Soli fra miliardi di Soli?

Untitled 11Ormai la realtà dei pianeti extrasolari che orbitano attorno a quei miliardi di stelle che vediamo nel cielo notturno è sotto agli occhi di tutti e non da meno è la realtà delle molecole prebiotiche negli spazi stellari che vengono via via esplorati.
Certo, da qui ad affermare che sia corretto il nostro punto di vista, ovvero che là fuori la cosa più normale sia la vita del tutto simile alla nostra, ce ne corre di distanza ma non possiamo certamente affermare, come han fatto fino a poco tempo fa eserciti di astrofili ed astronomi, che la vita comunemente intesa sia un fenomeno unico presente solo sulla Terra. Il numero dei Soli (stelle) presenti nella nostra Galassia (Via Lattea) è talmente elevato che ipotizzare un numero di cui non si veda nemmeno la fine è una pura assurdità scientifica e gli scienziati, su questa cifra, dovrebbero solo starsene ben zitti e non accreditare 100, 200, 300 o 400 miliardi di stelle, in una continua gara al rialzo mano a mano che aumenta la tecnologia degli strumenti di osservazione. Il numero è incommensurabile ovvero “senza limiti di misurazione“, come pure incommensurabili sono le galassie presenti nell’infinito Cosmo.
Se, dunque, questa è la realtà effettiva del Cosmo, in fatto di probabilità di sviluppo della vita in generale è pressoché certo che essa sia un fenomeno molto comune là fuori, in ogni latitudine cosmica. Infatti, se il numero delle stelle è talmente elevato da non essere né misurabile né valutabile, risulta del tutto verosimile che, vista la moltitudine di pianeti scoperti in vent’anni (circa duemila), da qualche parte della sola nostra Galassia ci sia sicuramente vita o, meglio ancora, “qualche pianeta in grado di ospitare le condizioni per la nascita e lo sviluppo della vita“.

Dall’inanimato all’animato

Ora c’è un secondo aspetto da valutare, ufologicamente assai interessante, di cui gli astrofili e gli astronomi difficilmente ne parlano e men che meno lo affrontano coloro che si definiscono scienziati. Quaggiù, sul nostro Mondo, la vita non ha certamente aspettato le calende greche per svilupparsi. Anzi! Non appena le condizioni di base si sono presentate come “favorevoli”, essa si è fatta largo a spallate e qualcosa è certamente accaduto, un qualcosa che ha provocato il passaggio dalle sostanze inanimate alle sostanze viventi in grado di riprodursi. E così la materia è diventata vita ed ha fatto entrare il nostro mondo in un livello organizzativo superiore.
Al momento attuale nessuno è in grado di dire che cosa possa aver provocato la “scintilla che ha generato il passaggio dall’inanimato all’animato, con buona pace di colore che attribuiscono assurdamente, con ragionamenti da Medioevo, la causa a Dio. Quell’entità spirituale esiste solo nella mente della maggioranza degli esseri umani, come desiderio e speranza supreme che si possa così dare una spiegazione al tutto. La realtà è ben diversa: lo spirito è una condizione della mente, la vita è una realtà del Cosmo: essa emerge semplicemente, in modo del tutto inevitabile ed automatico, ogni volta che in una qualsiasi parte del Cosmo vengano a crearsi le condizioni idonee.

La vita intelligente

Si badi bene che ancora non sto parlando di “intelligenza” perché essa è una fenomenologia successiva allo sviluppo della vita, per la quale i tempi di sviluppo potrebbero essere assai lunghi e comunque molto variabili da pianeta a pianeta. In più, a differenza della vita, che si sviluppa di fronte alle condizioni idonee, per l’intelligenza potrebbe anche non essere valido questo principio: ovvero, non è detto che essa accompagni lo sviluppo della vita e si sviluppi di pari passo in quanto il tempo potrebbe essere una variabile del tutto inutile e quella tipologia di vita appena nata potrebbe anche non raggiungere mai il livello superiore dell’intelligenza. Ciò significa, rapportato all’uomo, che nel Cosmo noi saremmo una delle tante “tipologie di vita“, ma anche una tipologia di vita che è riuscita a raggiungere il livello dello sviluppo dell’intelligenza, a differenza di altre che potrebbero ancora trovarsi allo stadio iniziale.

E ci sarebbe anche un ulteriore aspetto da valutare: vi siete mai chiesi a che velocità si forma una stella? Ovvero, nella sola nostra Via Lattea, con che velocità si formano le stelle? Ovviamente, non conoscendo a priori né il numero totale delle stelle attualmente presenti né la grandezza complessiva della galassia né “tutte le cose” in essa presenti, lo scienziato può solo congetturare, ovvero fare misere ipotesi del tutto non verificabili. La scienza attuale ritiene comunque che ogni dieci anni si sviluppi una stella, cioè un Sole in grado di trasformarsi, prima o poi, in un sistema solare con tanto di pianetini e satelliti vari. Se questa ipotesi fosse vera saremmo tutti ufologi in quanto nella sola nostra galassia vi sono miliardi di miliardi di miliardi di Soli e nell’intero Cosmo il numero delle Galassie è del tutto incommensurabile.
Risulta ora decisamente utile sapere che il nostro Sole ha un’età di circa cinque miliardi di anni e, per le scoperte fatte dagli astronomi, si sa che nella sola nostra Galassia esistono milioni di altre stelle (Soli) con un’età all’incirca doppia. Sempre ufologicamente parlando, se così è come è vero che è, noi rischiamo di essere una delle tipologie di vita più giovani, ragion per cui è certo che ET esista da qualche parte ed è altrettanto certo che egli sia un nostro “fratello superiore”.

La bioastronomia

La nostra amata Terra è l’unico pianeta abitato nell’immenso spazio celeste o altri esseri popolano le infinite regioni cosmiche? A questa domanda tenta di dare una risposta la bioastronomia ( o esobiologia o astrobiologia o xenobiologia), un campo ben specifico della biologia che studia, appunto, le condizioni necessarie allo sviluppo della vita.

Il termine deriva dal greco “esso”, ovvero “esterno” che, aggiunto a “biologia” indica la possibile forma di vita, in modo particolare al di fuori della Terra. Il bioastronomo, al pari dell’esobiologo, ha come oggetto di indagine la ricerca della vita extraterrestre. Da questo punto di vista è del tutto inutile parlare dell’equazione di Frank Drake in quanto, seppur attendibile, il suo ragionamento riguardo il numero dei possibili pianeti abitabili nella nostra Galassia, un luogo infinitamente piccolo ed insignificante dell’immenso Universo dove, però, esiste un problema tuttora insuperabile per la mente umana: la totale mancanza di valori di riferimento per alcune delle variabili coinvolte e, soprattutto, la limitatezza dello spettro di riferimento che è, appunto, il nostro piccolo Sistema Solare, ovvero una goccia nella nostra Galassia, la Via Lattea che, a sua volta, è poco meno di un granello infinitamente piccolo rispetto all’immensità del Cosmo.

Non sappiamo ancora nulla

Per dirla tutta fino in fondo, la situazione della conoscenza della Natura, aggiornata all’anno 2015, è tragica: in Cosmologia, ad esempio, la ricerca attuale non è ancora in grado di spiegare le proprietà semplici di quelle costanti fisiche minime che determinano la nascita e lo sviluppo della vita in un determinato ambiente.
Se si dovesse poi pensare, ad esempio, alle sole masse delle particelle elementari, che formano questo meraviglioso spettacolo che chiamiamo “Universo”, nonostante indubbi lampi nel campo della meccanica quantistica e della relatività, si naviga a vista e il “tutto” rimane avvolto da un velo che, purtroppo, risulta ancora del tutto impenetrabile dalla mente umana.
Interessante, a tal proposito, il punto di vista di Amir. D. Aczel, matematico israeliano e divulgatore scientifico naturalizzato statunitense, nato ad Haifa nel 1950 ed ordinario in diverse università americane, con puntate in Grecia ed in Italia. Egli si chiede, rivolgendo la domanda alle eccelse menti del pianeta, come mai quella costante di struttura fine che governa ogni interazione elettromagnetica nel Cosmo, sia pari ad 1/137 (Essa, in pratica, misura la forza del campo elettromagnetico, il quale campo è come un arbitro che sta a controllare le modalità con cui interagiscano fra di loro l’elettrone ed il fotone; essa diviene quindi un “valore di scambio energetico” ogniqualvolta vi sia un’interazione fra elettrone e fotone.) e conclude il ragionamento sul perché mai nessuno abbia voluto affrontare il tema dei motivi per i quali la costante più importante abbia proprio quel valore.
Pensate che non riuscirete mai a trovare nessun scienziato sulla Terra in grado di dirvi come la vita abbia potuto evolversi partendo dalla materia inanimata, costituita solo da polveri, gas, calore e freddo estremi. Sappiate poi che della Luna, il nostro satellite, non sanno nulla e navigano nel buio: sono già alla quinta teoria ma hanno davanti solo nebbia. Non sanno nulla nemmeno del Big Bang, passando da una teoria all’altra senza raggiungere una benché minima capacità di orientamento comune. Ovviamente, nessun scienziato al mondo, per immenso che esso sia, saprà mai dirvi da che cosa sia saltato fuori questo Big Bang o che cosa c’era prima: solo teorie e carta straccia. Insomma, un disastro in piena regola.
E che dire delle molecole che ci danno la vita? Come sono giunte fino a noi? Che cosa le ha formate? Non siamo nemmeno all’ABC delle conoscenza di base di questo nostro meraviglioso mondo e dobbiamo subire i diktat della NASA, dell’ESA e dei Bignami di turno. Fanno ridere nella pochezza dei loro punti di vista. Non sanno nulla dei misteri della creazione, della vita e della strutturazione dell’Universo e pretendono di avere in mano la Conoscenza assoluta. Penosi!
E questa sarebbe la “gaia scienza” che taccia l’ufologo di turno come un “poverino” solo perché crede nella possibilità che Marte possa essere stato abitato, che sulla Luna sia transitato qualcuno prima dell’uomo, che nel nostro piccolo Sistema Solare possa esserci un qualche satellite di un qualche pianeta con reali possibilità di vita oppure spera solamente che non siamo davvero soli fra così tanti miliardi di Soli?
Se la Scienza non riesce, dunque, a comprendere ciò che sta alla base delle forze che governano la costante di struttura fine non potrà mai avere la benché minima comprensione di quei meccanismi che stanno alla base del funzionamento dell’Universo. Per tale semplice ragione nessuno ha, perciò, la verità in tasca. Nessuno, cari amici ufologi! Non abbiate quindi paura nel difendere sempre a testa e a sguardo fiero i vostri punti di vista dai soloni di turno: nessuno ha la verità in tasca. Ricordatevelo bene!

Siamo soli fra miliardi di Soli?

Da un punto di vista strettamente scientifico, per le notizie che si sanno ad oggi, non esiste ancora nessuna chiara prova che possa esistere la vita extraterrestre ma, a tal proposito, la bioastronomia suddetta lavora al nostro fianco poiché essa, studiando le condizioni necessarie allo sviluppo della vita, ovvero indagando nei processi chimici che determinano la nascita e la morte dei viventi, cerca di scoprire quelle leggi generali attraverso le quali assistiamo all’evoluzione delle forme viventi, dalle più semplici alle più complesse, nelle condizioni più estreme in quanto la vita, lassù fra le stelle, potrebbe essersi sviluppata in condizioni assai diverse da quelle terrestri.
La scienza continua, comunque, ad indagare la Natura dell’Universo e lo fa utilizzando sonde automatiche, osservando il cielo con telescopi terrestri e spaziali o radiotelescopi, analizzando tutte quelle radiazioni che stanno al di là e al di qua della luce visibile, comprese ovviamente le onde radio, ma fino ad ora non è stato raggiunto risultato alcuno: non si sa nulla di qualcosa di vivo che esista nelle immediate vicinanze della Terra.
O meglio, occorrerebbe dire che una qualche verità ce l’abbiamo in tasca: poiché, dal punto di vista dello sviluppo dei mezzi volanti di trasporto, possiamo indagare solo l’Universo prossimo a noi, abbiamo capito che, non potendo tecnicamente compiere viaggi più lontani della distanza Terra-Luna, non possiamo escludere che la vita possa esistere a grande o grandissima distanza da noi. E per la stessa ragione non possiamo nemmeno escludere che una civiltà sviluppatasi prima di noi abbia, da tempo, intrapreso viaggi esplorativi nel Cosmo e sia transitata più e più volte dalle nostre parti o, addirittura, transiti tuttora nelle vicinanze del nostro stupendo pianeta, con buona pace di tanta scienza.

L’assurdità del SETI

Pensate un po’: stiamo spendendo, da decenni, svaligiate di denari per un progetto totalmente inutile: Il SETI o Search for Extra-Terrestrial Intelligence, un gruppo di presunti scienziati che ricerca forme viventi, intelligenti e, ovviamente, extraterrestri, nello spazio della Via Lattea.

Dal punto di vista puramente denigratorio, tipico della stragrande maggioranza degli astrofili e degli astronomi, sarebbe come assistere ad un dialogo pazzesco di questo tipo: (l’astronomo) “Guarda che lo Stato mi paga per scoprire se possa esistere ET“, (l’ufologo) “Accipicchia! Ma lo sai che sono un appassionato di ufologia e penso che non siamo soli nell’Universo“, (astronomo) “Ma dai, pensi davvero che esistano gli UFO?“.

Morale: lo Stato paga fior fiore di presunti scienziati, con tanto di laurea e master all’estero, per tentare di scoprire ET in qualche recondito cantuccio della Via Lattea, la nostra galassia, ed il povero cittadino che è semplicemente appassionato di UFO, il velivolo sul quale si sposterebbe ET, non fa altro che prendere pacche sui denti e guadagnarsi gratuitamente il titolo accademico di “credulone”. Così è se vi pare, e se anche non vi dovesse parere, è comunque così. In pratica, si può credere all’esistenza di ET solo se si è uno scienziato. Poveri noi! In che baratro di pochezza si è conficcata questa gaia scienza!

Ora, il problema non è la ricerca di nostri fratelli superiori o inferiori nel Cosmo, che sono chiaramente la cosa più ovvia e normale che ci sia là fuori, ma la metodologia che viene usata da questo tipo di scienza. Essi svolgono osservazioni delle onde radio, alla ricerca di un qualche segnale. In pratica, vanno ad ascoltare frequenze preferibilmente comprese fra uno e dieci GHz in quanto, sostengono a priori, che siano quelle “un po’ meno disturbate dal rumore di fondo del Cosmo”. Operano in questo settore credendo, sempre a priori, che all’interno dello spettro elettromagnetico le onde radio siano il solo tipo di radiazione E. M. in grado di attraversare anche regioni spaziali che si dimostrano del tutto opache alle altre bande.
Da questo momento in poi, vi conviene prestare la massima attenzione al presente articolo poiché risiede qui l’inizio dell’assurdità del SETI. Essi affrontano tale ricerca utilizzando le enormi antenne dei radiotelescopi poiché, date le immense distanze tra i vari sistemi solari della nostra galassia (Via Lattea), un eventuale segnale di ET arriverebbe a casa nostra di una debolezza difficilmente misurabile e la sua intensità sarebbe pressoché nulla.

Per cominciare a capirci ancora meglio, la distanza fra la nostra Terra ed il nostro Sole è pari ad 8 minuti luce (circa 150 milioni di km). Entro la distanza di venti anni luce dalla Terra vi sono circa 130 stelle, solo dieci delle quali visibili ad occhio nudo.
La stella Proxima Centauri, che si trova nel sistema Alfa Centauri, si trova a circa 4,22 anni luce da casa nostra mentre Epsilon Eridani si trova a circa 10,52 anni luce da noi. Questa seconda stella fa al caso nostro in quanto si trova ad una distanza di valore medio “10”, per cui ci riesce più facile il ragionamento rispetto alla distanze Terra-Sole e Terra-Proxima Centauri.
Ora, supponiamo che in questo sistema solare di Epsilon Eridani vi sia una civiltà che ci abbia inviato un segnale della propria presenza. Gli scienziati alieni, non sapendo però in quale direzione inviarlo, avrebbero dovuto utilizzare il principio della omnidirezionalità per cui l’energia necessaria a tale improbo compito avrebbe dovuto essere nell’ordine di decine di miliardi di watt di potenza.
Se però avessero saputo che dalle parti del nostro Sole esiste una civiltà tecnologicamente avanzata (noi), avrebbero potuto inviarci un messaggio leggermente più mirato e meno avido di energia, nel contesto del principio delle direzionalità unica, ovvero la trasmissione del segnale sarebbe stata lungo una direzione ben definita, rendendo così i requisiti di potenza ragionevoli: poco più di 3.000 watt sarebbero sufficienti per essere ricevuti da un’antenna parabolica (Arecibo) di circa 300 metri di diametro, ma sempre a patto che noi terrestri ci trovassimo esattamente sulla direzione del segnale e non dalle parti del segnale! Ovviamente ET sceglierebbe di inviarci un segnale di tipo “brevissimo” non più lungo di “un milionesimo di secondo” in quanto, crediamo quaggiù sulla Terra, che tale tipo di suono non possa esistere in Natura.

Ipotizzando, tuttavia, che ci trovassimo esattamente in linea col segnale, il nostro radiotelescopio non capterebbe un bel nulla di nulla e vi spiego il perché. Fino ad ora abbiamo capito che dal nostro punto di vista dovremmo, con quel benedetto radiotelescopio, scandagliare tutto il cielo, non solo per il principio di direzionalità sconosciuta ma anche per il ben più importante principio di frequenza giusta, proprio come se dovessimo cercare la frequenza di una radio libera sconosciuta. Inoltre, si è congetturato, ovviamente a priori, che il principio suddetto della banda stretta possa funzionare poiché si crede che su di una banda diversa possa essere richiesta non solo un’energia ben maggiore per chi trasmette (cosa esatta, quest’ultima) ma anche un’incertezza totale sulla direzionalità da cui potrebbe arrivare quaggiù.
Ma è ora che viene il bello! Noi, quaggiù, non sappiamo proprio che cosa cercare in quanto non vi è la benché minima idea né della possibile modulazione del segnale alieno né di come si possano codificare i dati dell’eventuale segnale di ET né della tipologia di dati in arrivo (suoni, rumori, melodie, cifre, dati non intellegibili, ecc.). Inoltre, se il messaggio di ET fosse più debole del rumore di fondo della galassia, se fosse assai simile a quello di una stella pulsar, se fosse di un suono o un rumore simili a qualcosa che esiste già sulla Terra, se avesse regolarità ma non temporalità e ripetitività, sepoveri noi!
Caro amico lettore, avrai già cominciato a capire il mio punto di vista: scamionate di soldi buttati nel burrone di turno per compiacere a chi? Mah! E questi qui hanno anche il coraggio di battezzarci ad ogni pié sospinto! E non è ancora finita. Sentite un po’.

Ascoltando il messaggio di ET

Prendiamo, ad esempio, l’aspetto dell’ascolto dell’eventuale segnale di ET. Nell’Universo vi è il grande problema del rumore di fondo della Galassia, come già detto e gli strumenti finora ideati dalla nostra gaia scienza non sono ancora in grado di rilevare un rumore o un suono meno intenso di una soglia minima.
E poi, vi pare forse poca cosa il fatto che sia pressoché impossibile captare un segnale alieno che viaggi secondo il principio dell’unidirezionalità? Servirebbe una fortuna così sfacciata per intercettarlo che la ricerca di un ago in un pagliaio sarebbe addirittura uno scherzo in quanto il segnale di ET sarebbe ultrastretto e non riuscirebbe comunque a superare l’ostacolo assai ostico delle nubi di polvere interstellare che provocherebbe, comunque ed inevitabilmente, un disturbo di distorsione a causa del fenomeno della diffrazione, cioè della deviazione dall’originaria traiettoria di propagazione dell’onda sonora, per cui il segnale di ET sarebbe pressoché del tutto oscurato.
E se comunque ET avesse una tecnologia decisamente superiore, in grado di superare i suddetti ostacoli noi avremmo risolto il nostro problema di essere in grado di ricevere il messaggio? La risposta è un desolante “no” poiché non sappiamo, a priori, su quale frequenza sintonizzarci dove orientare i nostri radiotelescopi in che modo ascoltare il segnale e nemmeno, dulcis in fundo, in quale momento del giorno osservare gli strumenti nella speranza di intercettare un segnale alieno.

Giunti a questo desolante punto, chi avesse tempo da gettare alle ortiche e fosse ancora interessato ad approfondire l’argomento sulla tecnologia terrestre pronta ad ascoltare ET potrebbe seguire i link di seguito riportati. In Cile, a 5.000 metri di altitudine, nel deserto di Atacama, vi è il radio osservatorio più importante al mondo: l’ALMA o Atacama Large Array Millimeter, costato “solo” 1,3 miliardi di dollari (http://it.wikipedia.org/wiki/Atacama_Large_Millimeter_Array).
Sull’isola di Porto Rico è stato costruito il più famoso radiotelescopio al mondo, quello di Arecibo, la cui antenna di 305 metri lo ha fatto finire in diversi film (http://it.wikipedia.org/wiki/Radiotelescopio_di_Arecibo).
Negli Stati Uniti, in West Virginia, vi è il radiotelescopio (http://it.wikipedia.org/wiki/Radiotelescopio_di_Green_Bank) di Green Bank, di 100 metri di diametro e completamente orientabile.

Have a good time!