Cerchi nel grano: tra scoperte, ipotesi e beffe

grasdorf-23luglio1991-bassassassoniaIl filone edelle ipotesi e delle beffe ha avvolto a più riprese la tormentata storia dei cerchi nel grano o crop circles. All’interno di un gigantesco agroglifo, esteso su di un’area di circa cinquemila metri quadrati, comparso a Grasdorf, in Bassa Sassonia (Germania), ai piedi del Thierberg, antico luogo germanico per le celebrazioni popolari, un visitatore, grazie all’utilizzo di un metal detector, scoprì alcune piastre metalliche uguali, di circa trenta centimetri di diametro e pesanti cinque kg. Subito si pensò ad uno scherzo in quanto la persona che le rinvenne scomparve misteriosamente e, dopo due giorni dal ritrovamento, il proprietario del campo ricevette la foto della piastra a medaglione che, sorprendentemente, recava inciso lo stesso disegno del pittogramma. Le altre due piastre furono mostrate alla conferenza che si tenne a Grasdorf nell’ottobre dello stesso anno. Analizzandole con attenzione si scoprì che erano composte da tre strati sovrapposti, che ogni strato portava impresso, in miniatura, il disegno apparso nel campo e che uno strato era costituito da oro purissimo.

Nuovi filoni di ricerca

In seguito a quella scoperta si aprirono nuovi ed insoliti filonì di ricerca, non solo all’interno degli agroglifi, ma anche all’esterno: sia andava dai metalli di vario tipo alle microscopite sferette metalliche, dalle spighe che crescevano più basse a quelle che scoppiavano sui nodi, dai suoni misteriosi alle luci inspiegabili. Intendiamoci: le storie delle sferette furono tutte delle bufale clamorose: quelle metalliche erano di magnetite, quindi assimilabili a limatura di ferro, mentre quelle di silice non erano altro che normale spargente che veniva solitamente usato nei concimi fertilizzanti.

Gli insetti rinsecchiti

insetti-mortiAnalizzando un gran numero di glifi ci si accorse che al loro interno e, spesso, nelle immediate vicinanze, si poteva agevolmente notare la presenza di mosche morte e rinsecchite. Così si credette che la cosa potesse essere collegata alla presenza di un qualche forma di energia radiante oppure ad intensi campi magnetici. Anche qui si scoprì ben presto l’arcano: la morte degli insetti, con conseguente rinsecchimento del loro addome, era dovuta alla presenza del fungoEntomòphthora muscae” che andava ad intaccare le pupe delle mosche stesse. Tale fungo non era visibile ad occhio nudo al momento del decesso dell’insetto e lo si poteva invece notare sull’addome della mosca viva al momento della sporulazione (azione delle spore), terminata la quale se ne scompariva.

Questa fase dell’infezione venne ottimamente studiata  dal http://www.francescograssi.com, il quale riuscì a dimostrarla nella maniera inequivocabile che vi presento, necessariamente in forma ultrasintetica. In inverno la pupa della mosca trascorre l’inverno al suolo mentre in primavera le spore rilasciano gradualmente i conidi infettivi. La mosca nata in questa stagione dalla pupa, ogni volta che incontra i conidi infettivi si infetta a sua volta e il suo addome, dopo un periodo di incubazione si gonfia, assumendo un colorito bianco striato; da quel momento, trascorsi che sono tre giorni, la mosca muore a causa del fungo e rimane attaccata alla vegetazione mentre dal suo addome fuoriescono i conidi suddetti ancora completamente attivi e in grado di trasmettere l’infezione ad altre mosche

Gli strani comportamenti delle spighe allettate

spighe-nodiLe indagini condotte sulle piantine più piccole e allettate all’interno dei glifi hanno condotto alla scoperta che non c’era alcunché di misterioso nel loro comportamento successivo alla piegatura da parte degli strumenti utilizzati dai circlemakers. In modo particolare vennero analizzati: il foro d’espulsione del nodo delle piantine, l’allungamento nodulare delle piantine piegate e la modalità di crescita delle piantine allettate.

Il nodo del gambo di una piantina di grano è il crocevia di tutte le energie della pianta stessa poiché da esso si diramano le foglie, attraverso di esso si svolgono i movimenti della pianta in direzione della luce solare mentre in esso hanno sede il meccanismo di ripristino della crescita e la sostanza nota come “auxina“, un ormone vegetale deputato alla regolazione della vita della pianta.

spighe-allettateInfatti, ogni volta che per un qualche motivo la piantina venga a trovarsi piegata, interviene l’auxina, depositandosi nelle cellule della parte del nodo meno esposta alla luce e inducendo così un accrescimento sproporzionato del nodo il quale inizia un movimento che induce la pianta stessa a tentare di raddrizzarsi dalla posizione allettata.

Il nodo, poi, indipendentemente dall’auxina, inizia ad allungarsi anche per quattro motivi del tutto naturali: le caratteristiche genetiche portano la pianta a crescere, ovvero ad alzarsi, allungandosi sempre più; il grado di fittezza della vegetazione circostante genera competizione e quindi allungamento; l’allettamento genera maggior compressione e quindi ancora allungamento mentre la luce scarsa, di cui dispone una pianta allettata sotto ad altre, induce nuovamente il movimento dell’allungamento.

Per tutte queste ragioni i nodi delle piante allettate si presentano generalmente allungati, ma se ciò non fosse ancora sufficiente a far comprendere i motivi dell’allungamento del nodo risulta assai utile riflettere sul fatto che le graminacee presentano un fusto cavo, formato da otto nodi e da otto internodi: mentre nella fase di sviluppo i nodi sono molto vicini fra di loro, nella fase di crescita essi si allontanano (ovviamente) e nella fase di eventuale allettamento vengono quindi a svilupparsi gli internodi.

Si tratta, in pratica, di una vera e propria battaglia per la sopravvivenza quella che quotidianamente le piante conducono per conquistarsi non solo il classico posto al sole, ma anche lo spazio necessario per svilupparsi in maniera armoniosa e, soprattutto, le sostanze nutritive per vivere. In pratica, esse devono sviluppare un intero micromondo: la loro struttura di sostegno, il sistema di trasporto delle sostanze minerali nutritive, la protezione degli organismi riproduttivi, il perfezionamento dei meccanismi adattivi ai diversi climi e l’attivazione dei tropismi, ovverso quei particolari meccanismi articolari che conentono loro di muoversi, piegarsi e ruotare senza spezzarsi.

Il tempo ha sviluppato nel DNA di ogni piantina un complesso mondo di strutture sensorie ed un vero e proprio orologio biologico per misurare la forza di gravità, la temperatura esterna, il livello di luminosità, le abilità nutritive, quelle vitali e quelle combattive contro le infezioni. Sì, le painte sanno comunicare chimicamente fra di loro, sanno entrare in simbiosi con funghi e batteri e sono perfino in grado di rigenerarsi dalle loro cellule. Perciò ogni volta che una piantina viene a trovarsi alletata non si scoraggia per nulla perché nel corso dei secoli ha imparato a difenderso contro quasi tutto, assolvendo pienamento al proprio ciclo riproduttivo.

Nel 1990, dopo dieci anni che tutto il mondo aveva iniziato a parlare di crop circles, l’associazione ufologica francese del VECA (Voyage Etude Cercles Angles) si appostò per diverso tempo fra le colline di Westbury e fece l’ennesima scoperta davvero importante sulla natura di quelle strane figure geometriche; una notte, usando una telecamera all’infrared, filmarono uno strano movimento notturno all’interno di un grande campo di grano: erano delle persone!!! Il giorno seguente in quel campo scoprirono una formazione di cerchi.

L’potesi dei i vortici

Dopo aver effettuato così tante osservazioni su ciò che veniva trovato dentro e fuori gli agroglifi, sono immediatamente iniziate le ipotesi più fantasiose sull’origine dei crop circles: matrici naturali o strumentali, matrici umane o aliene?

All’inizio arrivò la tesi di Terence Meaden, fisico e metereologo presso la Oxford University e direttore del giornale “The Journal of Metereology”, il quale ipotizzò che alla base delle creazioni di questi messaggi silenziosi ci potesse essere una matrice naturale, da lui definita “vortice di plama” oppure “vortice d’aria” accompagnato da fenomeni elettrici.  Il plasma è un gas cheè formato da particelle elettricamente cariche di atomi privi di uno o più elettroni esterni e si ottiene in due modi: o scaldando il gas ad una temperatura di almeno mille gradi o applicando senmpre al gas un campo elettrico di elevatissima potenza. Le sue bizzarre proposte persero immediatamente di valore non appena vennero rinvenuti i primi agroglifi diversi dalle forme rotondeggianti e circolari.

L’ipotesi del fungo

cerchidelle fateL’ipotesi naturale non dimostrò segni di cedimento e da più parti, come dimostrano gli stesi documentari di SKY, si fece avanti la teoria del fungoMarasmius Oreades” il quale, nel suo svilupparsi, crea effettivamente dei disegni circolari sull’erba. Infatti, il suo micelio, avendo la particolarità di espandersi sotto terra in maniera circolare, provoca l’essicamento della terra e, per conseguenza, della vegetazione soprastante. Il fenomeno è conosciuto fin dall’antichità ed ha un nome che lo connota ottimamente: “Faity Ring” o Cerchio delle fate. Ovvio che anche questa ipotesi venisse a cadere con l’avvento degli agroglifi complessi.

L’ipotesi del Maser

A questo punto, venne definitivamente accantonata l’ipotesi naturale e nel 1955, con Charles Townes e James Gordon, si puntò sull’ipotesi artificiale del MASER, un acronimo che sta per: Molecular Amplification by Stimulated Emission of Radiation. In pratica si pensava ad un amplificatore molecolare mediante emissione stimolata di microonde.

Per quel che si sa, ogni volta che la frequenza delle microonde riceve una forte quantità di energia essa amplifica la sua struttura molecolare, producendo un nuovo tipo di radiazione. Si sapeva anche che l’intensità di un campo di microonde diminuiva col quadrato della distanza, per cui con le microonde non si andrebbe, in teoria, da nessuna parte, in quanto sarebbero precluse le vaste superfici. In realtà, le sperimetazioni di quegli anni dimostrarono che i fasci di microonde erano in grado di non diminuire con la distanza e, inoltre, si scoprì che il MASER era in grado di operare con fasci di luce del diametro di solo qualche centimetro. La scoperta generò un clamore assordante, ma chi avrebbe mai potuto produrre questa nuova forma di energia?

AirBorneLaser-beamOvviamente i sospetti caddero regolarmente sugli americani. Infatti, il 25 giugno 2007 il Pentagono fece sapere al mondo intero (http://www.crave.cnet.com) che erano iniziati i test ufficiali di un’arma segretissima, dalla potenza inaudita, denominata ABL (AirBorne Laser) o laser aviotrasportato, denominato “Pentago’s AirBorne Laser Program”, che faceva probabilmente da corollario al progetto americano di guerre stellari. In poratica, si seppe che quest’arma era destinata ad essere montata sui giganteschi 747-400F Lockheed Martin modificati, di stanza presso le basi di Sunnyvale (calif) e Andrews Air Force Base (Maryland). Il raggio laser, ufficialmente definito con la terminologia di “Megawatt-class chemical oxygen iodine laser beam” avrebbe avuto il compito di difendere il territorio americano dai missili balistici intercontinentali.

In pratica, con un’arma del genere, in grado di operare su fasci di luce di qualche centimetro, non si sarebbe potuto trovare un nome più adatto: il cannone laser. Utilizzando una miscela di cloro e perossido di idrogeno, si ottiene una reazione generante molecole che, dopo essere state filtrate dai vapori di iodio, attraverso un serbatoio di azoto presurizzato, formano una nuova energia; essa, passando appunto dall’ossigeno allo iodio, verrebbe a trasformarsi nel micidiale laser.

Le grandi beffe

Nel 1990, dopo dieci anni che tutto il mondo aveva iniziato a parlare di crop circles, l’associazione ufologica francese del VECA (Voyage Etude Cercles Angles) si appostò per diverso tempo fra le colline di Westbury e fece l’ennesima scoperta davvero importante sulla natura di quelle strane figure geometriche; una notte, usando una telecamera all’infrared, filmarono uno strano movimento notturno all’interno di un grande campo di grano: erano delle persone!!! Il giorno seguente in quel campo scoprirono una formazione di cerchi.

beffaDavid-DouglasNel settembre del 1991, il ricercatore e scrittore inglese Pat Delgado venne invitato da alcuni giornalisti del Today National Newspaper ad esaminare un nuovo agroglifo che egli definì come “il più bello della sua ricerca”, attribuendone poi la paternità ad entità extraterrestri.
Purtroppo per lui, i giornalisti gli spiegarono che quel cerchio di circa 9 metri di diametro era stato realizzato da due pensionati inglesi: David Chorley e Douglas Bower i quali, solo il giorno prima, si erano recati alla redazione del giornale per autodenunciarsi e dichiarare di aver realizzato l’opera con una semplice barra d’acciaio piegata ad ELLE e fissata nel terreno ad un’estremità, poi fatta ruotare lentamente. Essi ebbero a dichiarare di aver fatto diversi cerchi ma poiché non li notava nessuno, decisero di eseguirli su leggeri pendii, così da essere facilmente individuati. Ma la vicenda assunse aspetti grotteschi allorquando i due circlemakers fallirono alla prova del nove: invitati dalla BBC ad una dimostrazione pubblica in pieno giorno, avrebbero dovuto realizzare un agroglifo modestissimo, con semplici appendici. Dopo diverse ore se ne stavano ancora al lavoro fino a quando, prostrati dalla fatica e dall’incapacità, decisero di smettere di fronte all’ilarità generale. Dopo alcuni mesi confessarono pubblicamente la loro malefatta: cercavano solo notorietà. In pratica, di questi due “piccoli circlemakers ante litteram” l’ufologia moderna non riesce mai a ricordarsene.

Si arrivò, infine, alla clamorosa beffa dell’11 agosto 1996 quando, in un campo di colza presso Oliver’s Castle, nel Wilthshire, venne rinvenuto un nuovo agroglifo e si venne anche a sapere della presenza di un filmato che riprendeva delle sfere luminose nell’atto di realizzare l’opera.

L’operatore fu un tal John Wheyleight che disse di aver filmato per ben ventiquattro secondi quattro sfere di luce nell’atto di realizzare il glifo (https://youtu.be/AcLcnrpxmUg). Quel filmato fece il giro del mondo in pochissime ore ma, grazie all’indagine svolta da Paul Vigay, un vero esperto di tecnica fotografica computerizzata, si venne a sapere che il video era un falso tecnologico per ben tre motivi: (tecnica di ripresa) la telecamera rimaneva immobile a riprendere l’intera scena e non si muoveva nemmeno per riprendere le sfere in fase di allontanamento, (campo di ripresa) un cerchio si concludeva all’interno di un’inquadratira predefinita ma, soprattutto, (distribuzione luce) le ombre delle sfere non coincidevano con la luce solare del momento.

Alla fine, dunque, al povero John Wheyleight non rimase che confessare: disse di chiamarsi John Wabe e di essere un regista professionista della Video First Cup di Bristol (England). Ammise pubblicamente, in diretta televisiva, che si era trattato di una montatura computerizzata

La nostra posizione ufficiale

Alla luce di tutto ciò, ribadiamo ancora una volta la posizione ufficiale del Centro Ufologico Ferrarese: i cerchi nel grano ed i glifi in generale sono solo una gigantesca bufala dalla quale, però, l’ufologia non riesce a staccarsene perché, checché se ne dica, fa colore e fa parlare della nostra passione. Per il CUF non c’è alcun messaggio alieno da interpretare in quanto il glifo non è portatore di vera comunicazione: essa dovrebbe essere comprensibile e quindi semplice, dovrebbe conservarsi nel tempo e rivolgersi a più persone, ma un agroglifo è esattamente tutto il contrario: esso porta un messaggio oscuro, privo di senso logico, senza un filo conduttore, non permane nel tempo e si rivolge a qualche eletto autoreferziatosi come tale con buona pace di tutti coloro che continuano a ritenere possibile che Et compia un viaggio di anni luce, dal costo assolutamente proibitivo e della durata indefinita per fare un semplice disegnino sopra ad uno sperduto campo di campagna.