Marte: c’è acqua!

marte-ghiaccio“Tracce bianche sul suolo marziano: ghiaccio o sali?”. Iniziavano così gran parte dei titoli delle testate di tutto il mondo alla notizia, resa pubblica dalla NASA all’inizio di giugno 2008, che la macchina fotografica, di cui è dotato il braccio meccanico di Phoenix, aveva immortalato una strana sostanza biancastra all’interno della piccola benna.
Tralasciamo, in proposito, alcuni penosi “commenti al sale”, di alcuni insigni “signor-so-tutto-io” nostrani, su ciò che a tutti era già evidente, viste anche le sconvolgenti dichiarazioni ufficiali del responsabile della NASA, il quale aveva chiaramente detto che quello era probabilmente ghiaccio: un’affermazione che apriva una prateria se rapportata al concetto dello sviluppo della vita.
Pur tuttavia, nonostante fosse stato mister Smith in persona a rilasciare tale dichiarazioni, mancavano ancora le benedette prove e, in questo caso, una fotografia non è ancora una prova piena e convincente: la presenza di ghiaccio non può dare la certezza della presenza di tracce di vita biologica anche se è pur vero che sulla Terra il “sistema-acqua” è l’ingrediente necessario alla vita.
La sonda Phoenix si posò sul suolo marziano, a 67° di latitudine nord, il 26 maggio 2008 ed i suoi motori provvidero fin da subito a spazzare per bene il mantello di terriccio e polvere sul quale si andarono a posare i piedi del velivolo terrestre che, in quel punto esatto, fu immediatamente fotografato. E quella prima foto del paesaggio marziano mise in subbuglio parecchie persone, diciamo la NASA al gran completo: la superficie si mostrava riflettente e levigata. Per Peter Smith, responsabile scientifico della missione, c’era la probabilità abbastanza alta che il ghiaccio si trovasse addirittura fra i cinque ed i quindici centimetri sotto lo strato polveroso: «Non è impossibile che possa trattarsi di qualcos’altro ma la nostra prima ipotesi è che sia ghiaccio».

Non male, come prima dichiarazione ufficiale, al mondo intero, del responsabile supremo. Lo stesso giorno in cui parlò Mr. Smith, rilasciò una dichiarazione ufficiale anche il responsabile della fotocamera di Phoenix, cioè Horst Uwe Keller, dell’istituto tedesco Max Plank: «Le immagini suggeriscono che potrebbe esserci una distesa di ghiaccio sotto uno strato di terreno sottile e poco compatto».
Ovviamente, dopo le foto, Phoenix eseguì le analisi chimiche di quella piccolissima sostanza marziana prima scavata, poi sollevata e caricata all’interno del minilaboratorio, quindi inserita in un piccolo forno e, infine, sciolta ed analizzata con gli opportuni strumenti, compreso uno spettrometro.
Nel frattempo, la macchina fotografica continuò a scattare immagini e ad inviarle a terra, attraverso la triangolazione con la sonda Odyssey. Fra le prime, giunsero quelle dei cosiddetti “poligoni marziani“, ovvero le figure poligonali assai simili al permafrost che caratterizza le nostre regioni polari e formatesi, sulla Terra, in seguito al fenomeno di contrazione-espansione stagionale di suolo ghiacciato. L’ipotesi fu, dunque, secondo il commento di Smith, durante la prima conferenza stampa, che si potesse trattare di un chiaro segno della presenza di acqua ghiacciata.
ghiaccio-cratereMa la prova definitiva che lassù c’è acqua arrivò in Italia alle prime luci dell’alba del 20 giugno 2008: gli scienziati NASA, del progetto Phoenix Mars Lander, annunciarono che la sostanza bianca e brillante, finita nella benna di Phoenix e subito fotografata, nel giro di alcuni giorni diminuì gradualmente di volume, fino a scomparire. Certo! Proprio così! Si volatilizzò! A quel punto fu tutto chiaro: quello era ghiaccio perché si è sciolto ed è evaporato. Ecco le storiche parole con cui Peter Smith annunciò al mondo la notizia del secolo: «Riteniamo che questa sia la prova definitiva che questi sono piccoli pezzi di ghiaccio». NdR: “… ovvero, acqua ghiacciata”.

Oltre a questa evidenza totale, vi fu poi l’analisi dei dati del CRISM (Compact Reconnaissance Imaging), lo spettrometro con un alto potere risolutivo a bordo del satellite Mars Reconnaissance: poiché questo strumento scientifico individuò diversi tipi di abbondanti depositi di minerali argillosi fu possibile affermare che l’acqua era praticamente dovunque.
Fra 3,8 e 4,6 miliardi di anni fa, il pianeta ospitò veri e propri bacini idrografici e la sua rete idrica sotterranea e superficiale modificò profondamente ed in maniera assai diversificata i sedimenti del pianeta. I ricercatori, sotto la guida dello statunitense John Mustard, dell’Università americana di Brown, individuarono molte tipologie di fillosilicati, cioè di quei minerali argillosi che si formano in condizioni di alto PH e abbondanza di acqua: lassù vi è abbondanza di caoliniti, di cloriti, di muscoviti, di nontroniti e di saponiti. Questi minerali contengono: ferro, alluminio, magnesio, potassio, sodio e fluoro. Per la cronaca, già nel 2005 la sonda OMEGA (Observatoire pour la Mineralogie, l’Eau, le Glaces et l’Activité) aveva identificato strati di fillosilicati.
I ricercatori scoprirono migliaia di depositi di fillosilicati, situati sia all’interno che all’esterno dei crateri ed individuarono anche una nuova classe di silicati idrati, situati in sedimenti che per la loro morfologia sono stati chiaramente formati dall’acqua allo stato liquido che ora, si suppone, fosse presente a 4-5 km al di sotto dell’antica superficie del pianeta rosso.
Ma poiché i fillosiliocati si formerebbero a temperature relativamente basse, comprese fra i 100 ed i 200 gradi centigradi circa, il suddetto prof. Mustard ne trasse una semplice conclusione: Marte sarebbe stato più favorevole alla vita di quanto non lo sia ora. Indubbiamente, un bel regalo per noi ufologi, ma un secondo regalo, forse ancor più grande, ci è giunto da Bethany Ehimann, dottorando nella stessa università di Mustard, il quale dichiarò, in uno studio complementare pubblicato su Nature Geoscience, che nella regione marziana oggetto di studio, che si trovava nella zona dell’antico lago Jazero, c’era così tanta acqua da scorrere in letti fluviali, erodere le rocce, trasportare argilla, sfociare in laghi e formare delta per cui, in futuro, non si può escludere di poter trovare sostanze organiche.