Marte: lassù c’è qualcosa che vive!

marte-percloratoI campioni che sono stati prelevati sul suolo marziano non escludono l’ipotesi che ci possa essere vita da quelle parti e, nonostante la presenza del perclorato, non si può escludere la possibilità di trovare microbi marziani che potrebbero tranquillamente convivere in condizioni simili proprio come avviene da noi con gli estremofili. Quaggiù, sulla Terra, il perclorato si può trovare nel deserto di Atacama (Cile) e viene utilizzato per produrre fuochi artificiali e carburanti per razzi.
In sostanza, contrariamente a quanto avevano dichiarato i soliti scienziati disfattisti, la presenza di perclorato, nella zona artica di Marte, potrebbe essere una buona notizia. In un primo tempo, infatti, essendo il perclorato un composto tossico ed altamente ossidante, costituito da cloro ed ossigeno, si ipotizzò che potesse essere un pericolo per gli eventuali futuri colonizzatori di Marte, ma gli scienziati della NASA chiarirono, nella conferenza stampa del 5 agosto 2008, che da esso potrebbe scaturire la vita microbica: alcuni organismi ne potrebbero trarre l’energia necessaria alla loro sopravvivenza. Peter Smith, lo scienziato che attualmente guidava al tempo il gruppo di ricerca, dichiarò che «Non ci sarebbe da stupirsi più di tanto se trovassimo in questo luogo delle tracce di materia organica».

La NASA fece poi sapere che se anche il perclorato viene comunemente utilizzato per i carburanti dei razzi, i motori di Phoenix non ne avevano fatto uso. Quaggiù sulla Terra, il perclorato è stato trovato nel deserto di Atacama, in Cile, dove l’ambiente è così secco e desertico da essere stato paragonato alla superficie marziana. Inoltre, poiché si sa che sulla Terra alcune piante possono vivere in presenza di tale composto risulta abbastanza facile dedurre che non si possa escludere una situazione simile lassù.

In un’intervista a Walter Jayawardhana, diplomatico dello Sri Lanka e giornalista per l’Indo Asian News Service (IANS), il dott. Chandra Wickramasinghe, astrobiologo di fama mondiale nonché professore di Matematica applicata e Astronomia all’Università di Cardiff, nel Wales (UK), commentando le notizie della scoperta di acqua liquida sulla superficie del Polo Nord di Marte e di metano nella sua atmosfera, la mise in relazione alla precedente scoperta di sostanze organiche contenute in un meteorite sempre proveniente dal pianeta rosso e ne trasse la seguente deduzione: «… sono tutte indicazioni dell’esistenza di vita, vita contemporanea, sul pianeta rosso…».
L’allievo del grande Sir Fred Hoyle, lo scienziato britannico noto per aver tralasciato il Premio Nobel, quasi non contento della stupefacente posizione assunta, aggiunse:«Non sto parlando di vita fossile ma di vita contemporanea», lasciando così di stucco una moltitudine di persone.
Certo della sua posizione sulla teoria della Panspermia, secondo la quale l’Universo intero è stato inseminato per la vita con microbi provenienti dallo spazio esterno, egli poi ricordò come già trent’anni or sono, nel lontano 1976, gli esperimenti condotti dalle sonde Viking 1 e Viking 2 portarono ad ipotizzare la presenza di vita microbica attiva. Ma poiché i successivi esperimenti della NASA, rivolti alla ricerca di detriti di organismi viventi attorno alla zona di atterraggio, diedero risultati o negativi o ambigui, si assunse una posizione di negazione della vita su Marte senza però dare il giusto risalto al fatto che gli strumenti usati non erano sufficientemente sensibili a tali sperimentazioni, ovvero il rilevamento di corpi morti e l’individuazione di prodotti di decomposizione di batteri.