Antiche cronache: il prodigio celeste a Lepanto

battaglia-navale-lepanto-by-cuf-2015Nella cronaca della battaglia navale di Lepanto, scritta da padre Alberto Guglielmotti (1812-1893), uno degli storici ufficiali della Marina Pontificia, nonché religioso, teologo e aperto a conoscenze di vario tipo, venne citato un avvenimento assai curioso che, a suo tempo, fu interpretato come un “segno celeste” da coloro che lo videro. Nel libro intitolato “Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepanto“, e pubblicato nel 1862, egli riportò le parole riferite da due testimoni oculari presenti a quella storica battaglia combattuta il 7 ottobre 1571, mentre la vicenda del “segno celeste” accadde il 21 settembre, ovvero diciassette giorni prima. Come si giunse a quella battaglia? Vediamo, in sintesi, la cronaca di quei giorni.

LA STORIA DI FAMAGOSTA E DI CIPRO

Nel corso degli anni la città di Fanagosta cambiò diverse volte il proprio nome: dall’originaria Arsinoe divenne prima Ammochostos, nome greco ancora in uso dal quale derivò il più europeo Famagosta, quindi adottò anche il nome turco di Magùsa. Nel 1372 fu conquistata da Genova, ma nel 1480, quasi un secolo dopo, entrò a far parte dei possedimenti di Venezia, a mo’ di comodato d’uso, visto l’obbligo di pagare un tributo annuo di ottomila ducati agli ottomani o turchi che dir si voglia. Poiché gli abitanti dell’isola rimproveravano ai veneziani un eccessivo autoritarismo, sfrittamento ed ingerenza nella vita pubblica, non furono pochi, specialmente quelli di parte turca, che affidarono le loro speranze agli ottomani. Ovviamente, dal punto di vista politico, l’isola rappresentava la possibilità di controllare il Mar Mediterraneo per cui l’espansionismo musulmano iniziò a preoccupare non poco l’intera comunità cristiana, compresi gli interessi economici della Spagna.

LA GUERRA DI CIPRO

La vicenda della battaglia navale di Lepanto si inserì nella Guerra di Cipro, combattuta tra i musulmani dell’imperatore ottomano ed i cristiani della Lega Santa, alla quale aderì praticamente quasi tutta l’Italia del tempo. La coalizione cristiana comprendeva: le repubbliche di Venezia e di Genova, la Spagna con i regni di Napoli e di Sicilia, lo Stato Pontificio ed i Cavalieri di Malta, i Ducati di Savoia e di Urbino ed il Granducato di Toscana. Dopo alterne vicende, lo scontro si concluse in maniera gloriosa per le forze cristiane, guidate da Don Giovanni d’Austria contro quelle musulmane guidate da Alì Pascià, che perse addirittura la vita nell’epico scontro. La coalizione cristiana era stata promossa da papa Pio V per soccorrere la città veneta di Famagosta, sull’isola di Cipro, assediata dai turchi e difesa da Marcantonio Bragadin e Astorre II Baglioni.

LA BRUTALITÀ TURCA

I turchi presero l’iniziativa nel 1570, portando una forza d’invasione di circa centomila soldati in tutta l’isola di Cipro ed attaccando Nicosìa. La capitale cadde nelle loro mani il 9 settembre e fu subito una strage: i turchi uccisero l’intera popolazione ed i cinquecento difensori asseragliati nel palazzo del governatore, ma salvarono duemila giovani, che trasformarono in schiavi ed inviarono ad ad Istanbul. L’esercito invasore puntò quindi sulla città veneta di Famagosta, la quale era però protetta da un ottimo sistema difensivo e poteva disporre di viveri e miunizioni in abbondanza. Il suo Capitano Generale era Marcantonio Bragadin non s’impressionò di fronte all’enorme forza d’urto turca e diede ordine di difendere la città ad ogni costo, convinto che Venezia non l’avrebbe mai lasciato da solo. Dal momento che l’autunno era alle porte, gli ottomani non iniziarono un vero e proprio assedio e si limitarono ad una azione di blocco delle vie di terra e di mare.

LA REAZIONE DI VENEZIA

Il 26 gennaio 1571 giunsero nei pressi dell’isola sedici galee veneziane, accompagnate da tre mercantili e dopo una breve battaglia navale vennero distrutte quattro galee turche ed altre tre furono costrette alla fuga. Famagosta ricevette così, oltre ai viveri e ad altre munizioni, l’arrivo di un primo contingente di circa millecinquecento soldati e, successivamente, un secondo contingente di altri ottocento militari.

LA REAZIONE DEI TURCHI

A primavera il sultano inviò circa 200 navi, con altri centomila soldati e ben centocinquantamila zappatori, incaricati di scavare le trincee. Dopo un’eroica difesa, che condusse alla morte oltre cinquantamila turchi, il primo di agosto la città si arrese ai turchi, tentando però la carta della “resa onorevole”, nel disperato tentativo di non subire una ripetizione degli orrori di Nicosìa.

Dai primissimi patti, gli ottomani garantirono la vita e la libertà a tutti coloro che si trovassero dentro le mura: i cittadini greci avrebbero potuto restare o andarsene definitivamente mentre quelli turchi avrebbero potuto mantenere le loro proprietà, le attività e la libertà di culto. I difensori, in segno di onore alle armi, avrebbero potuto tenere le armi e, accompagnati dai loro comandanti a cavallo, avrebbero poi potuto allontanarsi con cinque pezzi di artiglieria ed essere trasferiti, in nave, a Candia, dove c’era il caposaldo di Venezia con circa un centinaio di galee.

L’INFAME TORTURA

Il 4 agosto Marcantonio Bragadin uscì dalla città alla testa degli ufficiali, scortato da quaranta archibugieri e convinto di concludere positivamente le trattative con i turchi che lo avevano sconfitto. Fu invece arrestato e dovette assistere al supplizio dei suoi comandati e dei suoi soldati di scorta, tutti tagliati a pezzi, mentre egli fu costretto a subire immediatamente l’amputazione del naso e delle orecchie. Il vicecomandate comandante veneziato, rimasto alla difesa della città, si fidò ingenuamente dei turchi e fece salire le truppe veneziane sulle galee turche, convinto della bontà della promessa turca: ben presto tutti furono arrestati ed egli finì impiccato. Il 17 agosto le galee con i veneziani prigionieri vennero fatte allineare in cerchio, così da osservare in diretta il supplizio del loro comandante Bragadin, che fu scorticato vivo, cominciando dalla nuca, per poi passare alla schiena, al volto, alle braccia, al torace ed a quanto rimaneva. Dopo la conquista, i turchi convertirono le chiese in moschee e la cattedrale di San Nicola divenne la moschea di Mustafà.

LA BATTAGLIA NAVALE

Quel giorno si fronteggiarono circa quattrocento imbarcazioni da guerra: quelle musulmane (222) erano dotate di un numero maggiore di cannoni, ma l’armamento della Lega (207) era assai più potente dal punto di vista tecnologico e fin dai primissimi momenti dell’epico scontro, circa un terzo delle galee turche stava colando a picco. La battaglia ebbe però termine solo quando il comandante turco Alì Pascià venne ferito, catturato ed immediatamente decapitato; la sua testa fu issata all’albero maestro dell’ammiraglia spagnola e ciò contribuì enormemente a demolire il morale ottomano, tanto che verso le quattro pomeridiane, dopo circa cinque ore di battaglia, con alterne sorti per parte, il nemico iniziò a ritirarsi sconfitto dal campo di battaglia. I turchi lasciarono fra le onde ottanta navi da guerra ed oltre trentamila morti, mentre centodiciassette galee nemiche furono catturate e vennero fatti settemiladuecento prigionieri. Nella battaglia perirono settemilaseicentocinquantasei cristiani e ne rimasero feriti altri settemilasettecentottantaquattro.

CRONACA UFOLOGICA DEL 21 SETTEMBRE 1571

pilastro-solareDal Libro II, Capitolo XII del libro “Marcantonio Colonna alla battaglia di Lepanto“, scritto e pubblicato da padre Alberto Guglielmotti nel 1862, traiamo l’episodio di presunta natura ufologica. “Le nostre galere assai quitamente, sebbene fossero accadute alcune questioni di precedenza, fra la capitana di Malta e quella di Savoja, rigirarono il capo Spartivento. E costeggiata la Calabria con diverse fortune, nella cala delle Castelle dettero fondo, al ridosso di capo Colonna. Nel qual luogo, mentre erano dal vento impedite di procedere (pel quale sferrò con molto pericolo la capitana di Malta) la notte avanti al 21 di settembre apparve in alto un segno, che fu dalla gente creduto prodigioso. Era il cielo tutto sereno, il vento di tramontana freschissima, le stelle chiare e scintillanti; ed ecco nel mezzo all’aria fiamma di fuoco sì lucente e sì grande in forma di colonna per lungo spazio fu da tutti con maraviglia veduta. E quantunque oggidì sia dimostrato che tra li fenomeni elettrici e pneumatici dell’atmosfera, i quali più vigorosi appariscono nel cadere dell’estate, debbano annoverarsi non solo i fuochi fatui e la luce di santelmo; ma anche i globi di fuoco e le travi ardenti, come questa; nondimeno allora gli spettatori, come da prodigiosa apparizione, ne tiravano felicissimi augurj di gran vittoria. Stimavano che la colonna di fuoco guidar dovesse l’armata cristiana sul mare, come guidò il popolo d’Israele nel deserto: overo simboleggiasse colassù lo stemma di quel Colonna che, avendo quaggiù coll’altezza della sua prudenza congiunto la lega, con la saviezza del suo consiglio la sostentava. E tanto più si addentravano nei prognostici di siffatto segno, quanto che da molti altri era stato in poco tempo preceduto: perché la terra si era scossa a Ferrara, il fulmine aveva pur dato in Roma sul campanile di San Pietro, e in Firenze sulla cupola di Santa Maria del Fiore: oltre a ciò si diceva che nella parte più sublime di Santa Sofia in Costantinopoli, che oggi è principal moschea dei Turchi, fossero apparse alcune striscie di fuoco, come tre croci. Di che sparsa la fama in ogni parte rinverdivano le speranze dei popoli, come se questi segni presagissero la caduta dell’impero ottomano. Dolci fantasie di rozze genti; che in ogni modo disvelano le loro speranze, ed ovunque ne scorgono i segni. Tito Livio ed altri storici, prima di narrare grandi successi, ricordano sovente l’opinione dei popoli sui presagi“.

LA COLONNA DI LUCE

Di colonne di luce presenti nelle antiche cronache ne è piena la storia. Si ricordano, in modo particolare per la sua ripetitività ed eccezionalità, la vicenda di Staglieno (Genova), accaduta nel 2013, alle ore 12:22, ripetutosi per diversi giorni (29 novembre-17 dicembre) sempre tra le 12:15 e le 12:50, e registrata dalla webcam fissa “Righi webcam centro“, poi ripetutasi nuovamente nei giorni scorsi. E purtroppo, ciò accadrà di nuovo, per tanti e tanti altri giorni ancora, all’infinito, data l’errata collocazione della webcam volta a riprendere una zona spessissimo illuminata a dismisura dai raggi solari, cosa questa che determina, come vedremo, la creazione artificiale di un vero e proprio UFO inganno. Alcuni classificano erroneamente la colonna di luce come un fenomeno naturale eccezionale, ma altri vanna alla ricerca di una spiegazione scientifica, incentrata sulla tecnologia usata per fotografare il fenomeno.

Si chiama così in causa la fenomenologia chiamata “global shutter” delle macchine fotografiche digitali e se ne imputa la causa ai sensori CCD (eccesso di carica dei fotosensori di fronte ad un’area sovraesposta, proprio come è accaduto ed accade a Staglieno), per cui l’immagine catturata in un istante viene successivamente trasferita al processore. Ma si cerca anche una risposta nella tecnologia cugina chiamata “rolling shutter”, tipica dei sensori CMOS con otturatori progressivi che, appunto, dopo aver catturato un’immagine in movimento la trasferiscono in maniera progressiva, ovvero sequenziale, e ciò provoca logicamente un ritardo minimissimo, ma certo e continuo, dei fotogrammi, chiamato “rolling shutter”, appunto, e che non è ancora stato superato da alcuna tecnologia, ma solo parzialmente corretto e ridotto come, ad esempio, agendo sul raddoppio dei frames al secondo. Si tratta di un problema legato ad una tecnologia che ancora non possediamo: provate a pensare a come apparirebbe la fotocopia della vostra mano passata velocemente dentro alla scanner della vostra stampante! Otterreste un effetto allungato, negativo ovviamente, ma del tutto simile al raggio di luce fotografato o filmato.

Per contro, se anziché il sole, fosse stato un semplice fulmine scaricatosi in lontananza, ma entrato inavvertitamente nel mirino del nostro CCD o CMOS, si provocherebbe lo stesso identico effetto di un accumulo eccessivo di energia e saremmo nuovamente di fronte al fenomeno di una sovraesposizione, catturato da un sensore e trasferito successivamente al processore della macchinetta. L’effetto “colonna di luceperfettamente verticale sarebbe garantito. Insomma, è tutto noto e conosciuto!

I PILASTRI DI LUCE

Certo, occorre anche specificare che questo è pur sempre una testimonianza fotografata e filmata, ben diversa da una testimonianza vista da migliaia di persone! Che cosa può, dunque, provocare un raggio di luce che dia l’impressione di scendere sotto forma di colonna dal cielo o di salire verso il Sole? Al giorno d’oggi conosciamo molto bene il fenomeno chiamato “Pilastro di luce” o “Pilastro solare“, ovvero un pilastro verticale o una colonna di luce che si alza all’alba o al tramonto del Sole, ed appare sotto ad esso. La causa va ricercata nei cristalli di ghiaccio, a forma di colonna esagonale i quali, cadendo o piovendo dalle nubi, possono provocare questo reale effetto ottico quando il Sole è intorno ai 6° sull’orizzonte, quindi molto basso. Tale effetto si può generare anche con il Sole a 20° sopra all’orizzonte, ma è chiaramente un’altezza ancora legata all’alba ed al tramonto.

Questo fenomeno si estende, chiaramente, anche alla Luna, poiché dotata di una potente “luce riflessa”, e si allarga ad ogni altra fonte luminosa, come potrebbe essere la luce di una moderna illuminazione stradale o la luce di un potente faro. L’effetto, “garantito e sicuro”, è quello di una colonna di luceosservata visivamente secondo un ben preciso angolo di inclinazione” o “angolo incidente” rispetto all’osservatore. In questo caso, però, generandosi da terra verso il cielo, si ha una fenomenologia leggermente diversa poiché chi osserva, e vede chiaramente la colonna di luce artificiale, si trova ovviamente nei pressi di essa, per cui viene a diminuire l’importanza dei cristalli di ghiaccio ed aumentano in maniera esponenziale la vicinanza e l’angolo di incidenza. Il comportamento tipico è quello capitato a tutti: sia avvicinandosi che allontanandosi dalla luce, ovvero cambiando angolo di visuale laterale, la colonna luminosa appare e scompare di continuo, in quanto si va a cambiare semplicemente l’angolo di incidenza del nostro sguardo rispetto alla fonte luminosa.

moon-pillar-malaysia-2014Ora è tutto chiaro, ed anche relativamente semplice da comprendere nella sua sostanza. Quella notte “… avanti al 21 di settembre apparve in alto un segno, che fu dalla gente creduto prodigioso. Era il cielo tutto sereno, il vento di tramontana freschissima, le stelle chiare e scintillanti; ed ecco nel mezzo all’aria fiamma di fuoco sì lucente e sì grande in forma di colonna per lungo spazio fu da tutti con maraviglia veduta…” c’era certamente la Luna (link diretto al sito del Moon pillar da cui abbiamo tratto la foto a lato) e c’erano certamente le condizioni appena descritte affinché si potesse generare il famoso pilastro di luce che vi abbiamo appena descritto. Infatti, la cronaca ci ricorda, con parole molto precise, che soffiava il vento di tramontana, che è freddo e porta, di norma, tempo asciutto, cielo completamente sereno ed ottima visibilità, tale da consentire alla Luna di quella notte di generare la fenomenologia decritta. Niente di nuovo, dunque, sotto al Sole, ma ancora una volta, purtroppo, bassa ufologia e risate pazzesche da parte dei cicapini. Poveri noi!

NOTA FINALE

Come avrete certamente capito, in questo caso non c’è nulla di ufologico all’orizzonte, purtroppo per noi ufologi veri, e ciò che è stato scritto su argomento da nostri avventati ed un po’ sprovveduti colleghi, è solo ufologia-spazzatura, creata più o meno ad arte da qualcuno che ha tentato di conquistarsi un posto al Sole. Così facendo, purtroppo, è stato reso un pessimo servizio alla causa in cui crediamo ciecamente, ovvero che la cosa più comune che possa esistere là fuori sia la vita, in tutte le sue forme e manifestazioni, sparsa praticamente ovunque su quei miliardi di pianeti che si trovano nelle orbite interne delle zone abitabili di ogni sistema solare, collocati alla giusta distanza da Soli del tutto simili al nostro Sole, e che ci inducono pertanto a ritenere altamente possibile la nostra convinzione di non essere proprio soli fra così tanti miliardi di Soli!

Se desiderate frequentare il nostro centro ufologico, sappiate che la nostra sede si trova in via Mantova 117, a Vigarano Pieve, nella palazzina di fianco alle vecchie scuole elementari, proprio di fronte alla chiesa, nel comune di Vigarano Mainarda, luogo dell’avvistamento della gigantesca astronave aliena, osservata da quattro persone nel 1986. La nostra sede è aperta tutti i giorni, ventiquattro ore su ventiquattro, ma la serata dedicata al pubblico è il giovedì, dalle 21:30 alle 23 circa. La nostra sede può essere frequentata anche senza iscrizione, ma se qualcuno desidera iscriversi e magari collaborare alle indagini, sappiate che l’iscrizione è del tutto gratuita e valida per sempre. Per informazioni di vario tipo o segnalazioni di presunta natura ufologica, potete telefonare in ogni momento della giornata al seguente numero di cellulare: 333.595.484.6 e vi risponderò io, Fiorenzo Artioli, fondatore e coordinatore del Centro ufologico ferrarese.