Antiche cronache: nascita della clipeologia

fenomeni-celesti-nelle-antiche-cronacheVi sono cose che “si sono viste nei cieli” dei tempi che furono e che a noi ufologi pongono interrogativi e perplessità. Che cosa potrà mai aver spinto quelle antiche genti ad alzare lo sguardo per osservare qualcosa che non avrebbe mai potuto stare lassù, semplicemente perché non avrebbe dovuto esistere? Rileggendo le storie dell’uomo, alla luce delle migliaia di tracce lasciateci dai nostri avi nelle cronache, nelle leggende, negli affreschi, nei dipinti e negli artefatti, rimaniamo sgomenti poiché non è credibile che possono essere stati segnali degli Dei e, nello stesso tempo, non pensiamo che siano solo state manifestazioni legate all’astronomia ed alla meteorologia. C’è sicuramente molto di più. E pur indagando col dovuto principio del “Cum grano salis“, è del tutto inevitabile coltivare il dubbio che qualcuno, proveniente da uno sconosciuto altrove, sia venuto a farci visita in quelle lontane epoche. L’ipotesi di un antico contatto con ET ci affascina ed il paleocontatto diventa per noi un campo d’indagine reale con le sue strane travi infuocate (trabes ignitiae) o con quelle sue misteriose luci ardenti (faces ardentes), con le altre enigmatiche luci che cadono dal cielo (faces caelestes) o con gli straordinari scenari rappresentati dagli scudi ardenti (clipei ardentes) che cadono dal cielo. E da quel “clipèus” appunto, o scudo ovale, che scendeva dai cieli di quei lontanissimi anni, ha tratto la sua origine naturale la materia che ora noi indaghiamo e che definiamo “antica ufologia” o clipeologia.

Quelle antiche cronache dei nostri avi narrarono di misteriosi ed inquietanti segni celesti, portatori di un messaggio della volontà divina attraverso i prodigi del cielo, teatro naturale dello scontro tra le forze del Bene e quelle del Male. Ed i nostri antenati, per contro, non fecero altro che associare i fenomeni celesti agli stati umani, attesi per il loro tempo o per i tempi futuri ed espressi sotto forma di: gioie, sventure, successi e tragedie.

Oggigiorno, noi ufologi non abbiamo più solo occhi ed orecchie per ricordare ai nostri discendenti ciò che si è visto in cielo, in quanto il “prodigio celeste” può essere filtrato dalla tecnologia e inquadrato con un binocolo, o un cannochiale o un telescopio, ma anche immortalato con l’obiettivo di un apparecchio fotografico o di una telecamera. Così, dunque, se la realtà aliena in cui noi ufologi crediamo, in un lontano passato venne immortalata dall’occhio di fortunate o predestinate genti, e fu successivamente trasmessa ai posteri attraverso le cronache, le immagini e gli artefatti, riteniamo che ora sia del tutto lecito e plausibile sostenere l’ipotesidell’esistenza di avvenuti contatti passati con esseri giunti da altrove“. E se questa ipotesi potesse essere davvero sostenibile, noi oggi potremmo davvero sentirci “meno soli nell’Universo anziché soli fra miliardi di Soli“.