Base aliena sul monte Musinè?

monte-musinèProviamo anche noi ad indagare in chiave ufologica l’alone di mistero che da anni ha avvolto il monte Musinè, situato ad una quindicina di chilometri da Torino, lungo la strada che porta alla Val di Susa. Questa montagna dalla forma vagamente piramidale è, in realtà, una grande collina poco più alta di mille metri. È dai tempi di Roma imperiale che questo monte continua a fare il pieno di storie e di leggende e fra di esse vi è anche quella assai curiosa che narra la leggenda della famosissima frase, “In hoc signo vinces”, che Costantino ebbe sotto forma di visione proprio alle sue pendici.

La vegetazione sul Monte Musinè

Sulle sue pendici scarseggia la vegetazione poiché, nel corso dei secoli, la sua roccia è “letteralmente uscita dalla terra”, come hanno ben chiarito i responsabili dell’Ordine dei geologi del Piemonte. Ma, ovviamente, c’è anche chi non la pensa così e crede che, in un lontano passato, questo “asinello” (Musinè significa, appunto, “asinello” in dialetto piemontese della zona) fosse un vulcano attivo e quindi le sue pendici sarebbero ricoperte di uno spesso strato di lava che, a sua volta, sarebbe stato ricoperto, nel corso dei secoli, da un piccolo strato di terra, tale da permettere solo la crescita di una vegetazione cespugliosa o di basso fusto.

I geologi suddetti sono più propensi a credere che la vegetazione non cresca semplicemente perché non è possibile ottenere risultati di crescita … sulla roccia. A tal proposito risulta curiosa e difficile da comprendere l’iniziativa della Forestale del Piemonte di tentare un’opera di rimboschimento di fronte alla chiara dichiarazione dei geologi piemontesi: infatti, tutte le piantine messe a dimora sarebbero morte.

La caverna misteriosa

Oltre alle visioni mitologiche, si crede anche che sotto la sua superficie esista un’importante grotta all’interno della quale si sarebbero praticate, in un lontano passato, riti magici da parte di personaggi che si ritenevano portatori di segreti ancestrali e pratiche magiche che si sarebbero meglio espletate al riparo di queste spesse mura naturali. Naturalmente non la pensano così i responsabili dell’Ordine dei geologi suddetti i quali hanno dichiarato che il monte non presenta alcuna cavità interna e nessuna “porta segreta” dalla quale, eventualmente, penetrare.

Le luci e l’acqua

I sostenitori della teoria del vulcano ritengono che stia ancora continuando la produzione di gas naturale il quale, come si sa, può essere determinante per la produzione di fuochi fatui: ovvero delle fiammelle che si accendono principalmente in terreni paludosi ma anche in superficie con screpolature che consentono la fuoriuscita di gas naturali dal terreno. Gli stessi notano poi che in tutta la zona vi è l’assoluta mancanza di una qualsivoglia sorgente di acqua. I geologi credono, invece, che la storia del vulcano sia una leggenda vera e propria mentre ritengono che sia possibile la presenza residuale di piccoli depositi di gas naturale e fanno notare che, trattandosi di roccia emersa, difficilmente vi è la possibilità che possano esistere tracce di sorgenti sotterranee.

Spettri e fulmini globulari

Provate un po’ a pensare: la forma della montagna è piramidale, la sua superficie non permette la crescita di vegetazione di alto fusto, non v’è traccia di acqua, scendono coltri nebbiose fra le gole delle pendici, si vedono le fiammelle accese dai gas naturali che, spesso, sono scambiate per fulmini globulari… a questo punto, se dovesse apparire un’ombra sarebbe certamente quella di un’anima spettrale. I geologi credono invece che se qualcuno dovesse vedere una figura spettrale questo fenomeno sarebbe da attribuire all’effetto di Broken, consistente in una fonte luminosa alle spalle di una persona la quale ha di fronte una coltre nebbiosa: l’effetto è quello di un’ombra enigmatica che si staglia dinnanzi e presenta dimensioni allungate.

Per quanto riguarda, invece, i fulmini globulari, si tratta di un fenomeno fisico (il fulmine) che viene intrappolato per qualche secondo in due campi magnetici: uno verticale e l’altro orizzontale, che si intrecciano fra loro. Sul numero 74 di Focus (Dicembre 1988) è stata spiegata la formazione di queste palle di fuoco magnetiche, chiamate “fulmini globulari”, grazie alle sperimentazioni del prof. Antonio Ranada, dell’Università di Madrid. Ogni fulmine produce un campo magnetico che va ad avvolgere la striscia di luce (fatta di gas ionizzati, cioè plasma incandescente) con una serie di anelli orizzontali; quando, però, vengono ad incrociarsi due di queste situazioni, e la seconda si pone in maniera perpendicolare alla prima, il plasma rimane imprigionato all’interno, creando l’illusione di una sfera di luce che si sposta attraversando ogni cosa e si spegne, cioè scompare, solo quando il tutto si raffredda e vengono meno le condizioni che lo tenevano “in vita”.

I graffiti

Di sicuro, con tutte queste situazioni di contorno, il Musinè si è creato una bella nomea nella quale entra anche, a pieno diritto, il dubbio che gli alieni vi abbiano messo lo zampino. Vediamo perché. Lungo uno dei suoi versanti è stata individuata una stele, a mo’ di obelisco, sulla quale sono stati rinvenuti dei graffiti che rappresentano indubbiamente una scena assai stilizzata: 3 individui, una forma a disco volante, sospesa sulle loro teste, un sole, un oggetto in lontananza e due aviogetti fermi a terra. Alcune persone hanno interpretato la scena in chiave ufologica e l’hanno assimilata ad una battaglia aerea “ante litteram”, che avrebbe visto coinvolti esseri provenienti da altrove. Oppure potrebbe essere una battaglia condotta da oggetti volanti venuti da altrove ma i due disegni assimilabili ad aviogetti sarebbero semplicemente delle persone decedute durante l’attacco. Ovviamente, la scienza ufficiale legge una scena diversa: si tratterebbe di un sacrificio umano al Dio Sole. In un’altra parte del Musinè, su di una pietra è stata rinvenuta una scena di caccia nella quale vi si vede un uomo nell’atto di scagliare una freccia verso due animali mentre un terzo animale giace sdraiato a terra. Secondo alcune indiscrezioni però, entrambe le scene sarebbero opera di burloni ed ascrivibili agli anni ’70.

Gli alieni

Con una serie così impressionante di situazioni misteriose, il Musinè è stato visitato da una moltitudine di persone che, durante i loro sopralluoghi hanno anche rinvenuto, neanche a farlo apposta, delle misteriose pietre bruciacchiate, che si trovavano a terra, vicino a zone a loro volta bruciacchiate. Ciò ha contribuito ad accrescere la credenza che la zona fosse frequentata dagli extraterrestri, i quali avrebbero poi trovato riparo nelle viscere della montagna, in una introvabile grotta. Qui, però è bastata la spiegazione dei contadini locali che chiamano quelle pietre le “Pere dal tron”, cioè le “Pere del Tuono“, in quanto create dai fulmini che si scaricano a terra. Purtroppo per noi ufologi, alla fine di tutto questo discorso del Musinè come base aliena rimane ben poco in quanto gli avvistamenti ufologici che avverrebbero in zona sarebbero, come qualità e quantità, gli stessi che avvengono con regolarità in ogni altro luogo d’Italia ma che qui, in virtù dell’alone di mistero che circonda la zona, assumono un valore aggiunto.