Alieni nell’antichità: i Wandjina

ufo-antichitàLa realtà extraterrestre al giorno d’oggi può facilmente essere immortalata dall’obiettivo di una macchina fotografica o di una telecamera, ma nei tempi andati la sola possibilità consentita all’uomo era quella “della vista“, attraverso gli occhi di qualche fortunato o predestinato. E per trasmettere poi ai posteri quanto era stato osservato, ovviamente a patto di averne compreso la portata, vi erano diverse possibilità: la pittura rupestre, il racconto orale e scritto, la cronaca, la creazione di un artefatto o la realizzazione di un dipinto. Tutte le mitologie parlano di: carri volanti, di uomini venuti dallo spazio, di visitatori venuti da sconosciuti e lontanissimi spazi siderali e tutte le leggende collegate alle rispettive mitologie raccontano storie quasi identiche. Come mai? I racconto che narrano di esseri antropomorfi remotissimi non rappresentano altro che la mitologia stessa, e dunque queste leggende parlano di una verità cosmica che rimane parzialmente nascosta dietro allo stesso mito. E l’uomo, almeno per duemila anni, ha continuato a credere al mito della città di Troia, fino a quando un certo signor Shliemann non volle studiare meglio la vicenda. Chi non ci dice, dunque, parafrasando Shakespeare, che “Il passato non sia altro che un prologo”?.

Le antiche testimonianze potrebbero confermare l’esistenza di avvenuti contatti con esseri giunti da un “altrove” spaziale o temporale che fosse ma, comunque, del tutto sconosciuto. Se questa ipotesi fosse sostenibile, oggi potremmo serenamente affermare di “sentirci meno soli fra miliardi di Soli“. Ma che cosa sappiamo del nostro lontano passato ufologico? Le notizie di cui disponiamo, almeno al momento, partono dall’Australia.

50.000 ANNI FA IN AUSTRALIA

wandjina-dei-celestiI primi reperti che andremo ad analizzare sono indubbiamenti i “Wandjina” dell’Australia, ovvero gli Dei aborigeni o gli esseri celesti venuti dal cielo. Nel 1938 il dott. Andreas Lommel si trasferì per diverso tempo nella regione australiana di Kimberly, vivendo a stretto contatto con la tribù aborigena degli “Unambal“, a quel tempo ancora ferma all’età della pietra e portatrice di una cultura millenaria che si pensava vecchia di almeno sessantamila anni. Essi avevano un luogo che ritenevano “sacro”: una grotta, all’interno della quale vi erano pitture rupestri che rappresentavano esseri mitologici legati alla creazione del mondo: i Wandjina.

wandjina-maschere-o-deiCol trascorrere degli anni queste fantastiche pitture rupestri vennero esaminate e studiate da migliaia di persone, ricevendone così interpretazioni di diverso tipo: a noi interessano solo quelle ufologiche in quanto, in tale ottica, si è potuta formulare la “Teoria degli antichi astronauti“, ovvero viaggiatori dello spazio discesi sulla Terra in tempi remotissimi e, al giorno d’oggi, ancora venerati da ben tre tribù aborigene: i Worora, i Ngarinyin ed i Wununbul. Ma che stile di pittura utilizzavano per rappresentare il “popolo venuto dalle stelle”? Osservando la prima immagine dell’articolo la risposta viene in automatico: volto bianco, enormi occhi neri, piccolo foro unico per il naso e la bocca, mentre il capo era adorno di un alone o, forse, di un casco. Ovviamente, potrebbe anche trattarsi di un travestimento tipico dei popoli primitivi, ovvero di una vera e propria maschera.

IL TEMPO DEL SOGNO

Nella propria mitologia, il popolo degli Unambal vedeva la Terra come il grande serpente Ungut e la Via Lattea come un altro grande serpente: Wallanganda, due rettili che attraverso il sogno diedero vita a tutte le creature, compresi gli stessi dei celesti, ovvero i Wandjina. Per questo motivo, durante il “Tempo del Sogno” tutto ciò che esiste sulla Terra sarebbe disceso dal cielo ed il compito degli Dei, giganteschi, con occhi enormi, e con la testa raggiata, una volta discesi quaggiù durante il “Tempo dei Genitori“, sarebbe stato quello di insegnare: leggi, regole, rituali, comportamenti e pratiche cerimoniali.

E quando, dopo molto tempo, questi esseri celesti che potevano trasformarsi velocemente sia in esseri umani che in animali, lasciarono la superficie del nostro pianeta, si divisero in due gruppi: alcuni fecero ritorno dal luogo da cui provenivano mentre altri scelsero le viscere terrestri, ma non smisero mai di tenere sotto controllo il nostro pianeta.