UFO Disclosure: Frank Scully e gli UFO

frankskullyLa vicenda dell’UFO Disclosure generatosi attorno alla figura di Francis Joseph Scully, meglio noto in campo ufologico come Frank Scully (1892-1964) è ancora viva ai giorni nostri. Giornalista e scrittore statunitense, nel 1933 rientrò negli USA dall’Europa, dove si era trasferito per lavoro, e trovò un’occupazione presso la 20th Century Fox, iniziando contemporaneamente a collaborare per la rivista “Variety“. Nel 1950 pubblicò “Behind the Flying Saucers“, il suo unico libro di ufologia che gli fece ottenere un successo mondiale.

Premessa all’ingarbugliata vicenda

Per comprendere al meglio l’UFO Disclosure generatosi in tutti questi anni e conclusosi solo attorno al 2011, occorre fare alcune premesse generali ed inquadrare successivamente singoli episodi. Nel 1949, allorquando si trovava a collaborare con la rivista Variety, ebbe a pubblicare un articolo in due puntate in cui narrava del presunto UFO Crash di Aztec (Nuovo Messico) accaduto l’anno precedente. Sostenne che nell’oggetto, recuperato dai militari e poi trasportato alla base aerea di Wright-Petterson Air Force, sarebbero stati rinvenuti i corpi di due piccoli esseri di forma antropomorfa.

Silas-NewtonQuando l’anno successivo pubblicò il libro “Behind the Flying Saucers“, fornì nuovi particolari della vicenda, chiarendo che i suoi informatori sarebbero stati un tal Silas Newton, ricco uomo d’affari ed uno scienziato che si faceva chiamare “Dott. Gee“. Egli sostenne che all’interno del disco di circa trenta metri di diametro precipitato vennero rinvenuti i corpicini di ben sedici esseri umanoidi e misteriosi simboli assimilabili, come tipologia, ai geroglifici.

leo-gebauer-dottGEEIl giornalista Philip Cahn, del San francisco Chronicle fece un’inchiesta che lo condusse a scoprire la bufala: né trovò i presunti testimoni e non raccolse nemmeno una testimonianza ufologica dagli abitanti della zona. Scoprì, per contro, che il misterioso “Dott. Gee” altri non era che l’amico di Silas Newton e si chiamava Leo Gebauer; i due avevano provato a truffare gli abitanti dell’area tentando di vendere loro “strumentazione dotata di tecnologia aliena, finalizzata alla ricerca dell’oro, del petrolio e del gas“. Per convincere i potenziali clienti mostravano un pezzo di metallo recuperato dall’UFO Crash, Philip Cahn riuscì ad impadronirsene e ad analizzarlo: si trattava di semplice alluminio usato nella costruzione delle pentole. Così la vicenda si concluse nel 1953 con l’arresto dei due truffatori. Ma dieci anni dopo, Frank Scully ebbe a ritornare sulla vicenda, all’interno del libro “In Armour Bright“, sostenendo che l’UFO Crash sarebbe veramente accaduto in una località nei pressi di Aztec per cui, da allora, quello viene ancora ricordato col titolo di “UFO Crash di Aztec“.

Di questo presunto UFO Crash nessuno s’interessò più, in maniera concreta, fino al 1986, allorquando William Steinman e Wendelle Stevens lo ripresero pubblicando “UFO Crash at Aztec: A Well Kept Secret“. Dal loro punto di vista l’incidente sarebbe realmente accaduto ed avrebbe subito un insabbiamento da parte dei militari: la prova sarebbe celata nei segnali registrati da tre diversi radar ma fatti passare falsi allarmi; gli alieni sarebbero stati quattordici e l’informatore di Leo Gebauer (Dott. Gee) sarebbe stato uno degli scienziati che avrebbero esaminato i detriti.

Guy-Hottel-FBIInfine, nel 2011 venne scoperto un documento del 22 marzo 1950, successivamente chiamato “Memo Hottel“, che sarebbe stato redatto da Guy Hottel, un presunto agente dell’FBI, e indirizzato ad Edgar Hoover, a capo dell’organizzazione. Nel documento si sostiene che in Nuovo messico erano caduti ben tre UFO ed al loro interno vennero trovati i corpi di diversi umanoidi di piccola statura. La vicenda, ingarbugliatissima, ma assai interessante, parte dunque proprio dalla fine, ovvero dal “Memo Hottel”, detto anche “Hottel Memo”.

The Hottel Memo

Si tratta di un semplice appunto, del tutto falso e vecchio di oltre sessant’anni. Purtroppo per noi ufologi, ecco che cos’è realmente l’Hottel memo: una bufala al 100%. Questa nota o memorandum (memo) si trova nientemeno che sul sito dell’FBI, nella sezione “FBI Records – Unexplained Phenomenon“, dove è stata ufficialmente caricata il 6 dicembre 2010 con il titolo di “Guy Hottel” e così sintetizzata: “Guy Hottel was a Special Agent in Charge of the FBI’s Washington Field Office. The information concerning Mr. Hottel is in regard to a March 22, 1950, memo he sent to the Director concerning flying saucers“.

Nel Disclaimer del suddetto sito si dice che qui sono contenuti molti files di pubblico interesse e di valore storico mentre nella sezione denominata “The Vault” si afferma che questo settore dell’FBI non è altro che una nuova stanza di lettura elettronica, contenente oltre duemila documenti che sono stati scannerizzati, compresi più di venticinque nuovi files che sono stati resi di dominio pubblico ma non integrati nel sito. Dunque, siamo di fronte a qualcosa che c’era prima ed ora è stato ripresentato in una nuova veste elettronica. Punto e a capo.

Chi era Guy Hottel?

Ma andiamo con ordine e cominciamo col dire chi era mai questo “fantomatico agente” noto come Guy Hottel, che ha scatenato le fantasie di una facile ufologia e pure quelle della stampa sensazionalistica. Presso il database delle persone defunte dal 1962 o SSDI (Social Security Death Index), grazie ad una ricerca compiuta da un iscritto alla mailing list del sito http://www.shorpy.com (pagina “node/4464” e ricerca “Little Green Men: 1924 – Shorpy Historic Photo Archive”), si legge quanto di seguito riportato (sintesi): “Necrologio, 9 giugno 1990 – Guy Llewellyn Hottel, agente dell’FBI, segretario di Direzione dell’Horseman’s Benevolent And Protective Association ed ex agente dell’FBI, è defunto il 6 giugno (1990) presso una clinica di Lewes, Del. (Contea di Sussex, Stato del Delaware, Penisola Delmarva, USA). Il signor Hottel, nato il 12 marzo 1902, ha vissuto in Rehoboth Beach dal 1977, era un nativo di New Market, Virginia e si era laureato presso la George Washington University. Nel 1934 entrò a far parte dell’FBI come agente speciale a Washington. Durante la Seconda Guerra Mondiale divenne comandante dell’agenzia di Washington, con la qualifica di ufficiale superiore; nel 1951 fu trasferito alla Divisione di identificazione e nel 1955 andò finalmente in pensione ma si rese disponibile a lavorare, fino al 1974, presso l’organizzazione “Horseman’s Benevolent And Protective Association”, la quale rappresentava i proprietari e gli allenatori di cavalli purosangue. I suoi due matrimoni finirono entrambi in divorzio. Alla data del 9 giugno risultavano ancora viventi due figli: Chandler V. Hottel e William G. Hottel“.

Perché divenne tanto famoso?

A questa domanda hanno già risposto in tanti: ufologi americani ben informati e studiosi italiani di ufologia certamente ben preparati. Come abbiamo specificato in apertura dell’articolo, il 22 marzo 1950, in qualità di agente speciale dell’FBI, Guy Hottel raccolse una testimonianza sui dischi volanti.
Nella memo presente sul sito ufficiale dell’FBI, ed inviata al direttore dell’FBI, si dichiara quanto di seguito riferito: “La seguente informazione è stata fornita (informazione cancellata). Un investigatore dell’Air Force, ha asserito che tre cosiddetti dischi volanti sono stati recuperati nel New Mexico. Essi sono stati descritti di forma circolare, con un’alzata centrale, del diametro di circa cinquanta piedi (poco oltre i quindici metri). Ciascuno era occupato da tre corpi di forma umana ma alti solo 3 piedi (poco più di 90 cm), vestiti di un abito metallico a trama molto fine. Ogni corpo era fasciato in un modo simile a coloro che compiono esperimenti sulla velocità e sui test per piloti. Secondo quanto riferito dall’informatore, il Signor (informazione cancellata), i dischi volanti vennero ritrovati nel New Mexico a causa del fatto che il Governo ha, in quella zona, un radar ad alta potenza e si pensa che esso interferisca con il meccanismo di controllo dei dischi volanti“.

Attendibilità del memorandum

Sull’attendibilità del memorandum (o memo) suddetto non vi è nulla da obiettare: esso è lì, sul sito ufficiale dell’FBI e con la sua presenza sembra quasi che possa testimoniare, senza ombra di dubbio, la realtà di un avvenuto ufo-crash. Purtroppo per noi ufologi la storia è ben diversa e per inquadrarla in tutta la sua realtà abbiamo bisogno di partire dalla fine, ovvero dall’essenza stessa del VAULT, il sistema di diffusione pubblica delle notizie adottato dall’FBI; esso è semplicemente un nuovo sistema messo in piedi dall’FBI dall’inizio del mese di aprile per accedere più facilmente ai documenti presenti sul sito.
In questo memorandum, peraltro mai classificato, si sostiene che un “Air Force investigator” ha dichiarato all’agente speciale Guy Hottel la scoperta di un triplice “UFO crash” nel New Mexico, in una località e in un periodo non meglio identificati. Il misterioso testimone specifica poi che all’interno di ciascun “flying saucer” si trovavano tre corpi di “human shape“, per un totale, quindi, di nove entità aliene, alte “only three feet“, vestite di “metallic cloth of a very fine texture“. Infine, l’anonimo informatore dichiara che gli UFO sarebbero caduti a causa dell’interferenza con una “hight powerd radar” presente nella zona.
In conclusione, appare chiaro che l’agente Hottel abbia solo riportato ciò che venne dichiarato da un anonimo informatore e non le sue proprie convinzioni sulla testimonianza rilasciata, la quale è collegata ad un “UFO hoax” vecchio di sei decenni e sul quale l’ufologia mondiale aveva fin da subito steso un velo pietoso.

Ricostruzione della vicenda

Dopo aver letto quanto riportato su Wikipedia (http://www.en.wikipedia.org/wiki/Frank_Scully) nonché le conclusioni dell’ufologia statunitense più accreditata (link citati), ed averle confrontate con quelle esposte da Paolo Toselli, studioso del fenomeno ufologico in chiave critica, presente in rete al link fornito in apertura di articolo e riportata dal giornalista Flavio Vanetti, abbiamo ampiamente convenuto sulle conclusioni da essi raggiunte per cui le riportiamo, in forma sintetica, nei passi seguenti, avendo cura di aggiungere le nostre riflessioni poiché, comunque la si intenda, si tratta di una vicenda avvolta da tanta nebbia, creata da un continuo fluire di personaggi, solo apparentemente legati fra di loro ma assai diversi negli interessi e nelle reciproche aspettative. Un caso, insomma, tipico dell’ufologia USA.

Il 12 ottobre 1949 apparve sulla rivista “Variety” (Pronuncia “varuàieti”) un articolo su due colonne, firmato dal giornalista Frank Scully nel quale si raccontava che creature aliene vennero ritrovate in seguito ad un “flying saucer crash”, e si sosteneva che quanto egli andava asserendo gli era stato rivelato da uno scienziato coinvolto nelle operazioni di recupero, da lui definito con lo pseudonimo di “Dr. Gee” (Pronuncia “gi:”).
Egli, grazie anche ad un secondo misterioso informatore, un texano addetto alle ricerche di petrolio, sostenne che il governo USA aveva recuperato un disco volante precipitato il 25 marzo 1948 nella località di Atzec, nel New Mexico. (N.d.R. – L’opinione di Skully è quella del 25 marzo ma la data è assai dubbia; sono in molti, infatti, a sostenere che l’UFO Crash sarebbe accaduto in una data compresa fra il 13 ed il 25 febbraio. Inoltre, come ben si comprende, questo presunto incidente ufologico non ha nulla a che vedere con il ben più famoso caso accaduto a Roswell il 4 luglio del 1947).
Sempre secondo il racconto di Skully, i tecnici inviati sul luogo dell’impatto dal governo USA sarebbero riusciti a penetrare all’interno del disco grazie ad un’apertura venutasi a creare in conseguenza del terribile impatto. Qui avrebbero trovato i corpi di sedici esseri, piccoli ed antropomorfi, di carnagione tendente al color cioccolato, abbigliati in un modo assai curioso, quasi “old fashioned”. Gli scienziati che esaminarono successivamente il disco volante ebbero a sostenere, secondo Scully, che esso proveniva dal pianeta Venere e traeva la propria energia da fenomeni elettromagnetici. A distanza di poco tempo si sarebbero poi avuti altri due UFO Crashes: uno sarebbe accaduto in un’imprecisata località dell’Arizona e sarebbero stati trovati all’interno del velivolo alieno ben sedici corpi, ovviamente morti; un altro UFO Crash sarebbe accaduto nelle vicinanze di Phoenix e all’interno dell’UFO vi sarebbero stati altri due corpi morti.

A febbraio del 1950, sempre attraverso la suddetta rivista, Scully pose venti domande ai responsabili dell’USAF, pretendendo anche che il Governo mostrasse alla gente il corpo di almeno uno degli esseri antropomorfi rinvenuti a bordo delle navicelle spaziali. Non trascorsero che pochi mesi dalla singolare richiesta che apparvero sugli scaffali degli statunitensi uno dei libri che hanno fatto la storia dell’ufologia, ovvero “Behind the flying saucers”. Ovviamente, furono in molti a non credere al racconto del giornalista e già nel 1952 il giornalista J. P. Cahn cercò di smontare la vicenda dalle pagine della rivista “True”.

Ma si dovette attendere il 1985 per far piena luce sulle storie narrate da Scully. In quell’anno, al Simposio annuale del MUFON, il ricercatore William Moore presentò una relazione intitolata “Crashed saucers: evidence in the search of proof“. Egli sostenne che gli informatori di Scully erano Silas Mason Newton e Leo A. Gebauer, persone assai poco attendibili e più propense alla truffa. Fu Newton che, nell’autunno del 1949, narrò all’amico George Koehler di un disco volante precipitato, di piccoli esseri morti al suo interno, vestiti con indumenti metallici e con il corpo interamente fasciato. A sua volta, Koehler passò la storia ad altre persone, compreso un amico di Denver, la sua stessa città, ovvero Morley P. Davies. Quest’ultimo fece la stessa cosa e la storia venne narrata anche al direttore e al vicedirettore della Ford Motor, cioè Jack M. Murphy e L. J. van Home che, a loro volta, la narrarono ad un personaggio-chiave, un tal Rudy Fick, venditore di auto abitante a Kansas City. E fu proprio quest’ultimo che passò la storia al direttore del “The Wyandotte Echo“, un settimanale pubblicato ogni mercoledì a Kansas City (http://www.wyecho.com).

A questo punto della vicenda, lo studioso Paolo Toselli ha sottolineato tre importanti passaggi; innanzitutto, il cognome di George, l’amico di Silas M. Newton, cioè “Koehler” viene ora scritto e pronunciato come “Coulter”; quindi, assieme alla diversa pronuncia del cognome, si assiste anche ad un aumento del numero dei dischi volanti nelle mani USA, che da tre o quattro che erano ora sono circa una cinquantina, una quarantina dei quali vengono studiati da scienziati incaricati allo scopo. Infine, Rudy Fick aggiunge poi nella “sua storia della vicenda” la classica ciliegina sulla torta, ovvero l’affermazione che Coulter avrebbe visto i dischi volanti. A quel punto c’era davvero di tutto per trasformare la storia in qualcosa di davvero interessante ed infatti tutta la vicenda venne successivamente pubblicata dal settimanale suddetto, nell’edizione del 6 gennaio 1950, venendo poi ripresa da tante altre testate giornalistiche. Ecco, dunque, spiegato il perché della faccenda se ne interessarono sia l’FBI che l’AFOSI, ovvero Air Force Office of Special Investigations.

Ma per capire ancor meglio come abbia potuto un agente federale preparato come Hottel bersi l’intero burla occorre chiarire un ultimo aspetto, che chiameremo “artistico”. Tra il 1948 ed il 1949, un attore di nome Mike Conrad ebbe l’idea di girare un film sui dischi volanti (“The Flying Saucer”) e per creare interesse attorno ad esso iniziò a far circolare le voci che alcune scene del film contenevano le immagini di un vero disco volante in possesso del governo USA. Si fece aiutare, probabilmente pagandolo lautamente, da un falso testimone il quale, dichiaratosi agente dell’FBI ai giornalisti che lo ebbero ad intervistare, confermò la sua tesi: esisteva un filmato del disco e si trovava nelle mani della polizia federale. Alcuni giornali si buttarono a capofitto sulla vicenda e così il caso colpì l’intera opinione pubblica almeno fino a quando lo stesso Conrad non decise di ammettere che tutta la vicenda era basata sulla menzogna.

Ecco, dunque, come è maturata la storia che ora conosciamo come “Hottel memo” e che tanto clamore ha prodotto in questi giorni grazie alle “nuove” ma davvero assai datate news dell’FBI, le quali parlano di un agente in servizio a Washington, presso il Quartier Generale dell’OSI (Office of Special Investigations), che trasmise la storiella di Rudy Fick all’agente Guy Hottel il quale, dopo aver raccolto la testimonianza, si attivò per quanto era di propria competenza ed il 22 marzo 1950 produsse il memorandum per J. Edgard Hoover, suo diretto superiore.