Archeologia misteriosa: El Rey olmeco di La Venta

el-rey-MessicoIl colle di Chalcatzingo è un sito archeologico precolombiano situato nella regione meridionale delle colline centrali del Messico, nella valle di Morelos ed è risalente al periodo della civiltà olmeca di La Venta (secondo periodo olmeco, dal 900 al 400 a.C.), quando la popolazione non supoerava il migliaio di persone. Il centro archeologico è collocato fra le colline di Cerro Chalcatzingo, luogo sacro dedicato ai rituali, e Cerro Delgado. Il sito possiede molti bassorilievi, il più importante dei quali si trova sulla prima collina: il tema di fondo è quello dedicato alla pioggia ed alla fertilità, per cui alcuni ricercatori lo hanno definito come “Gruppo dell’acqua danzante”. Ed è proprio qui che si trova un’opera inquietante, conosciuta con svariati nomi, i più noti dei quali sono: “El Rey”, “The King” o “L’Astronauta di La Venta”.

el-rey-originaleSi tratta di una scultura intagliata, vista di profilo, rappresentante un uomo, seduto all’interno di una caverna  dove si trova una specie di occhio assai simile ad una bocca. Al di sopra della caverna vi sono altri simboli stilizzati: nuvole di pioggia, oggetti appuntiti a forma di punto esclamativo nell’atto apparente di cadere dal cielo, ma interpretati dagli archeologi come gocce di acqua. Al centro di tutto vi è la scultura intagliata di “El Rey“, detto anche “The King”, vestita con ornamenti, mentre si trova sopra un canale di acqua naturale, quella stessa acqua che un tempo dissetava l’antica comunità.

Questa scena è stata interpretata in vari modi dagli archeologi che l’hanno indagata: o un capo o una divinità della pioggia o un Dio della montagna (uno sciamano) che, in tutti i casi, comunque, si adoperava col proprio potere per portare l’acqua nella regione.

Ovviamente, anche qui la paleoastronautica si era formata una diversa opinione, ma la realtà, come si è visto è ben altra. Pensavamo, sbagliando, ad una somiglianza con Palenque, poiché l’impressione era quella di un essere simile ad un antico astronauta, mentre si trovava alla guida del proprio velivolo extraterrestre, addirittura stringendo un pannello fra le mani. La parte posteriore della capsula rafforzava l’ipotesi generale e faceva pensare ad un sistema propulsivo generante scarichi gassosi e fiamme.

Ora sappiamo la verità: non era una capsula per viaggi spaziali, ma un’opera simbolica che ricordava a quelle genti come la Natura fosse stata benigna nei loro confronti, avendo provveduto alla prosperità di un’intera città attraverso la fonte principale della vita, ovvero l’acqua.

Ovviamente si tratta dell’ennesimo punto a favore della gaia scienza ma noi rimaniamo e rimarremo per sempre ufologi convintissimi, essendo stati testimoni di vista, nel lontano 1986, di qualcosa che non avrebbe mai potuto essere di natura terrestre: la gigantesca astronave aliena immobile al di sopra di Vigarano Mainarda. La fortuna volle che non ci fosse un unico testimone, ma almeno quattro persone: il sottoscritto, oggi maestro elementare a riposo, mia moglie, insegnante ieri come oggi, e due amici: un geometra, defunto oltre un anno fa, e un ragioniere, tutti del luogo. Abbiamo assistito ad una fenomenologia ufologica assurda, degna di un film di fantascienza e chissà quante altre persone avranno visto ciò che abbiamo visto noi, ma che, per un motivo e poer un altro, non hanno voluto raccontare quello che accadde quella calda sera settembrina.