Viaggi nel Cosmo: propulsione spaziale e velocità

viaggi-nel-cosmo-2-Viaggiare nel Cosmo è certamente fra i sogni dell’uomo, ma i limiti da superare sono davvero tanti. Da un lato vi sono le immense distanze che ci separano anche solo dai pianeti di casa nostra, ovvero quelli del nostro piccolissimo Sistema Solare, dall’altro c’è l’inadeguatezza tecnologica dei mezzi spaziali, poiché manca ancora del tutto un’adeguata tipologia di propulsione, necessaria a raggiungere un’accettabile velocità di crociera, che dovrà comunque essere enormemente superiore a quella raggiunta dallo Space Shuttle.

LA FORMULA DELLA VELOCITÀ

Il primo obiettivo di un mezzo spaziale è quello di staccarsi da terra, per poi raggiungere alcune centinaia di chilometri di quota e, una volta raggiunta una determinata quota di volo, occorrerà posizionarsi su di una velocità di equilibrio tale da consentire al mezzo di rimanere stabile, cioè eliminando i rischi di un abbassamento verso terra o di allontamento verso lo spazio più esterno. Tale velocità è dettata da una semplice formula matematica che deve tener conto di tre valori: la costante “G” che determina l’intensità della forza gravitazionale, la massa del nostro pianeta Terra e il raggio orbitale (quota più raggio del pianeta Terra).

Se, ad esempio, si prendesse la navetta spaziale Space Shuttle, la cui quota di volo si trova nella forbice compresa fra i 185 ed i 643 chilometri, e la si volesse far volare ad un’altezza di 400 (quattrocento chilometri o 400.000 metri), si otterrebbe la velocità stabile di 27.600 km/h (chilometri orari), che è anche la velocità tipica e media di volo di ogni satellite lanciato nello spazio o di ogni altro oggetto che si trovi lassù.

LA VELOCITÀ DI FUGA

Ovviamente, il povero Space Shuttle per arrivare a quella velocità di equilibrio, ne deve davvero superare di cotte e di crude in quanto, subito dopo il lancio, deve raggiungere la velocità di fuga, che è la prima vera preoccupazione dei tecnici della NASA. La velocità di fuga si raggiunge quando l’energia cinetica di una qualsiasi navetta spaziale è abbastanza alta da vincere la “costante G” suddetta, ovvero la forza di attrazione gravitazionale, che richiama ogni cosa a terra.

Per tale ragione, risulta di tutta evidenza di come la velocità di fuga dipenda dalla distanza di un oggetto dal centro del pianeta: tanto più si è vicini al centro del pianeta (Terra, nel nostro caso) e tanto maggiore dovrà essere la velocità di fuga, tanto più si è lontani dal centro del pianeta e tanto minore dovrà esser la velocità di fuga.

Facciamo tre esempi concreti sulla velocità di fuga: se la navetta spaziale deve partire dal pianeta Terra, servirà una velocità di fuga pari a 11,18 chilometri al secondo, se deve partire dalla Luna la velocità di fuga minima dovrà essere di soli 2,4 km/sec e se si dovesse partire da un pianeta grande come il nostro Sole si dovrà mettere un campo un velocità di fuga spaventosa, pari a 618 km al secondo.

Vi dovremmo parlare di alieni, ma prima vi dobbiamo spiegare quali sono i problemi concreti che incontra l’uomo per spedire lassù una semplice navetta spaziale e quindi non ancora per compiere un vero e proprio viaggio nel Cosmo! Solo capendo le difficoltà che si incontrano già a lasciare la Terra si riuscirà a comprendere la portata di una tecnologia che consente ad altre civiltà di andarsene tranquillamente in giro per l’Universo.

IL DRAMMA DEL DECOLLO

Per decollare da Terra deve essere chiaro che il mezzo propulsivo ha necessità di essere a più stadi, almeno tre, comunque, e ognuno con un compito preciso. Decollando da Terra, dove è richiesta una velocità di fuga di 11,18 km/secondo per vincere la forza gravitazionale, il primo stadio deve portare la navetta fino a 61 km di quota, con il raggiungimento di una velocità di 9.500 km/h. Il secondo stadio deve portare fino a 190 km di quota e progredire nella velocità fino a 22.500 km/h. Il terzo stadio deve portare la velocità  38.000 km/h (dieci chilometri ogni secondo), così da prepararsi al momento più difficile, che è quello di raggiungere la velocità di fuga di 11,28 km/secondo, corrispondente ad una velocità effettiva di 40.248 Km/h, necessaria ad abbandonare il campo gravitazionale terrestre ed entrare nella terra di nessuno. Per raggiungere quegli obiettivi, i motori della povera navetta spaziale debbono quindi compiere un ultimo immane sforzo, con dispendio spropositato di carburante. Ovviamente, decollando da un pianeta più piccolo del nostro, avente una massa e una relativa forza gravitazionale inferiori, è richiesta una velocità di fuga inferiore, e quindi un minor dispendio di carburante.

DISTANZE COSMICHE

Ora che abbiamo capito cosa significhi “decollare da un pianeta”, dobbiamo riflettere su di un altro aspetto dei viaggi nel Cosmo non meno inquietante: le distanze. E la distanza che una navicella spaziale sia riuscita fino ad ora a percorrere nello spazio, con tanto di astronauti a bordo, è esattamente quella che separa mediamente la Terra dalla Luna, ovvero circa 384.400 chilometri. Essendo l’estensione complessiva del nostro Sistema Solare di circa 39,3 UA (Unità Astronomiche), dobbiamo pensare ad un totale ipotetico di almeno sei miliardi di chilometri, in quanto ogni U.A. suddetta corrisponde a circa centocinquanta milioni di chilometri, che è la distanza media che intercorre dalla Terra al Sole.

Nei nostri precedenti articoli sui viaggi spaziali abbiamo visto come, al momento attuale, constatato il livello tecnologico raggiunto dall’uomo, sia del tutto impossibile poter disporre, quasi certamente per tutto il prossimo secolo, di un mezzo spaziale in grado di condurci ad esplorare il solo nostro Sistema Solare. La vera sfida la conosciamo bene, dunque: l’uomo deve assolutamente dotarsi di sistemi propulsivi innovativi, che gli consentano davvero di viaggiare all’interno del nostro Sistema Solare in tempi umani e spingersi, prima possibile, anche oltre, sapendo comunque che viaggiando alla velocità della luce per ottant’anni, si percorrerebbe una distanza di ottanta anni-luce appunto, che è un valore risibile rispetto all’estensione complessiva della nostra galassia, ovvero la Via Lattea, la quale si estende sul suo piano equatoriale per almeno 80.000 (ottantamila) anni-luce, anche se c’è già chi parla di non meno di centomila anni-luce.

E dopo la nostra galassia, che probabilmente è una delle più piccole in assoluto, inizia l’inesplorato, infinito ed inimmaginabile mondo costituito da altri miliardi di miliardi di galassie. E dunque, viaggiando nel Cosmo alle attuali condizioni, non si andrebbe da nessuna parte e non si avrebbe alcuna possibilità di tentare di porre in salvo la nostra civiltà per tutto il prossimo secolo. Proviamo, dunque, a fare un passo indietro e a ricollegarci all’articolo dei “Viaggi interstellari“, andando ad analizzare alcuni aspetti che, al momento attuale di sviluppo tecnologico, sono certamente al di fuori di ogni logica, ma che se esaminati in prospettiva potrebbe aprire scenari davvero interessanti.

ELASTICITÀ DEL TEMPO

Se un giorno di un secolo a venire, ma ancora molto lontano comunque, dovesse accadere che l’uomo riuscisse a superare la sfida suprema del sistema propulsivo adeguato ai viaggi spaziali in tempi almeno umani, si dovrà poi affrontare il secondo livello richiesto da questo Cosmo infinito, dove i Soli ed i pianeti sono collocati a distanze cosmiche fra di loro, che nulla hanno a che vedere con i tempi biologici della razza umana. Diventa dunque giocoforza considerare il Tempo come la seconda variabile della sfida.

La teoria della Relatività Ristretta sostiene che il Tempo non sia più qualcosa di fisso ed inamovibile, come si è abituati normalmente a pensarlo e sperimentarlo, che procede sempre in avanti, ma subisce un “effetto-dilatazione” in quanto i singoli intervalli di Tempo sono relativi al proprio stato di moto. Per un astronauta che potesse viaggiare alla velocità della luce il Tempo diventerebbe elastico ed ogni suo viaggio richiede un tempo inferiore rispetto al tempo nostro ordinario, di terrestri che si vivono su questo pianeta. Quell’astronauta vivrebbe concretamente l’effetto della “contrazione del Tempo” in quanto egli assisterebbe in diretta al fenomeno della “contrazione delle distanze“, per cui la distanza dalla stella a noi più vicina, ovvero la Proxima Centauri, calcolata in 4,22 anni-luce, si assotiglierebbe a solo “mezzo anno-luce“, che però equivarrebbe pur sempre ad una lunghezza di 4.500 miliardi di chilometri.

E quanto tempo servirebbe per percorrere 4.500 miliardi di chilometri con gli attuali mezzi propulsivi? Se si assumesse come termine di riferimento una velocità media di 36.000 km/h, a metà fra quella massima dello Space Shuttle (40.248 km/h) e quella media della ISS (28.800 km/h), in un giorno si percorrerebbero 864.000 chilometri, in un anno 315.360.000 chilometri, in dieci anni 3.153.600.000 chilometri e in trent’anni, corrispondenti alla massima attività biologica di un astronauta, 9.459.800.000 chilometri.

Ovvero, anche arrotondando la distanza a dieci miliardi di chilometri, essendo un anno-luce 9.500 miliardi di chilometri circa e mezzo anno luce 4.750 miliardi di chilometri circa, mancherebbero all’appello la bellezza, rispetto alla distanza teorizzata dal tempo contratto, di ben 4.740 miliardi di chilometri! Ecco perché diciamo che nemmeno nel prossimo secolo si potrà sperare di avere qualcosa per viaggiare nel Cosmo, dove la nostra attuale tecnologia non è da considerarsi nemmeno all’età della pietra.

I MODULI DELLA NAVETTA

E su quella navetta che si appresterà ad abbandonare la Terra per cimentarsi in un viaggio verso l’ignoto vi dovrà essere un’organizzazione totalmente modulare, del tipo: un modulo per la gestione dell’energia complessiva, un modulo per i ricambi elettrici, energetici ed informatici, un modulo per un motore a reazione di riserva con relativi pezzi di ricambio, un modulo di comando, un modulo laboratorio, un modulo chirurgico, un modulo di isolamento, un modulo di aggancio esterno, un modulo di discesa, un modulo per esperimenti, un modulo per deposito vario, un modulo per il cibo, un modulo per l’acqua, un modulo di riciclaggio generale, diversi moduli abitativi, un modulo per l’operatività esterna, un modulo con almeno due camere di decompressione e, infine, almeno alcune navette esterne di salvataggio, a più posti.

LA PROPULSIONE SPAZIALE

Ritornando con i piedi a terra, esamineremo ora il tema della propulsione spaziale, chiarendo che la maggior parte dei sistemi propulsivi è formata da una combustione di propellenti e dalla loro conseguente esplusione attraverso ugelli posteriori gasdinamici. Ovvero, il motore produce la propulsione in due fasi: prima brucia uno o più propellenti i quali, poi, producono un gas che viene convogliato con flusso continuativo verso ugelli posti nella parte retrostante, in modo da produrre una spinta in avanti del mezzo volante, in base al principio di: azione-reazione-spinta.

Il principio del volo spaziale è dunque lo stesso per aerei e razzi, ma fra le due tipologie vi è una differenza sostanziale: mentre per la propulsione di un aereo si utilizza l’aria atmosferica come corburente, per la propulsione di un razzo (o di un mezzo che sia indirizzato all’eplorazione del Cosmo) si deve andare in un’altra direzione poiché lassù, oltre una certa quota, non c’è più “aria atmosferica”, ma solo “vuoto”, per cui tale mezzo deve essere autosufficiente nella propulsione e deve portarsi appresso sia il combustibile che il corburente, così da provocare il fenomeno della propulsione. Sembra sempre tutto molto semplice guardando ai film di fantascienza, ma il problema è davvero complicato!

Le attuali navicelle spaziali utilizzano motori con propellenti a reazione chimica per la fase di lancio, mentre i satelliti e le sonde utilizzano motori simili per il mantenimento del loro assetto stazionario, ma spesso fanno uso di piccoli motori elettrici per manovre modeste o di un terzo propulsore a idrazina utile per il riassestamento stazionario.

VERSO L’INFINITO ED OLTRE

A forza di guardare ai film di fantascienza si finisce, sovente, col credere che sia possibile far viaggiare una navetta spaziale, piccola o grande che sia, a velocità superluminale, ovvero superiore a quella della luce, ma noi vi abbiamo già ampiamente dimostrato come la cosa non sia per niente possibile, né ora né mai. E questo fatto, purtoppo per noi, pone un enorme macigno sui viaggi nel Cosmo, intesi come viaggi interstellari, da un sistema solare all’altro, in quanto subentrerebbero le distanze cosmiche fra le stelle, veri e propri abissi non affrontabili dalla biologia umana, essendo la durata di un corpo difficilmente superiore al secolo e la nostra attuale tecnologia non è minimamente in grado di offrire qualcosa che consenta di superare, andata e ritorno con equipaggio, un viaggio Terra-Luna, che è il solo biologicamente concessoci.

ASTRONAVI GENERAZIONALI

Sia chiaro, quaggiù sulla Terra in tanti l’hanno pensato, ma mai nessuno si è avventurato nella costruzione di una vera astronave di tipo generazionale, non soli per i costi spropositati, ma perché manca sia una vera tecnologia in grado di far decollare un velivolo tanto mostruoso sia un propellente in grado di mantenerlo in viaggio per decenni nel Cosmo. Tanti ne parlano di questi fantasiosi velivoli generazionali, pensati per viaggi stellari con tanto di equipaggi, e anche noi abbiamo fatto la nostra parte nei precedenti articoli, dimostrando che tecnologicamente saremmo in grado di provvedere a tutto, compresi gli aspetti psicologici, ma non possiamo farlo perché non c’è ancora una tecnologia propulsiva che lo permetta. Tuttavia, l’argomento del poter viaggiare a velocità superluminali, ovvero maggiori di quella della luce, è così affascinante che lo tratteremo ancora un po’.

OLTRE IL TEMPO, OLTRE LO SPAZIO E OLTRE … LA LOGICA

In un Universo come quello in cui viviamo, nel quale governa in maniera assoluta la Teoria della Relatività, noi piccoli esseri dell’Infinito siamo come in un’immensa gabbia dalla quale ci è impedita ogni possibilità di recarci su altri sistemi solari, in quanto troppo distanti nello spazio rispetto ai mezzi tecnologici in nostro possesso e troppo distanti nel tempo rispetto alla nostra durata biologica. Certamente dovremo ancora aspettare parecchie decine di secoli prima di poter fare passi significativi verso velocità sempre maggiori di quelle attuali che, come abbiamo visto nel paragrafo “ELASTICITÀ DEL TEMPO”, una volta lanciate nel vuoto possono viaggiare a motore spento a velocità medie di poco inferiori ai 30.000 km/h. In attesa di avere tecnologia che consenta velocità superiori, è bene comunque ripassare i termini del problema rispetto a ciò che massimo la fisica di questo Universo possa concedere all’uomo.

Quando un “qualcosa” è in volo, la sua massa aumenta in maniera proporzionale man mano che aumenta l’accelerazione, cosicché se dovesse anche arrivare a raggiungere la velocità della luce che, nel vuoto, è di 299.792.458  (duecentonovantanovemilioni, settecentonovantaduemila, quattrocentocinquatotto) metri al secondo o, mettendo la virgola (299.792,458), quasi trecentomila chilometri al secondo, la sua massa diventerebbe “infinita“.

Ovvero, per accelerare fino alla velocità della luce un qualcosa che abbia una massa superiore a zero, è necessaria una accelerazione finita per un tempo infinito, oppure il suo esatto contrario, ovvero un’accelerazione infinita per un tempo finito, cioè limitato nel tempo. Comunque la vogliate girare, la questione rimane sempre quella: l’accelerazione verso la velocità della luce richiede una quantità di energia talmente esagerata da doverla per forza di cose definirla col termine “infinita“. E se l’obiettivo dovesse essere quello della velocità superluminale, ovvero al di là della velocità della luce, sarebbe necessaria una quantità di energia addirittura superiore al termine “infinita” che, non esistendo, si dice solo che “quel concetto non ha senso“.

MA COME FARANNO MAI AD ANDARE COSÌ VELOCI LE ASTRONAVI DEGLI ALIENI?

E se in questo nostro Universo infinito, ma comunque “finito” rispetto alle cose che riusciamo a vedere in cielo e che conosciamo, valgono in ogni suo centimetro cubo le stesse identiche leggi fisiche che valgono quaggiù sulla Terra, ovvero valgono le stesse costanti, cioè delle grandezze fisiche che sono indipendenti dall’istante e dal luogo in cui vengono misurate, come faranno mai gli alieni a possedere astronavi in grado di viaggiare a velocità indescrivibili a detta dei testimoni che le hanno viste, proprio come è accaduto al sottoscritto e ad altre tre persone che erano con lui, tutti adulti e assai titolati, insegnanti e liberi professionisti?

Almeno in teoria, se le leggi della fisica sono quelle, e sono valide all’interno di tutto il nostro sistema di riferimento, niente e nessuno potrà mai viaggiare anche alla sola velocità della luce, e men che meno potrà mai andare oltre, verso la velocità superluminale. Ma certo! Siamo sicuri che tutti voi lo avete già capito o almeno intuito. Gli alieni non utilizzano la velocità della luce per spostare i loro velivoli, piccoli o grandi che siano, perché sparirebbero per sempre dalla vita nell’istante preciso in cui fosse raggiunta tale velocità che, come avete ben capito, non potrà comunque mai essere raggiunta … a meno che …!!!

Sì, proprio così! Ci sono diversi “a meno che” da mettere a punto in questa fisica che ci hanno fatto credere come l’unica possibile, per il semplice motivo che hanno scoperto solo quelle determinate cose e sperimentato quelle determinate leggi. E se, invece di muoversi all’interno della Relatività Generale delle grandi masse e delle grandi distanze, e nemmeno in quella Relatività Ristretta che impedisce il raggiungimento della velocità della luce, gli UFO si muovessero nelle piccole distanze o, addirittura, all’interno del Campo dei Quanti? Noi, in fondo, quella sera vedemmo chiaramente a Vigarano Mainarda un’astronave aliena enorme, molto più grande di diversi Boeing messi assieme, ferma e immobile solo qualche centinaio di metro sopra alle nostre teste, con tantissimi esseri altissimi e magrissimi a bordo. Poi, dopo una manovra lunga e lenta di riposizionamento, decise di partire senza emettere alcun sibilo o rumore: la massa metallica si trasformò in miliardi di miliardi di luci colorate e partì, dapprima lentamente, per uno, due o tre secondi circa, facendo un paio di decine di metri, ma non di più, quindi sparì letteralmente davanti ai nostri occhi. La rivedemmo dopo circa un’ora, ad una ventina di chilometri di distanza, di nuovo immobile sulla campagna di Altedo (BO).

E ancora, se gli UFO si muovessere sempre nello spazio di casa nostra, ma all’interno di zone particolari, dai nomi cupi come lo “Spazio vuoto di Camsir” o lo spazio dei “Wormhole” o, visto che il metallo quella sera divenne “luce pura”, lo “spazio fotonico” dove le particelle a “massa zero” potrebbero teoricamente superare la velocità della luce, o il “subspazio o iperspazio“, ovvero in quella regione nella quale la Relatività Generale viene come distorta, o in una “bolla di spazio chiuso” o, addirittura sfruttassero la “teoria del tachioni“, che aumentano la velocità al diminuire della loro energia? Ve ne parleremo nel nostro prossimo ed anche ultimo articolo dedicato ai viaggi spaziali.

centro-ufologico-ferrarese-cuf-artioli-fiorenzoDesideri frequentare il nostro centro ufologico? Siamo a Vigarano Pieve, in via Mantova 117, nella palazzina che ospita la Delegazione Comunale del Comune Vigarano Mainarda, luogo dell’avvistamento della gigantesca astronave aliena, osservata contemporaneamente da quattro persone adulte la sera del 27 settembre 1986. La nostra sede è aperta tutti i giorni, ma la serata ufficiale è il giovedì, dalle 21:30 alle 23.00 circa. Ti piacerebbe iscriverti al nostro centro ufologico e provare a fare l’ufologo? L’iscrizione è gratuita e valida per sempre. Per informazioni di ogni tipo o segnalazioni di presunta natura ufologica, puoi telefonare in ogni momento al 333.595.484.6 e ti risponderò io, Fiorenzo Artioli, fondatore e coordinatore del Centro ufologico ferrarese, nonché redattore del presente articolo, liberamente utilizzabile nel Web a patto di ricordarsi di citare la fonte, così da dare a Cesare ciò che gli appartiene di diritto, ovvero le idee che sono state qui espresse.