Vi siete mai chiesti come vi sentireste se sapeste con certezza che lassù, nello spazio cosmico infinito, esiste una forma di vita intelligente? E quale sarebbe mai il vostro stato d’animo se sapeste che su quel remoto pianeta, in orbita attorno ad uno degli astri che illuminano la volta celeste, si è sviluppata una civiltà extrasolare simile alla nostra? E quali pensieri vi rincorrerebbero se sapeste che il tempo terrestre concessovi dal Destino sarà bastevole per poter vedere da vicino i vostri fratelli degli spazi siderali più profondi?
Meraviglia di un cielo stellato
Credo che queste tre piccole riflessioni siano solo una piccolissima parte di quell’autentica tempesta di pensieri che attanaglia la mente degli scienziati delle stelle allorquando si apprestano ad avvicinare lo sguardo all’oculare del loro telescopio o ad esaminare il segnale registrato dal radiotelescopio o a riflettere sulle sconvolgenti immagini provenienti dalla faccia nascosta della Luna e dagli incredibili ambienti di Marte.
Chissà mai, se anche voi e loro come me, alzando lo sguardo verso la meraviglia notturna di un cielo stellato, non ricordiate con grande gioia l’ultima strofa dell’Infinito di Giacomo Leopardi:«Così tra queste immensità s’annega il pensiero mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare».
Successivamente, Leopardi chiarì quale fosse la situazione psicologica che lo aveva condotto sulle eterne parole di questo Idillio e nello Zibaldone scrisse che: “… vedendo la bella natura, (l’anima) ama che l’occhio si spazi quanto è possibile. Del rimanente, l’anima desidera… una veduta ristretta e confinata in certi modi, come nelle situazioni romantiche. La cagione è la stessa, cioè il desiderio dell’infinito, perché allora in luogo della vista, lavora l’immaginazione e il fantastico sottentra al reale…”. E continuò scrivendo:”… Il piacere infinito che non si può trovare nella realtà, si trova nella immaginazione, dalla quale derivano la speranza e le illusioni…”.
Le leggi della fisica
Certo, per quanto profonde possano essere, queste parole non sono bastevoli per motivare la quotidiana indagine del ricercatore spaziale: egli sa bene che tutta l’evoluzione dell’Universo conosciuto è governata dalle “Leggi della fisica“, le quali sono “ferree” all’interno del nostro sistema cosmico di indagine e costringono una qualsiasi altra civiltà intelligente, ivi residente, ad adeguarvisi.
Per tale ragione, una volta superati i limiti della distanza e della velocità di spostamento in tempi compatibili con la vita di una persona ( o anche di una generazione ), rimarrebbe solo superare un problema di comprensione legato al “linguaggio diplomatico” da adoperare per riuscire a capirsi fra civiltà spaziali.
Naturalmente lo scienziato, nel ricercare forme di vita sia “primitive che intelligenti” su altri pianeti, dentro e fuori dal nostro sistema solare, non abbraccia tout-court l’ipotesi che esistano bensì “la speranza che possano esistere” ben sapendo, però, che è illusorio credere che siamo soli in questo sterminato Universo.
La nostra Terra è un pianeta di un piccolo Sistema Solare che, a sua volta, è un puntino indistinguibile dentro la Via Lattea, una galassia enorme ma che, in realtà, è una nullità nell’Infinito sondabile. Egli, dunque, opera nel campo delle ipotesi ed ha solo tre modi per muoversi:
1- la ricerca di un segnale radio non terrestre proveniente dallo spazio profondo;
2- l’esplorazione strumentale e diretta della presenza delle condizioni adatte allo sviluppo della vita su di un pianeta extrasolare;
3- la fiducia in chi afferma sia di aver già incontrato vita extraterrestre intelligente sulla Terra, in quanto sarebbe stato testimone dell’avvistamento di macchine volanti incredibili, che si sono comportate al di fuori di ogni logica dell’avionica e delle leggi universali di quella fisica che governerebbe il nostro Universo e sia di aver visto, anche da vicino, esseri dalle fattezze umanoidi, come è appunto accaduto al sottoscritto nel 1986 e che mi ha indotto a passare in questo meraviglioso campo di indagine, pur continuando regolarmente nei miei interessi di studioso e pubblicista della storia degli Estensi, di Ferrara, dei ferraresi e della loro antropologia culturale, studi regolarmente intercalati da conferenze tematiche specifiche.
Il difficile impegno dell’ufologo
Ritornando alle ipotesi suddette, ovviamente la terza ipotesi (fiducia nei testimoni di eventi ufologici), per quanto affascinante possa essere, non può di certo essere percorsa dall’astrofisico, il quale la lascia volentieri a noi ricercatori nel campo dell’ufologia: la nostra è infatti una porta di frontiera che rimane aperta alle possibilità sia di scoprire l’esistenza di civiltà extrasolari intelligenti sia di essere scoperti ed osservati noi stessi da visitatori provenienti da altri mondi, e quindi da civiltà enormemente superiori alla nostra, in possesso di conoscenze scientifiche in grado di superare i limiti sia dello Spazio che quelli del Tempo e di dominare una scienza dei metalli ed una conoscenza delle tecnologie a noi ancora del tutto sconosciute.
Noi ufologi però, per quanto poco tenuti in considerazione dai media, derisi dagli amici astrofili e bacchettati dai Soloni dell’astronomia, che dall’Empirèo della loro scienza irridono a destra e a manca, sappiamo bene che anche “l’ufficialità della scienza arranca” e, spesso, in maniera vergognosa.
Vi sono stati tanti astronauti (cioè astronomi, astrofisici o militari di alto grado) che hanno visto e filmato oggetti misteriosi che si avvicinavano alle loro navicelle durante le missioni spaziali e si comportavano addirittura in maniera intelligente; e questi filmati, pur essendo stati commercializzati e dati in pasto al grande pubblico, vengono ancora passati dalla scienza ufficiale per “spazzatura spaziale” vagante per il cosmo. Questo si chiama “Cover up” allo stato puro! Quando lo scienziato è così piccolo quanto potrà mai evolvere la nostra scienza?
Abbiamo poi avuto illustri scienziati che, in base a quelle famose leggi fisiche universali, hanno teorizzato che i pianeti extrasolari non avrebbero mai potuto esistere in certi luoghi, in quanto privi delle condizioni minime alla loro formazione ed al loro sviluppo regolare; invece, essi sono stati scoperti proprio in quegli spazi profondi dove mai avrebbero potuto esistere, orbitanti accanto ad una Pulsar, una stella di neutroni formatasi dal collasso di una Supernova, dove il campo magnetico e l’energia presenti sono talmente potenti da essere quasi indescrivibili con la matematica terrestre.
Gli scienziati erano infatti convinti che non fosse possibile la nascita di un pianeta in una zona dell’Infinito riempita dalla spaventosa energia liberata da un’esplosione di quel tipo. Eppure lì, nel 1992, attorno alla Pulsar “PSR1257+12” sono stati individuati addirittura due pianeti extrasolari! Parliamo naturalmente di ammassi di materia impossibilitata ad ospitare la vita, stante le condizioni terribili tutto attorno, ma lo scoprire pianeti al di fuori del nostro Sistema Solare ha un significato incommensurabile poiché sta a significare che nell’Universo è possibile la formazione di ammassi simili alla Terra ed orbitanti in sistemi-fotocopia di quello del nostro Sole.
Questa scoperta è sostanziale, in quanto sconvolgente per l’intera umanità: non c’è più solo il “pianeta-Terra”, cioè un luogo unico ed irripetibile dell’Universo dove il buon Dio avrebbe impiantato la sua discendenza naturale mandando addirittura il figlio suo ad immolarsi! Qui c’è qualcosa del tutto nuovo: solo nella nostra galassia, che pure è un puntino invisibile nell’Universo, è tutto un sistema solare attaccato all’altro, con un’infinità pressoché incalcolabile di pianeti del tutto simili alla nostra amatissima Terra per cui, là fuori, è certo che esista qualcuno, intelligente come e forse anche più di noi.