Ricerca: speranze dal telescopio WISE

wise_telescopeLanciato nello spazio con un razzo Delta II, la mattina del 14 dicembre 2009, dalla base dell’aeronautica militare statunitense di Vandeberg (California), il telescopio grandangolare all’infrarosso denominato “WISE”, ovvero Wide-field Infrared Survey Explorer, è stato messo in orbita polare, a circa 500 km di quota, per effettuare una missione di mappatura nell’infrarosso di tutto il Cosmo osservabile. Gli ingegneri hanno acquisito il segnale di WISE mediante il Sistema Nasa denominato “Tracking and Data Relay Satellite System” appena dieci secondi dopo l’avvenuta separazione dal missile che l’ha messo in orbita. Dopo circa tre minuti, Wise si è orientato autonomamente, dirigendo i pannelli solari verso il Sole, così da poter disporre dell’energia necessaria al proprio sostentamento.
Dopo altri diciassette minuti si sono aperte le valvole del sistema di raffreddamento (sistema criostatico) necessario a portare a compimento la propria missione in quanto l’idrogeno solido, a bassissima temperatura, gli serve per mantenere freddi gli strumenti di bordo, al di sotto degli 8° Kelvin, deputati ad osservare nelle frequenze dell’infrarosso.
Questa meraviglia dell’uomo, che ha avuto un’autonomia di oltre sette mesi, ha visto nell’infrarosso tutti i colori dell’intero cielo osservabile e con una risoluzione veramente elevata. In pratica, avviene che quasi tutti i corpi nel Cosmo emettono radiazione infrarossa: asteroidi, pianeti, stelle e galassie, per cui esso vede ciò che non può vedere un telescopio ottico. Il suo cuore è costituito da un telescopio da 40 cm di diametro, corredato da quattro telecamere all’infrarosso che hanno già iniziato a svolgere un lavoro egregio poiché è stata programmata una foto ogni trenta secondi.
Il giorno 8 gennaio è stata eseguita una foto che è già passata alla storia in quanto ha fatto gridare agli astronomi della NASA: «Mio Dio, è pieno di stelle»: essa è andata a riprendere una porzione di cielo nella Costellazione Carina, vicina alla Via Lattea. Alcuni giorni dopo, il 12 gennaio 2010, Wise ha scoperto un nuovo asteroide di un chilometro di diametro, a 158 milioni di km da noi e in orbita ellittica attorno al Sole.

Ora, perché questa notizia è così interessante per un ufologo? Semplicemente per il motivo che il sistema WISE potrebbe portare tanta acqua alla nostra causa poiché, come si sa, l’infrarosso vede dove non arriva l’ottico, ovvero vede cose che non vedono i nostri occhi, cioè vede ciò che a noi risulta invisibile. Con un sistema di visione così potente si potrebbe addirittura indagare la teoria del fisico statunitense Freeman Dyson, il quale pensava che fosse teoricamente possibile credere che una civiltà evoluta avrebbe potuto sviluppare una tecnologia per visitare altri sistemi solari utilizzando enormi arche celesti, poi passate alla storia col nome di “Sfere di Dyson”, contenenti milioni di esseri o milioni di robot replicanti, proprio come vi abbiamo narrato nell’articolo “Scenari incredibili”.
I robot miniaturizzati terrestri esistono già e sono non solo in grado di adattarsi senza difficoltà ai vari ambienti ma possono sopravvivere migliaia di anni senza problemi: questa possibilità, come abbiamo visto nell’articolo indicato, e diventata ora realtà, era stata teorizzata dallo scienziato John von Neumann oltre mezzo secolo fa.
E dove potrebbero mai trovarsi queste fantastiche ed enormi arche celesti, piene di esseri o di robot autoreplicanti? Per poter essere autosufficienti, potrebbero essersi posizionate in zone ricche di risorse, come la “fascia degli asteroidi”, dove prenderebbero le materie prime, o nelle vicinanze di pianeti gassosi, dove si rifornirebbero facilmente di Elio, utile alla propulsione e al rifornimento energetico delle apparecchiature propulsive e di riscaldamento.
Sfere di questo tipo, nel visibile (ottico) emetterebbero un livello bassissimo di luminosità, soprattutto a causa del riflesso solare. Nell’infrarosso, invece, sarebbe davvero un’altra storia poiché i loro eventuali sistemi tecnologici di riscaldamento, di raffreddamento e di mantenimento emetterebbero certamente calore, facilmente individuabile nell’infrared, considerato anche il fatto non indifferente che la radiazione IR attraversa assai meglio le nubi di materia interstellare rispetto alla luce visibile nell’ottico.
Già in passato si sono sperimentati i sistemi IRAS (1983) e ISO (1990), con la tecnologia infrarossa ma mentre del primo venne condotta solo un’analisi superficiale dei dati raccolti, del secondo si considerò solo la bassa probabilità di successo, nonostante avesse raccolto parecchi dati fotografici a grande campo del nostro Sistema Solare.
Ora, con WISE si aprono orizzonti nuovi in quanto si potrebbe far eseguire un’indagine fotometrica che potrebbe rivelare guizzi improvvisi di luce simili ai Gamma Ray Bursts, generati da emissioni di energia dovute ad attività estrattiva di minerali attraverso l’uso di energia nucleare. Ma si potrebbe anche far eseguire un’indagine spettroscopica, la quale potrebbe rivelare le suddette esplosioni nucleari attraverso l’identificazione delle righe spettrali di origine nucleare, conosciute come “Nuclear Waste Spectra”.
Ed ora, un’ultima domanda cruciale: «Ma quale zona del Sistema Solare potrebbe andare ad indagare WISE nell’ipotetico tentativo di scoprire le incredibili Sfere di Dyson?». Ovviamente nei “Punti Lagrangiani” (Josèph Louis Lagrange): punti neutri, in pratica, che si trovano fra due oggetti celesti (Terra e Luna, ad esempio), e nei quali le forze gravitazionali vanno a bilanciarsi permettendo a corpi di piccola massa di mantenersi in una posizione fissa rispetto ad entrambi, a circa 60° di distanza.
Insomma, la questione WISE a noi appare assai chiara nelle sue possibilità: mai come ora siamo stati così vicini dal verificare una delle teorie più affascinanti della moderna ufologia.