche, come quella compiuta dall’NC-4 (vedi foto) dagli USA all’Inghilterra o alle trasvolate di vario tipo che consentirono di raggiungere distanze incredibili senza scalo, come quella compiuta dagli italiani A. Ferrarin e C. Del Prete agli inizi di luglio del 1928, di oltre 7.180 km. Il 7 dicembre 1930 viene ricordato invece per l’impresa compiuta dai 14 idrovolanti comandanti da Italo Balbo che da Orbetello raggiunsero Rio de Janeiro in sette tappe, per complessivi 10.350 km. In questo periodo si andavano ricercando record sulle distanze con gli idrovolanti ma ben presto gli obiettivi divennero la velocità e l’altezza.

Gli italiani continuarono a rimanere sulla cresta dell’onda con F. Agello che, nel 1934, alla guida di un Macchi C 72 raggiunse la velocità incredibile di ben 709 chilometri all’ora mentre nel 1938 M. Pezzi riuscì ad arrivare a quota 17.000 utilizzando un Caproni Ca 161-bis (vedi foto). In questo periodo storico, pur essendoci tantissime nazioni che si interessavano di aeronautica, lo sviluppo delle tecniche costruttive risentiva ancora moltissimo dell’uso del legno e della tela che, se da un lato non appesantivano più di tanto la struttura, dall’altra limitavano tantissimo le prestazioni.

Con la II Guerra Mondiale alle porte si assistette a progressi incredibili soprattutto in virtù di alcuni fattori: il rivestimento della carlinga con metallo leggero, il carrello rientrante e, soprattutto, la propulsione a reazione, come quella dell’aereo tedesco HEINKEL HE 178 del 1939.
Negli anni della grande guerra alcuni aerei, concettualmente simili all’Heinkel, divennero famosissimi: l’Hurricane, il Messerschmitt, il Mustang P-51 (in ordine nelle tre foto a lato) ed altri ancora, come il Mosquito britannico, lo Stuka tedesco e lo Zero giapponese.
Per noi italiani ebbe particolare importanza un aereo assai simile a quelli precedentemente descritti, che entrò in servizio verso la fine di novembre del 1941: il MACCHI MC 202 Folgore, un caccia modernissimo, potente, agile e assai maneggevole. Esso, già nel 1943 ebbe nuovo compagni, il VELTRO, il CENTAURO e il SAGITTARIO, prodotti rispettivamente dalla Macchi, dalla Fiat e dalle Reggiane.

Gli aerei di questo periodo, naturalmente, non furono tutti così convenzionali: gli Stati Uniti avevano prodotto macchine dalle forme stranissime, dette anche “ali volanti” o “ali a delta“, in quanto facilmente confondibili con i futuri UFO o Dischi volanti o Flying Saucers.

La Germania nazista non se n’era rimasta con le mani in mano ed aveva prodotto macchine terribili: l’Heinkel del 1945, l’Hornet H9, l’Hornet VII del 1943, l’Hornet 9 Glider e l’Hornet H 18.

Negli anni immediatamente successivi la fine della II Guerra Mondiale, a partire dal 1952, si svilupparono nuovi studi sulle ali degli aerei militari e nel 1956 il più importante frutto fu certamente l’F-102 della Convair, con le famose ali a delta, certamente adatte al volo supersonico ed alle alte velocità ma meno adatte al volo a bassa quota e alle velocità inferiori: per questo aspetto secondario fu necessario puntare alle ali a geometri variabile, ovvero ali distese, in grado però di trasformarsi a delta così da poter affrontare anche le alte velocità. Gli studi su questo tipo di strutture sono ancora attualissimi.

Al tempo della Guerra di Corea si segnalarono l’F-86, il Mig 15 e l’F-104 o bara volante e l’F-100. Ai nostri tempi vi è una moltitudine di aerei, tutti assai simili nelle prestazioni e nelle forme come: l’AMX, l’EF 2000, l’F-4 Phantom, l’F-15 Eagle, l’F-18 e l’SU 27.