La Via Lattea, ovvero la nostra Galassia, si estende per milioni e milioni di anni luce e nessuno è in grado di dirci quanto essa sia realmente grande. Solo alcuni anni or sono i saccenti astronomi parlava ancora di 80 milioni di anni luce, poi trasformatisi rapidamente, col progredire del perfezionamento degli strumenti di osservazione, dapprima in 100 milioni di anni luce ed ora, notizia di marzo 2015, i bracci della Galassia potrebbero estendersi ad increspature successive, simili ad onde gigantesche che si rincorrono l’un l’altra, per cui l’estensione dovrebbe avere un incremento del 50%: ciò significa che ora si parla già di 150 milioni di anni luce. E domani, fra dieci o vent’anni? La gaia scienza continua ad arrancare, a fare ipotesi su ipotesi e ad irridere l’ufologia, la quale ha la sola colpa di credere che là fuori la cosa più normale sia la vita e che esistano, perciò, civiltà a non finire, molte delle quali assai più evolute della nostra, almeno dal punto di vista tecnologico.
Se questa situazione di incertezza totale la spostiamo sulla numerosità stellare della Via Lattea è chiaro che il sistema scientifico crolla sulle proprie ipotesi. Gli astrobiologi, infatti, sono già passati allegramente da cento miliardi di stelle a duecento, poi a trecento per arrivare ai quattrocento attuali, ovviamente aumentati del 50%, vista l’ultimissima ipotesi delle increspature successive, per cui il numero totale sarà presto ufficializzato in ameno seicento miliardi di stelle. Stessa identica situazione per i 100 milioni di sistemi planetari di cui si vagheggiava una ventina di anni or sono. Capite anche voi che qui si naviga a vista e si crede di possedere la conoscenza. Mah!
E allora, alla fine, quanti potranno essere i pianeti simili alla Terra? Simili, non significa uguali. Simili significa “simili” basta! Per noi ufologi, “simili” significa che essi devono, innanzitutto, trovarsi nella giusta posizione all’interno della Galassia, ed avere le condizioni necessarie alla vita: acqua, temperatura, dimensioni non eccessivamente piccole ma nemmeno eccessivamente grandi, asse planetario leggermente inclinato, rotazione attorno al proprio asse e giusta distanza dalla propria stella, ovvero trovarsi all’interno della “zona abitabile”.
Nel nostro ragionamento divengono importanti anche le molecole organiche, altrimenti conosciute come i “mattoni della vita”, perché abbiamo già tutti capito che esse si possono formare ovunque, e con estrema facilità per giunta. Di vero c’è che ancora non esiste una casistica attendibile sulla probabilità che le molecole organiche si uniscano per creare le grandi molecole, cioè quelle in grado di replicarsi e di dare origine alla vita batterica. Ma una volta che la vita sia partita è assai probabile che si evolva verso il mondo degli esseri pluricellulari.
E ora diamo anche noi dei numeri, ovviamente “attendibili” come quelli degli astronomi. Supponendo che vi siano milioni di pianeti che abbiano sviluppato vita batterica, crediamo assai possibile che almeno un decimo (uno su dieci) siano nella condizione di aver visto l’apparizione della vita pluricellulare per cui mancherebbe, a questo punto, solo l’ultimo passaggio, quello che dalla vita pluricellulare porta direttamente alla forma intelligente. Ma che cos’è questa vita intelligente di cui tutti parlano? Essa è semplicemente quella forma di vita che presenta una molecola organica, ovviamente rappresentata dal DNA, contenente le informazioni necessarie per far funzionare e far replicare le cellule. Tutto assai semplice, dunque, nonostante la gaia scienza faccia di tutto per rendere il ragionamento della vita qualcosa ai limiti dell’assurdo, dell’unico e dell’irripetibile. Ancora un altro “Mah!”.
Le civiltà tecnologiche
Siamo arrivati al punto cruciale. Se parte la vita pluricellulare è logico attendersi la cosa più normale: ovvero lo sviluppo di una qualche forma di vita, che dovrà prima trovare una sua forma organizzativa stabile, chiara e ben definita nelle regole generali (noi) e poi sviluppare una tecnologia sempre più perfezionata, fino al punto da ritenerla “di tipo avanzato” (noi fra non meno di un secolo circa).
Ed ora ci addentriamo nel campo delle ipotesi formulate dagli astrobiologi. Per quello che ne sappiamo, ovvero per ciò che possiamo desumere dai dati della nostra esperienza, un mammifero, inteso come “specie animale”, può durare circa dieci milioni di anni mentre un “mammifero intelligente” (con un eufemismo, supponiamo di essere noi, esseri umani, i mammiferi intelligenti), una volta che abbia raggiunto la tecnologia avanzata, potrebbe rischiare di incamminarsi a ritroso, ma in maniera accelerata, verso la propria fine per cui si presuppone che una civiltà non possa superare i ventimila anni.
Ma i resti umani rinvenuti sulla Terra parlano. Eccome parlano! Ad esempio, i denti rinvenuti in Cina nel 1976, ci raccontano di popoli che vivevano tranquillamente tra sessantamila e centoventimila anni fa per cui, anche qui, come per le dimensioni della nostra Galassia, si brancola nel buio più completo, anche perché poi si suppone che la civiltà tecnologica possa riemergere una decina di volte, il che porterebbe il totale già a duecentomila anni! Numeri numeri e ancora numeri in continua evoluzione!
In mezzo a tanta allegra scienza, noi rimaniamo fermi sulle nostre posizioni: là fuori la cosa più normale che ci sia è la vita, per cui la probabilità che in mezzo a miliardi e miliardi di Soli non siamo soli è davvero altissima, e le civiltà a noi coeve sono certamente in numero assai cospicuo, alla faccia dei “Mamma Santissima” della scienza.
Il segnale radio
Giunti a questo punto, una delle possibilità per verificare la nostra solitudine o meno nell’Universo, potrebbe essere rappresentata da un atteggiamento di ascolto, nella speranza di captare segnali provenienti dallo spazio profondo. Su questo ragionamento ci siamo già espressi in un precedente articolo, dove abbiamo manifestato tutto il nostro pessimismo al riguardo, ma ora cercheremo di renderlo più tangibile poiché ne analizzeremo gli aspetti più profondi. Innanzitutto, quaggiù a casa nostra, nella Via lattea, abbiamo un limite pressoché insuperabile, almeno fino a questo momento del nostro sviluppo tecnologico, determinato dalle “distanze invalicabili” per noi piccoli umani.
Ma perché l’attesa di un segnale dallo spazio? Facciamo qualche passo a ritroso e raggiungiamo l’anno 1959. In quel tempo, presso il Massachussetts Institute of Technology, oggi più noto come MIT, il professor Philip Morrison ed il fisico Giuseppe Cocconi, in un articolo apparso sulla rivista “Nature”, proposero l’idea di comunicare via radio con ET sfruttando il “canto dell’idrogeno”. Nasceva il Progetto SETI, un acronimo ideato da Morrison, che stava a significare la ricerca della vita intelligente al di fuori della realtà terrestre (Search for Extra-terrestrial Intelligence). Si trattava di un sistema di radiotelescopi sparsi per il mondo, ma collegati fra di loro, in grado di esplorare contemporaneamente il Cosmo, attraverso l’analisi di una lunghezza d’onda ben definita, nella speranza di captare un segnale intelligente all’interno del frastuono assordante del rumore cosmico di fondo.
Gli atomi dell’idrogeno vibrano costantemente ed emettono onde radio di 21 cm, per cui il canto dell’idrogeno equivale al rumore di fondo del Cosmo, poiché questa sostanza ne costituisce il 95 % in base al numero degli atomi. L’idrogeno, in pratica, si trova nei combustibili fossili, nel gas naturale, in tutta la materia organica e nell’acqua (due atomi di idrogeno e uno di ossigeno), ma è pressoché inesistente sulla superficie terrestre ed è rarissimo in atmosfera.
Le onde radio sembrerebbero, dunque, il mezzo più adatto per comunicare nello spazio per tutta una serie di motivi apparentemente assai validi: sono economiche poiché necessitano di pochissima energia per essere trasmesse; sono veloci perché si propagano nel vuoto alla velocità di 299.792,458 chilometri al secondo, vicinissima a quella della luce; hanno la caratteristica di poter trasportare informazioni di tipo diverso e la possibilità di essere comprese da una civiltà tecnologicamente avanzata. Ma già qui dobbiamo fare una pausa poiché c’è il primo ostacolo al progetto SETI: il Cosmo attorno a noi è un brulicare di frequenze diverse, già conteggiate addirittura in miliardi!
Problemi del segnale radio
Come abbiamo appena visto là fuori c’è una giungla pressoché insuperabile di frequenze: sono miliardi, addirittura, e già questo avrebbe dovuto far riflettere chi ha stanziato tanti soldi per una ricerca assurda. Ma, al di là della giungla, vi è una sorta di seconda barriera, questa sì del tutto insuperabile, costituita da una serie di piccoli-grandi problemi che costituiscono una vera e propria barriera alla comunicazione fra noi ed ET.
Problema del monologo – Ovviamente, le distanze eccessive sono un impedimento alla conversazione e possono trascorrere decine di anni fra una nostra domanda ed un’eventuale risposta. Supponendo che il nostro messaggio venga inviato ad un pianeta abitato, che si trova a cinque anni luce da noi, un’eventuale risposta arriverà non prima di altri cinque anni luce, per cui si avrebbe sostanzialmente un monologo e non un dialogo. Tuttavia, questo potrebbe essere un male minore poiché già viviamo in questo clima da circa sessant’anni, ovvero da quando abbiamo iniziato ad inondare il Cosmo col segnale televisivo.
Problema del sincronismo – Se un’altra civiltà non si trova al nostro stadio evolutivo non può esserci sincronia fra noi e loro. Se fosse più giovane non avrebbe la tecnologia per ricevere e men che meno quella per capire il nostro segnale. Se fosse più anziana, ovvero maggiormente evoluta, quasi sicuramente userebbe una tecnica diversa dal segnale radio per comunicare. Capiamoci meglio! Questo secondo problema è del tutto insuperabile! Infatti, qualora questa seconda civiltà ci avesse inviato un messaggio quando noi eravamo al tempo di Roma come avremmo potuto riceverlo, leggerlo ed interpretarlo?
Problema della direzione – Questo sì che è davvero un bel problema, ovviamente del tutto insuperabile. Dove potremmo puntare il nostro telescopio visto che lo spazio galattico si espande intorno a noi di 360°? Il percorsi fino ad ora seguito dal SETI è, apparentemente, anche abbastanza logico, almeno dal punto di vista terrestre: si sono prima puntati i radiotelescopi verso le stelle più vicine, poi verso quelle mediamente vicine, quindi verso le galassie, poi verso il centro della Via Lattea ed ora verso le estremità della Galassia. All’interno di questo punto-problema dovremmo parlare del tipo di segnale inviato e di quelli eventualmente ricevuto ma tutto il discorso diventerà oggetto di un prossimo editoriale, che speriamo possa risultare interessante per i nostri lettori.
Problema della lunghezza d’onda – In quale lunghezza d’onda potremmo andare a cercare un messaggio lanciato da ET? In pratica un altro problema quasi irrisolvibile poiché si dovrebbe agire come facciamo quando siamo in auto, in una zona dove la nostra antenna non prende e noi che continuiamo a cercare una frequenza non disturbata o poco disturbata; oppure, allo stesso modo, quando andiamo alla ricerca di una sintonizzazione manuale del segnale televisivo. Fortunatamente, almeno questo problema potrebbe comunque trovare soluzione, cosa che ovviamente non è ancora avvenuta.
Problema del “Canto dell’idrogeno“ – La nostra gaia scienza sembra essere in perfetta sintonia su questo punto: una civiltà tecnologicamente avanzata dovrebbe scegliere una lunghezza d’onda abbastanza popolare nel Cosmo; come abbiamo già avuto modo di vedere, la più popolare sembrerebbe essere quella della riga dello spettro atomico dell’idrogeno, poiché è l’elemento più abbondante nel Cosmo, ha una lunghezza d’onda chiara e definita di 21 cm ed è facilmente riconoscibile poiché crea un sibilo di fondo nei radiotelescopi. Ovviamente, questo non è un vero problema in quanto il canto dell’idrogeno è solo un mezzo completamente sbagliato per entrare in contatto con ET: da uno a 10, rispetto ad un segnale-immagine che vale 10, in quanto immediatamente comprensibile, il canto dell’idrogeno vale meno di zero.
Problema della comprensione – Se sulla Terra arrivasse un messaggio di ET, e venisse riconosciuto come tale, ci aprirebbe il fronte insuperabile della comprensione. Come abbiamo appena visto, se il messaggio di ET ci fosse arrivato al tempo di Roma, magari anche scritto in latino o greco ma avesse poi trattato un argomento di elettronica o di chimica, voi credete che qualcuno, pur riuscendo a leggerlo, sarebbe poi riuscito ad interpretarlo?
Da questo ultimo problema del messaggio arriviamo quindi alla nostra contrarietà totale verso il SETI, almeno così come è stato gestito fino ad ora. Se ET fosse mediamente intelligente, ovvero la sua conoscenza tecnologica fosse quasi simile alla nostra, ci invierebbe un segnale contenente tutto il percorso fatto dal suo sapere.
Se, invece, ET fosse intelligente almeno quanto noi, ovvero la sua civiltà tecnologica fosse del tutto simile alla nostra, non ci invierebbe un segnale radio fatto da parole e numeri ma un segnale televisivo, contenente se stesso ed il suo mondo: un segnale di questo tipo sarebbe immediatamente leggibile anche da una civiltà tecnologica più giovane della nostra.
Controlli del segnale radio
Il Progetto Phoenix è, forse, l’esperimento più noto e costoso realizzato sulla Terra per ascoltare ET ed è condotto dall’istituto SETI che ha sede a Mountain View, in California. Per fortuna che ora è finanziato con fondi privati! L’esperienza ha avuto inizio col radiotelescopio di Parkes, nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, nel lontano 1965. Dal 1996 al 1998 è stato utilizzato il radiotelescopio di Green Bank, nel West Virginia (Stati Uniti) ed ora si sta utilizzando il radiotelescopio di Arecibo a Portorico.
Questo strumento ha il compito di ascoltare circa due miliardi di canali radio per ogni stella, analizzando la banda radio che è compresa fra 1.200 e 3.000 MHz. Per quello che si sa, sembra che stia esaminando le ottocento stelle più vicine a noi, in un raggio di circa 200 anni luce dal Sole, dedicando circa un quarto d’ora per ogni stella e producendo perciò un’immensa biblioteca di segnali.
Ma come farà mai, vi chiederete voi, a capire che il segnale che sta ricevendo è proprio quello inviato da ET? State un po’ a sentire che serie di mal di pancia hanno deciso di prendersi, laggiù a Portorico, senza minimamente valutare la serie di problematiche che via abbiamo appena illustrato.
Controllo di I livello – Se un segnale viene ritenuto dubbio, viene immediatamente confrontato con quelli contenuti nell’immensa biblioteca e se coincide con qualcuno di essi viene scartato in quanto, per accedere al livello successivo dovrebbe essere dotato dell’effetto Doppler. Esso consiste in uno spostamento di frequenza, dovuto alla rotazione terrestre: se il segnale si sposta verso frequenze più alte, ovvero aumenta l’intensità, significa che ci si sta avvicinando; per contro, se il segnale si sposta verso frequenze più piccole, cioè diminuisce di intensità, significa che ci si sta allontanando. Per capire l’effetto Doppler è sufficiente fare l’esempio del fischio del treno: esso diventa via via sempre più acuto quando il treno si sta avvicinando e si trasforma in progressivamente più debole quando il treno è in fase di allontanamento.
Controllo di II livello – Se chi sta trasmettendo il segnale ricevuto dal radiotelescopio fosse un trasmettitore terrestre, non si avrebbe l’effetto Doppler poiché quel trasmettitore non si muoverebbe rispetto al radiotelescopio. Tuttavia, occorre segnalare che un possibile inganno a tal proposito potrebbe venire da un satellite in orbita terrestre. Per ovviare a ciò si è introdotto il doppio controllo col radiotelescopio di Jodrell Bank, così si capirebbe subito se si tratta di un’interferenza o meno. Capiamoci meglio anche su questo punto!
Se il segnale non fosse presente nella sterminata biblioteca, esso entrerebbe di diritto nel secondo livello e le sue proprietà verrebbero immediatamente trasmesse al radiotelescopio di Jodrell Bank, dove dovrebbero confermare il ricevimento o meno dello stesso segnale: qualora non lo ricevessero tutto si fermerebbe e l’allarme cesserebbe poiché si tratterebbe di un segnale di origine terrestre. Infatti, come abbiamo appena visto, se provenisse da ET dovrebbe avere uno spostamento Doppler leggermente diverso tra le due località per cui, in assenza di diversità tutti tornerebbero a bersi un buon caffè.
Controllo di III livello – Uno spostamento Doppler leggermente diverso tra Arecibo e Jodrell bank si produrrebbe un primo vero allarme ed il controllo entrerebbe di peso nel III livello. Il protocollo prevede che ognuno dei due radiotelescopi diriga la direzione lontana dalla sorgente che sta emettendo il misterioso segnale poiché così facendo, se fosse un’interferenza, il segnale sarebbe ancora udibile.
Controllo di IV livello – Ma se orientando i radiotelescopi da un’altra parte il segnale non si udisse più scatterebbe una sorta di ulteriore allarme e i due radiotelescopi verrebbero riposizionati in direzione della sorgente, nella speranza, ampiamente giustificata, della ripetitività del primo segnale. Qualora ciò dovesse accadere, si accenderebbero tutte le lucine rosse ed ognuno sarebbe sbattuto giù dalla propria brandina poiché si entrerebbe nel livello veramente atteso: il quinto.
Controllo di V livello – Tutti sarebbero davanti agli schemi e nel silenzio più assoluto poiché si tornerebbe a puntare il radiotelescopio di nuovo lontano dalla fonte del presunto segnale di ET, così da verificare eventuali interferenze, e se anche queste venissero scartate, il responsabile del radiotelescopio dovrebbe informare immediatamente il Segretario Generale dell’ONU il quale avrebbe il compito immediato di dare l’annuncio al mondo (America permettendo, aggiungiamo noi) mentre la comunità internazionale, riunita nella sede dell’ONU, avrebbe il compito di formulare la risposta.
Alcune domande
Bene, caro lettore. Giunto a questo punto, pensi che i nostri punti di vista sul SETI possano essere condivisibili? Se così non fosse, non sarebbe comunque un problema. Continua ancora a leggere, poiché l’articolo continua ad essere interessante. Facciamoci alcune domande: ET si è accorto della nostra presenza? Vuole comunicare con noi? E se volesse comunicare con noi, userebbe i nostri mezzi? E se volesse provare a leggere un nostro messaggio, riuscirebbe a decifrarlo? Riuscirebbe anche a rispondere? E che tipo di messaggio potrebbe inviarci?
E qui viene il bello, un bello talmente bello che la gaia scienza si guarda bene dal proporcelo nella sua estrema semplicità, ma fa a gara, fra astronomi di ogni nazione, per complicarcelo all’inverosimile. Ascoltate bene e riflettete su chi pretende di darci dei creduloni e degli ignoranti. Se ET osservasse in un qualche modo il nostro pianeta, da una distanza di anni luce, di che cosa si accorgerebbe immediatamente? Semplicemente si accorgerebbe che l’atmosfera attorno al pianeta è composta da ossigeno per il 20%!!! E l’ossigeno da che cosa è prodotto? La risposta è ovvia: dall’attività di fotosintesi degli organismi viventi. “Bingo!!! Laggiù c’è vita!”, direbbe lo scienziato ET 1 al suo collega ET 2.
A questo punto ET potrebbe pensare di inviarci un messaggio ma, di certo, non userebbe la frequenza radio: troppo primitiva e del tutto inutile. Pensate: nella Via Lattea abbiamo appena visto come vi siano centinaia di miliardi di stelle, e forse anche di più, per cui captare un messaggio sarebbe come cercare un ago in un pagliaio. E se è pur vero che nella banda da 1 a 10 GHz, la famosa “Pozza d’acqua”, il disturbo arrecato dal rumore di fondo è minimo, là dentro vi sono comunque miliardi di canali radio! Per tale ragione ET sceglierebbe un’altra via: o quella delle immagini o quella della luce laser, forse.
Concludiamo l’argomento con una piccola riflessione, alla quale, forse, non avevate ancora pensato. Come mai stiamo assistendo ad una corsa sfrenata alla conquista della Luna? Ci si sono ributtati a capofitto gli americani dopo che la Russia aveva comunicato il suo programma lunare, mentre gli indiani stanno investendo camion di denari ed i cinesi, sempre loro, zitti zitti, sono già andati lassù con diverse sonde. Un radiotelescopio montato sulla faccia nascosta della Luna sarebbe al riparo, al 100%, da ogni interferenza terrestre, che è il vero problema prima di arrivare al controllo rosso del V livello! E chi prima arriva, prima alloggia. E sarà per sempre!