NASA: Buzz Aldrin e gli UFO

Buzz_Aldrin_2009Il mattino del 19 luglio 2009, in occasione del 40° anniversario dello sbarco sulla Luna, l’ex astronauta americano Buzz Aldrin è stato ospite, per un’ora e due minuti, del conduttore televisivo Steven Scully, presso gli studi dell’emittente televisiva C-SPAN (Cable-Satellite Public Affairs Network). Qui, dopo aver illustrato il suo libro ed aver esposto le sue idee sul futuro dell’esplorazione spaziale, ha risposto in diretta sia alle domande telefoniche che alle email degli ascoltatori.

Verso la fine dell’intervista, precisamente al minuto “53.14”, Aldrin ha detto, in maniera assai chiara e precisa, che l’uomo potrebbe essere interessato alla conoscenza del fatto che sulla luna di Marte (ha chiaramente inteso Phobos, una delle due piccole lune di Marte, in orbita attorno al pianeta rosso ad appena 5.800 chilometri di distanza), è stato fotografato un monòlito (si pronuncia “monòlito” e si può anche scrivere “monolite”, con l’accento sulla “i”, per influsso del francese pronunziato piano), ovvero un grosso blocco roccioso, tutto d’un pezzo.

Buzz_Aldrin_cortesia_NASAEgli ha utilizzato queste esatte parole:« We can explore the Moon and develop the Moon. We should go boldly where man has not gone before. Fly by the comets, visit asteroids, visit the moon of Mars. There’s a monolith there. A very unusual structure on this little potato shaped object that goes around of Mars once in seven hours. When people find out about that, they’re going to say “Who put that there?”. Well, the Universe put it there. If you choose, God put it there “.
Ovvero:«Noi possiamo esplorare la Luna e valorizzare la Luna. Noi dovremmo andare audacemente dove l’uomo non è mai andato prima. Volare nei pressi delle comete, visitare gli asteroidi, visitare la luna di Marte. C’è un monolito là. Una struttura assai inconsueta su questo piccolo oggetto a forma di patata il quale compie un giro a Marte in sette ore. Quando la gente lo scoprirà, dirà: “Chi lo ha messo là?”. Bene, l’Universo lo ha messo là. Se preferite, Dio lo ha messo là».
Dunque, lassù, su una piccolissima luna rocciosa di Marte, vi è una struttura a forma di parallelepipedo, in un blocco unico, che è stata fotografata più volte dalle speciali fotocamere ad alta risoluzione, montate sia sulla sonda Mars Reconnaissance Orbiter (MRO), messa in orbita il 12 agosto 2005, che dalla sonda Mars Global Surveyor (MGS), messa in orbita il 7 novembre 1996.

La prima foto ufficiale di quel monolito è però del 1998, allorquando la suddetta sonda MGS scattò diverse fotografie, come ben si legge nel sito del bravissimo Lan Flemimg (http://www.vgl.org), che lo studia fin da allora insieme all’altrettanto bravo Efrain Palermo (http://palermoproject.com). A questi due ottimi ricercatori fanno riferimento tutti coloro che, nel mondo, si trovano a dover trattare l’argomento sotto qualsiasi aspetto.
Essi sono persino riusciti a determinare, in maniera abbastanza credibile, l’altezza di quella struttura che, fra l’altro, ha anche un fratello minore a poca distanza: il Baby Monolith, alto circa 9 metri, largo altrettanto e lungo circa 17 metri e mezzo; esso appare in una foto con risoluzione di un metro e ottanta per pixel e assomiglia ad un blocco sormontato da un tetto squadrato.

Ritornando al nostro monolito, essi hanno individuato una possibile altezza partendo dalla lunghezza dell’ombra e dividendola poi per la tangente dell’angolo incidente che, ovviamente, è in relazione all’elevazione del Sole al momento dello scatto; in questo modo hanno stabilito che il monolito si può paragonare ad un edificio di 42 piani. Da parte nostra, rifacendo tutti i conti, tenendo ben presenti i dati da loro forniti (la risoluzione dell’immagine è di 2,4 metri per pixels, la lunghezza dell’ombra è di 53 pixels, la larghezza del monolito è di 15 pixels, la tangente è di 43,47°) abbiamo calcolato la possibile altezza in ben 120,75 metri, dando così conferma alla loro ipotesi, di un gigantesco edificio di quarantadue piani.

Infine, una piccola curiosità che, se interpretata in maniera ufologica, potrebbe far alzare non di poco il lignaggio dell’ufologia in chiave scientifica. Buzz Aldrin, facendo un riferimento specifico al monolito su Phobos, ha certamente voluto richiamare la nostra attenzione sul romanzo di Arthur C. Clarke, tradotto in film (1968) da Stanley Kubrick, ovvero “2001: a Space Odissey”. In quest’opera si fa riferimento a due monoliti: uno è il monolito nero, trovato sulla Luna all’interno del cratere Thico perché aveva una forte emissione magnetica, l’altro è il monolito della conoscenza, lasciato dagli alieni in mezzo alle scimmie affinché trasmettesse loro i concetti e le conoscenze necessarie alla loro evoluzione verso la razza umana.

Perché tutto ciò? Solo per il lancio di un libro o Buzz sa molto più di quanto abbia lasciato intendere. Quel suo dire e non dire (“Chi lo ha messo là?”), alludendo al fatto che potrebbe anche essere stato un evento fortuito, unico ma del tutto naturale (“Bene, l’Universo lo ha messo là.”) sia un essere appartenente ad una civiltà a noi superiore, in tutto e per tutto ( “Se preferite, Dio lo ha messo là”). Ovvia, a questo punto, la considerazione del fatto che alla NASA, pur sapendo da tempo dell’esistenza di altre civiltà a noi coeve ma tecnologicamente superiori, avrebbero scelto la strada del silenzio, permettendo solo un graduale e ben calcolato rilascio di notizie più o meno chiare a coloro che, più di chiunque altro, hanno avuto l’opportunità, viaggiando veramente fra gli spazi siderali, di vedere da vicino la complessa fenomenologia delle diverse civiltà aliene: gli astronauti.